“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 04 March 2013 12:34

"La solitudine si deve fuggire". La passione mai

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Una delle grandi sofferenze del genere umano, fin dall’antichità, è stata la paura della solitudine. Ma, in realtà, soli non si è mai.
Intenso il monologo di Federica Aiello (Eufemia di Frattocchie), professoressa di storia dell’arte che vive una storia d’amore con un pezzo di marmo di una statua, l’Apollo di Frattocchie, padrone di casa del museo etrusco nella frazione di Frattocchie, nei pressi di Roma.
La scelta dell’argomento è interessante (il testo è di Manlio Santanelli), la fisionomia di Eufemia potrebbe far pensare alla classica donna che, avendo studiato dalle suore (le Orsoline), non conosce l’universo maschile e si abbandona a qualsiasi tipo di stimolo pur di effettuare una volta per tutte la sua iniziazione sessuale. Ma Eufemia non è così ingenua: lo rivela il crescendo e la sempre maggiore consapevolezza di sé con la quale la donna ci accompagna all’interno del suo monologo.

Eufemia, infatti, è un’intenditrice d’arte e la sua esperienza amorosa si svolge con una statua etrusca, un reperto museale, che sembra “condannare” il suo amore all’unica vera passione della sua vita, l’arte appunto.
Il monologo è una descrizione colorata e divertente di ciò che accadde in quel museo, tenuta sapientemente in equilibrio su un filo che non sfocia mai nel ridicolo o nello scabroso, ma tiene sempre vivo ed attento lo spettatore grazie alla dedizione interpretativa della giovane attrice.
È stato scritto da Santanelli appositamente per l’attrice Federica Aiello. Si vede dall’intensità degli occhi dell’attrice e dalla facilità con cui è riuscita ad immedesimarsi nel personaggio.
La professoressa Eufemia racconta che la sua mano istintiva (quella sinistra), trovatasi al cospetto luminoso della statua del dio Apollo, conosciuta come L’Apollo di Frattocchie, sembra dissociarsi dal comando del cervello e si avventura tra le forme del corpo statuario, non senza immaginare di sentire un calore di persona viva sotto la superficie marmorea.
La mano, insomma, arriva a toccare il membro della statua e quel pezzetto (“quel pezzo”, ribadisce ironicamente Eufemia) si stacca rimanendo nella mano sbarazzina della donna. Eufemia si impaurisce, per cui ritorna di fretta a casa e medita il da farsi sulla sua poltrona, fino a che, tra brutti sogni e pensieri inquietanti, trascorsi alcuni giorni, decide di spedire quel pezzo al museo sotto falso nome.
Ma, come dirà sul finale, non restituì al suo amato il pezzo originale, bensì una copia fatta da un bravo marmista. Il membro della statua resterà a casa della professoressa, adagiato su un cuscino rosso sul letto (questa volta a due piazze). “Mica faccio peccato?!” dice la donna ed il brillante monologo si chiude.
Lo spettacolo ha riscosso molto successo soprattutto tra un pubblico femminile di mezza età che è riuscito a riconoscersi ed immedesimarsi nella professoressa Eufemia. Ma quello che resta, in generale, del brillante ed attuale testo di Santanelli è l’importanza della conservazione del patrimonio artistico, la continua alimentazione culturale a cui ognuno di noi dovrebbe mirare e la capacità di abbandonarsi alle proprie passioni senza aver paura di essere giudicati.
Lo spettacolo fa parte del progetto “Il Teatro cerca Casa”, una rassegna originalissima, che vede grandi nomi del teatro che presentano spettacoli nelle case private della città di Napoli.
Sembra un’idea davvero geniale in un momento di forte inaccessibilità al teatro sia per attori e compagnie che per spettatori. Il monologo, infatti, si è svolto in un grande salone di una casa privata vomerese, seguito da una conversazione con l’attrice, in cui il pubblico ha potuto fare domande e vivere momenti di convivialità tra conoscenze, nascita di contatti e scambi di opinione riguardo lo spettacolo.
La rassegna, nata da un’idea di Manlio Santanelli e gestita da Livia Coletta, Ileana Bonadies e Milena Cozzolino (insieme agli altri collaboratori artistici e sostenitori) continua la sua stagione, di cui è possibile prendere nota sul sito www.ilteatrocercacasa.it, dove con una facile procedura si possono scegliere e prenotare gli spettacoli.
È interessante notare come finalmente, iniziative da poco sorte, riescano a diffondersi e ad avere successo ed approvazione. Mi riferisco soprattutto a quelle che riconoscono la bellezza dei luoghi napoletani, gli affascinanti e spaziosi appartamenti, e che lottano per tenere sempre vivo il teatro e lo spettacolo, sperimentando la sua adattabilità in spazi e situazioni alternative rispetto al palcoscenico ed alla platea, alimentando così una prospettiva più intima e di familiare condivisione per il pubblico.

 

 

 

Il Teatro cerca Casa
La solitudine si deve fuggire
di
Manlio Santanelli
regia Fabio Cocifoglia
con Federica Aiello
Napoli, Zona Vomero (Interno privato), 2 marzo 2012
in scena
2 e 3 marzo 2013, 10 marzo 2013



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