“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 18 September 2015 00:00

Libertella e la memoria sepolta

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La prima opera di Mauro Libertella, proposta in italiano dalla coraggiosa casa editrice Caravan e tradotta da Vincenzo Barca, ci mette di fronte a una questione spinosa. Quanto è ingombrante un padre? Soprattutto, sia il padre uno scrittore o faccia qualsiasi altro mestiere, quanto è complesso ripercorrere le sue tracce, cimentarsi nella stessa occupazione, intellettuale o manuale? Stando a Scritto sulla tua terra e all’insieme di paratesti che lo accompagna, l’operazione da complessa sembra diventare impossibile.

Nello specifico, apriamo una breve parentesi per segnalare come il titolo e la breve nota introduttiva del traduttore operino un preciso indirizzamento del significato. Nel caso del titolo, assistiamo ad uno spostamento del referente, da Mi libro enterrado, riferito al libro che Mauro occulta sotto terra (enterrado, appunto) a Scritto sulla tua terra. Oltre all’occulto in opposizione al visibile (sotterrato vs sulla), la differenza tra i due possessivi è rilevante: nel titolo italiano, l’atto della scrittura non prevede un agente, ed è un omaggio, nell’aggettivo tua, alla terra di sepoltura.
Cerco di spiegare adesso il problema legato alla nota introduttiva. Mauro Libertella è il figlio primogenito di Héctor Libertella, autore argentino di culto, morto nel 2006. L’intera storia narrata nell’opera in oggetto (sia per estensione che per struttura è difficile da classificare come romanzo o racconto) si articola sul piano del ricordo e della celebrazione: il figlio, autore di poche pagine di opinione o giornalistiche, vive all’ombra della notorietà artistica del padre, e risulta spesso annichilito dell’affetto e della stima che prova per lui.
Tant’è profonda questa dimensione subalterna che deve aver coinvolto anche il traduttore nel suo lavoro, al punto da spingerlo a compilare una breve nota introduttiva. Non sono molte, se ci pensiamo, le note di questo tipo prima di una traduzione, a meno che non si tratti di una curatela e abbia un apparato critico di tipo accademico, o non debba segnalare la presenza di un traduttore precedente di cui vengono lasciate alcune parti. La domanda che Barca si pone è: perché pubblicare un libro in cui un giovane autore, della generazione di argentini che non hanno vissuto da adulti la dittatura militare del periodo 1976-1982, parla di suo padre e cerca di elaborare il lutto? Da un certo punto di vista, il problema non è rilevante. Il fatto che Scritto sulla tua terra sia più o meno “leggibile” e vendibile è sancito dal mercato editoriale in qualità di ente metafisico del capitalismo borghese e in parte dalla critica, quale velleità borghese. La letteratura può occuparsi di qualsiasi cosa, anche di argomenti triviali, ma sarebbe comunque la sua letterarietà, il suo impatto con il pubblico lettore, la sua circolazione all’interno dell’universo letterario a sancirne il valore artistico e/o commerciale. Pensate per esempio al genere poliziesco: sebbene per lungo tempo non abbia trovato i favori della critica accademica, la fedeltà dei lettori gli ha permesso di riprodursi e di entrare in contatto sempre più stretto col mondo della letteratura. In questo modo, abbiamo imparato a conoscere grandi autori polizieschi (Chandler, Simenon ecc.).
È necessario quindi che una proposta letteraria venga giustificata? "[…] nel racconto del lutto, mai enfatico, mai accanito, Mauro cerca innanzitutto una riconciliazione affettiva, per lui è altrettanto importante ricollocare se stesso in un’ipotetica genealogia letteraria. Si chiede infatti Mauro: è possibile diventare scrittore quando il nostro nome appartiene già a un autore consacrato?". Dopo qualche riga, però, il traduttore aggiunge: "Questa nota ci sembra necessaria perché, nonostante sia considerato un caposcuola del nuovo canone della letteratura argentina […], Héctor Libertella è da noi tutt’oggi sconosciuto. C’è da immaginare che, in questi anni di popolarità della letteratura sudamericana, riportata in auge dagli exploit di Bolaño e Sepúlveda, e con la riscoperta di Arlt, Cortázar e altri, questa lacuna sarà presto sanata". Queste poche righe rappresentano anche il rompicapo di fronte al quale si trova il lettore. Mauro Libertella, come l’Efebo di Harold Bloom, fa i conti con il precursore, o il maestro. La presenza di tale figura, per quanto motivo di ispirazione, in questo caso anche affettiva, risulta sempre ingombrante. Per quanto sia Mauro a parlare del padre, il risultato della sua scelta oscillerà sempre tra la conoscenza da parte nostra di un autore esordiente e il suo occultarsi dietro la figura del padre. Barca, allo stesso tempo, ci spiega la solidità emotiva e scritturale dell’opera, ma si augura che questo serva a far conoscere il padre.
Che fare? Ci troviamo di fronte a un dilemma che, come un Nastro di Möbius, sembra destinato a ripetersi all’infinito. Sarebbe necessario un atto di discontinuità, un epitaffio. A ben pensarci, però, non è lo stesso titolo originale del libro una presa di posizione? Un libro scritto per essere sepolto. Perché tra le altre cose, la letteratura consiste proprio in questo assalto al padre, la biblioteca; l’Efebo si emancipa sempre dal passato, decide volontariamente di mettere la parola fine alla sua dipendenza intellettuale (non affettiva, il Libertella padre che compare in Scritto sulla tua terra non è solo lo scrittore conosciuto, è soprattutto un padre, a volte inimmaginabile per un suo lettore) e di percorrere un cammino individuale. Il libro, in fin dei conti è enterrado, cioè è destinato a chiudere un discorso, a fare i conti con qualcosa che è esistito e adesso deve essere superato, nelle analogie e nelle divergenze. Nell’atto della sepoltura Mauro ci offre il senso ultimo della scrittura come atto di dolore e non credo abbia bisogno di tutori o di compassione.

 

 

Mauro Libertella
Scritto su
lla tua terra (Mi libro enterrado)
traduzione Vincenzo Barca
Roma, Caravan Edizioni, 2015
pp. 96

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