“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 02 May 2016 00:00

Art 3.0: AutoRiTratto di Paolo Balboni

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Paolo Balboni, fotografo autodidatta, da qualche anno entra timidamente nel panorama della giovane arte contemporanea, grazie ad una serie di esposizioni in Italia e nel mondo.
La sua attività artistica inizia per gioco. Macchina fotografica in spalla e tanta voglia di conoscenza lo spingono a superare i confini della sua amatissima “Bassa Emiliana”. Dopo i primi scatti, fatti di nebbia, paesaggi in trasparenza e colori rossastri di un’architettura tipica del bolognese, viaggia, infatti, in tutto il mondo, in Africa, a Cuba, in Sudamerica, in India, in Palestina e in tutta Europa. Per lui, ciascuno di questi luoghi ha qualcosa da raccontare. Lo sguardo di un passante, uno squarcio di porta dalla vernice grattata, un angolo di luce, un muro che parla di storie politiche o di intrighi amorosi.

Da tutti i suoi viaggi l’artista torna arricchito nell’animo, ma, soprattutto, torna carico di immagini da trasporre sul supporto fotografico. Attraverso il gioco di colori, dei bianchi e neri (quasi argenti), parla delle sue avventure, del suo modo di adattarsi e convivere con la gente del luogo, come nelle serie Portraits e Sguardi, dedicati alla gente di strada delle periferie sommerse del mondo.
Dalla passione per la street photography e del portrait, Balboni passa anche all’altra “faccia della medaglia”, progetti collaterali dove la macchina fotografica è usata come mero strumento di modellazione della luce. Nella serie Ozzehg e il Castello di Chiara, per esempio, dove una ragazza dalle forme abbondanti diventa un punto luce nel buio o Eddi Birthday and Memories dove Eddi, pupazzetto di ceramica e ferro francese dell’800, viene inserito in antiche foto di famigla, sottolineando, nell’esposizione, l’immoratilità degli oggetti rispetto all vita umana “a tempo” e dà vita ad una installazzione forte, fatta di video e foto.
L’artista, grazie alla potenza artistica della luce, sa come entrare dentro e emozionare. In uno scatto riesce ad esprimere tutto quello di cui oggi si ha bisogno... l’emozione di guardare, stare ore davanti al bello, non oggettivo, ma provato, sentito e fortemente desiderato. Una galleria artistica, la sua, dai mille impatti emotivi, dai temi vari e incredibilmente attuali.
Dal 2011 ad oggi ha esposto in importanti gallerie e manifestazioni artistiche in Italia e all’estero tra cui Art First, Arte Cremona, Biennale di Roma, SetUp e Arte Fiera Bologna 2016.

Quando ti sei accorto di voler essere un artista?
Ho sempre avuto la passione per la fotografia, ma tutto è iniziato per gioco. Ho avuto la possibilità di esporre con un collettivo di giovani artisti. Lo ricordo ancora: il retro delle mie foto era fatto di cartone recuperato da scatole abbandonate fuori da un Centro Commerciale. Da lì è partito tutto. La cosa che più mi ha convinto ad andare avanti, fin dalla prima volta, è stato l’interesse del visitatore nei confronti dei miei primi lavori. Quella è stata la spinta che mi ha portato a cercare nuove occasioni per mettere in mostra le mie foto, prima insieme ad altri, poi da solo.

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Nel 2009 ho fatto un viaggio in Senegal per un workshop fotografico, in quell’occasione ho avuto la fortuna di scoprire la luce accecante dell’Africa, i volti sorridenti dei bambini nonostante la loro povertà, le tradizioni popolari e casalinghe: tutti questi particolari sono stati terreno fertile per la mia nuova ispirazione artistica. Il paesaggio della “Bassa Emiliana” e gli scorci architettonici delle città, hanno fatto spazio, per un po’, al  ritratto, ai volti, alle scene di vita vissuta. A partire da questa esperienza, non ho mai smesso di viaggiare e, ogni viaggio, ha dato vita ad un ciclo fotografico, ad una nuova mostra e ad una tappa fondamentale nella mia evoluzione artistica.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
In molti vedono nelle mie fotografie qualcosa delle opere di Steve McCurry. Non nascondo che, inizialmente, era un artista che mi affascinava. Ho visto molte delle sue mostre in giro per l’Italia. È stato sicuramente un punto di partenza ma ci sono molti altri artisti che mi appassionano: David La Chapelle, per esempio, con i suoi scenari surreali, ma anche Antonio Canova, un artista lontano dall’Arte Contemporanea, ma che per me resta l’essenza, la perfezione, la levigatezza, la leggerezza. Un artista da cui prendere sempre spunto e ispirazione.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?
Fondamentalmente non sono interessato a questo argomento, anche se diverse gallerie mi hanno sostenuto e continuano a farlo ogni giorno e le ringrazio dato che attraverso il loro impegno sono riuscito ad avere molta visibilità, non solo in Italia. In sintesi quello che faccio, lo faccio per divertirmi e perché mi appassiona a prescindere da quello che è il mercato attuale dell’arte.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?
Mi piacerebbe aprire le strade, le piazze, ai giovani artisti. Ce ne sono tanti, sparsi nel territorio. Molti lavorano in silenzio, chiusi nei loro studi, nei loro capannoni, carichi di materiali di scarto, materiali di riciclo. In molti gettano la spugna, ancora prima di iniziare, perché oggi purtroppo non è facile varcare la soglia “vera” del mondo dell’arte e, soprattutto, perché non è un lavoro che ti permette di vivere. Un artista dovrebbe potersi esprimere liberamente, senza pensare di dover entrare nelle grazie di qualcuno per vivere di questo “mestiere”.

Quindi, secondo te, non si può vivere di arte in Italia?
Per adesso forse no, ma magari tra qualche anno. Chi lo sa?

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?
L’opera a cui sono più legato è quella che mi dà emozione, che mi fa sentire un brivido, quella senza didascalie, senza spiegazioni da manuale. Tutte le opere hanno questa potenzialità. La cosa che è fondamentale è lo stato d’animo con cui ci si approccia all’opera. Il momento storico, politico, culturale che ognuno di noi vive è fondamentale nel rapporto con l’arte. Un’opera può piacere in un periodo della vita, ma se rivista dopo un po’ di tempo, può sembrare banale o, al contrario, fondamentale per l’esistenza. 

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodo dell'anno?
Non lo so così di getto, in autunno in una vallata dove far convivere fotografia e natura abbattendo qualsiasi barriera architettonica. La mia visione dell’arte è fatta di apertura, respiro, libertà.

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Che da una passione sono riuscito a far nascere qualcosa di bello. Che oggi non sarei stato quello che sono senza aver viaggiato, conosciuto, visto. Con la macchina fotografica in spalla sono partito e, quello che ne è venuto fuori, fa parte di me, della mia personalità. La sensibilità aiuta, ma quello che mi è servito è stata la voglia di sperimentare. La mia foto parla di me, ma soprattutto delle persone che ho incontrato nei miei viaggi. Da queste persone ho sempre imparato qualcosa. Persone che probabilmente non incontrerò mai più, ma che ricordo con affetto tutte le volte che guardo una mia foto.  

 

 

 

 

Art 3.0 AutoRiTratti
Paolo Balboni
in collaborazione con Accademia dei Sensi
website http://www.paolobalboni.net

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