“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 04 July 2016 00:00

"La vita segreta delle api": la cura reciproca

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Ho iniziato la lettura de La vita segreta delle api credendo che si trattasse di un altro romanzo sulla lotta per i diritti civili che ha interessato gli Stati Uniti negli anni Sessanta del secolo scorso. Pensavo si trattasse di un altro romanzo che dava voce ad una minoranza della minoranza, ovvero alle donne, condannate in egual misura dal colore della propria pelle e dal sesso che fortuitamente era toccato loro alla nascita.
Il romanzo di Sue Monk Kidd è certamente questo, ma anche altro. Ed è proprio quest’aggiunta decretarne il successo.

Ci troviamo in South Carolina, nel 1964. Un anno importante per la lotta delle minoranze per l’acquisizione dei diritti civili. Il clima che si respira per le strade non è dei più salubri: basta un nonnulla per aizzare la rabbia, la paura, l’odio gratuito tra gruppi di persone che, per di più, non perdono occasione di provocarsi. Questo è il sottofondo che accompagna l’intero romanzo: per la maggior parte del suo dispiegamento rimane silente, come un rumore bianco, in attesa di cogliere l’attimo per manifestarsi ed entrare, a pieno titolo, tra gli snodi principali dell’ordito.
La condizione delle persone di colore nell’America infiammata dalle lotte intestine offre però anche lo spunto per parlare della violenza in generale, la quale si manifesta anche all’interno di nuclei familiari apparentemente ordinari. Non sto parlando solo della violenza fisica, ma anche di quella verbale, che cela non solo una mancanza di stima, ma perfino di affetto tra padre e figlia.
È così che la giovane protagonista de La vita segreta delle api, Lily Owens, decide di scappare di casa assieme alla sua governante di colore: lo fa per sottrarre sé stessa alle angherie di suo padre, rimasto vedovo precocemente, e per sottrarre Rosaleen dall’arresto per aver rovesciato il contenuto di una sputacchiera sulle scarpe di un bianco che voleva impedirle di registrarsi per votare.
A guidarle sono alcuni effetti della defunta madre di Lily, che la quattordicenne ha conservato gelosamente all’insaputa del padre. La curiosità di avere spiegazioni su uno di questi, il ritratto di una Madonna nera, le spinge fino a Tiburon, dove si trova una casa rosa shocking. Vi abitano tra sorelle, i cui nomi sono presi direttamente dal calendario – May, June, August – che conservano in casa una statua lignea denominata La Madonna Nera. E, cosa ancora più importante, riforniscono l’intera contea del miele che producono esse stesse.
Ecco che il mistero del ritratto in possesso di Lily sembra trovare una parziale spiegazione. Tuttavia i misteri ancora da sciogliere si pongono a questo punto in secondo piano, in quanto il lettore viene completamente trascinato nel mondo delle api, dell’apicoltura e di un business tutto al femminile. Subisce, in primis, la fascinazione di un procedimento artigianale teso a ottimizzare la produzione senza sprechi: dalle api, infatti, non si ricava solo il miele, ma anche la cera per le candele. Lo stesso nettare zuccherino viene usato dalle tre sorelle per ogni uso, da quello più scontato, cioè quello alimentare, a quello cosmetico e curativo. L’autrice illustra altresì l’estrazione del miele, un procedimento compiuto completamente a mano. La parte più affascinante dell’interno romanzo è senza dubbio quella che tratta dell’estrazione del miele stesso, illustrando un procedimento fatto completamente a mano e spesso sconosciuto a chi non faccia strettamente parte del settore.
Si sa, tutto ciò che conserva una parte di mistero è automaticamente affascinante. Questa proposizione vale, in particolar modo, per il comportamento delle api e le accortezze da tenere per averne cura. Ciò che dapprima la struttura stessa del libro – una serie di capitoli introdotti da brevi estratti riguardanti la società delle api – e poi alcuni passi della narrazione hanno cercato di veicolare, è un’assonanza tra il comportamento di questi laboriosi insetti e quello di specie apparentemente più evolute, come quella umana.
Ormai è risaputo che la struttura sociale delle api osservi una divisione gerarchica dei compiti e che sia completamente imperniata sulla figura della regina; tuttavia, ciò che spesso non si sa, è che anche tra i “sudditi” c’è una suddivisione di compiti ben precisa, tesa alla cura della regina stessa, senza la quale la colonna è destinata ad estinguersi.
Il merito del romanzo di Sue Monk Kidd è quello di aver esplicitato la delicatezza di questo equilibrio, la cui persistenza non è solo votata alla produzione, ma anche al benessere stesso delle api. O meglio, l’autrice ha evidenziato come quello tra apicoltore e api sia un rapporto interdipendente, nonostante gli insetti agiscano in primis per il bene della colonia stessa.
Il comportamento di questi piccoli insetti è qualcosa di straordinario. In maniera romanzata, senza scadere nel trattatistico, l’autrice de La vita segreta delle api lega il comportamento delle api a quello degli uomini: non per le violenze perpetrate, ma per la capacità di cura reciproca che spinge i membri appartenenti alla stessa colonia alla resilienza.

 

 

 

Sue Monk Kidd
La vita segreta delle api
Mondadori, Milano 2007
pp. 293

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