“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 21 February 2016 00:00

Vecchi ruggiti

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Quali sono le cose realmente importanti della vita? Io non credo, sinceramente, che la gente si ponga domande del genere. Forse qualcuno si, certo, ma solo una piccola parte. È che ognuno crede di sapere cosa sia veramente importante. E forse lo sa. Ognuno sa cosa è importante per sé, quali valori sono nella pole position della propria vita, non servono mica domande. E di domande non se ne pone neanche il protagonista di Un calcio in bocca fa miracoli di Marco Presta, un vecchio falegname ladro di penne, cinico quanto basta da risultare simpatico, disincantato e con la risposta sempre pronta.

Un uomo solo, lasciato dalla moglie stanca delle sue assenze, con una figlia semisconosciuta, con la quale non ha mai avuto un vero rapporto, che vive a Milano con il marito avvocato di cui ricorda a stento il nome. Il suo unico vero legame, se si trascura qualche interazione con la formosa portinaia, di qualche anno più giovane di lui, di cui è invaghito, che però lo vede soltanto come un simpatico nonnetto a cui affidare il pappagallino al momento della partenza per le vacanze con un altro, è quello con Armando, il suo yang, un pizzicagnolo innamorato della vita e col sorriso incorporato, un cupido dalle gambe stanche che usa il suo tempo e il suo denaro a far sì che le strade di Gabriele e Chiara si incontrino.
In realtà, nonostante la sua irriverente natura, pare che quasi tutti, tranne, ovviamente, la moglie, ancora risentita per il non-comportamento del marito negli anni di vita coniugale, considerino il vecchio ladro uno spassoso vecchietto. La vita del falegname è divisa, quindi, tra il furto di una penna e un apprezzamento alla portinaia, con la prostata che gli ricorda costantemente che ormai “uscire da un cimitero è un’evasione”. Ma invecchiando pare che si cambi, o almeno così dicono. Si diventa più morbidi, più tolleranti, più saggi. E lo diventa anche il furbo falegname, anche se si ostina a voler dimostrare il contrario. E il cambiamento è evidente nella trasformazione del rapporto con la figlia che torna a Roma, nella casa paterna, per riflettere sul matrimonio con un uomo che ritiene uguale a suo padre. Il falegname, dapprima infastidito dalla decisione della sua unica erede, si abitua alla presenza della figlia, inizia ad apprezzarla, a sentirla sua figlia e a comprendere, dispiacendosi, quanto non sia mai stato un padre per la sua bambina, arrivando a non voler lasciarla andare quando lei deciderà di tornare a Milano.
Il libro di Marco Presta descrive bene la vita di quelli che, gentilmente, verrebbero definiti “i più adulti”. Smorza temi come la malattia e la morte, attraverso gli occhi di un vecchio a cui ormai non importa più nulla delle etichette e che, sentendosi legittimato dalla sua età a comportarsi come vuole, si fa portavoce dei pensieri di molti. Un romanzo decisamente divertente in cui però, non mancano momenti malinconici. Ci si affeziona ben presto alla voce irriverente del vecchio senza nome e alla dolcezza del suo fedele amico Armando, la cui scomparsa non può far altro che lasciare nel lettore un velo di tristezza.
Un bel romanzo che fa guardare con meno apprensione alla terza età, almeno quelli come me che sono un po’ spaventati dal passare del tempo, segnati, probabilmente, da quel tipo di vecchietti che si incontrano, il più delle volte in fila dal dottore, che si lamentano degli acciacchi, dei dolori, dei limiti e che non perdono occasione per ricordarti che anche loro sono stati giovani, come a dire “guarda, carina, che tocca anche a te”. Se sei fortunata, aggiungerei io. Insomma, è bello pensare di poter essere, un giorno, simile ai due simpatici personaggi, una sessantasettenne ancora innamorata della vita, pronta a meravigliarsi per le piccole cose, come Armando, e con la libertà di lasciarsi sfuggire, ormai libera dalla pressione imposta dalla società, esilaranti commenti al vetriolo.

 

 

 

 

Marco Presta
Un calcio in bocca fa miracoli

Torino, Einaudi, 2011
pp. 190

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