“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 31 July 2015 00:00

Recensione di uno Strega: "La Ferocia" di Nicola Lagioia

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Per chi abbia imparato a conoscere Nicola Lagioia grazie ai suoi precedenti romanzi – mi riferisco in particolar modo a Riportando tutto a casa (Einaudi 2009) e Occidente per principianti (Einaudi 2004) – la lettura di La ferocia, edito sempre dalla casa editrice torinese e vincitore del Premio Strega di quest’anno, potrebbe presentarsi come una novità.

È sparito il compiacimento, l’ostentazione della propria capacità di scrittura e di un’intelligenza brillante coadiuvata da un affilato spirito di osservazione. Ovviamente queste caratteristiche, peculiari di Lagioia scrittore, ci sono ancora; emergono però in ambiti diversi, che vanno a nutrire la storia stessa, piuttosto che l’ego dello scrittore.
Emerge un piacere nello scrivere e, soprattutto, nel raccontare, che non aveva precedenti: il periodare, articolato ma preciso come la traiettoria di una freccetta scagliata di getto sul bersaglio, si dinamizza grazie ad una proprietà di linguaggio che spesso a molti scrittori manca. Sembra anacronistico, eppure molti mestieranti della penna (o della tastiera) non riescono ad avere un incedere narrativo di tale portata, costante, centellinato in modo da durare per tutto lo scritto senza appiattirsi mai. Uno stile che riesce a mantenersi originale anche adeguandosi alla sfumatura emotiva della scena narrata: sebbene, in alcuni punti, soggetto ad una sorta di asciugatura, con conseguente restringimento in frasi brevi e secche, questa sorta di enumerazione mantiene un ritmo tale da creare a sua volta pathos, partecipazione.
Trovo che la dimestichezza di Lagioia con la parola scritta, insieme alle peculiarità di cui parlavo sopra, si ritrovino anche nella struttura narrativa. Come se il piacere dello scrivere applicato alla scelta delle parole, alle frasi e poi ai periodi, continuasse a moltiplicarsi, ad ingrandirsi, fino a raggiungere l’impianto in toto.
Ci sono diversi personaggi, le cui storie si intrecciano in un ordito il cui disegno diviene chiaro soltanto dopo continui aggiustamenti di tiro, anticipazioni, ripensamenti. Una planimetria fatta di rapporti spesso non chiari, che vengono equivocati, passati al vaglio dai pettegolezzi. Ad ogni personaggio, anche a quello che sembra ricoprire un mero ruolo strumentale, viene data la possibilità di esprimere la propria versione della storia, il proprio punto di vista sul filo conduttore della trama. In questo senso la costruzione de La Ferocia si presenta estremamente aderente alla realtà: non avvengono semplificazioni dettate all’artificio artistico della scrittura, o meglio, se ci sono è difficile avvedersene.
E, proprio come nella realtà, diventa difficile ricostruire una versione univoca e oggettiva, si potrebbe dire universale. Sta al lettore trarre le sue conclusioni dopo aver letto le diverse versioni riportate, non a guisa di un giudice, quanto di un testimone. A mio parere è qui che la grandezza dello scrittore si fa sentire in tutto il suo peso: non viene propinata una storia dove le colpe e i meriti sono ripartiti in maniera trasparente, tanto che il lettore, semplice spettatore di eventi che si svolgono solo fuori da lui, viene posto in una posizione del tutto passiva. Nicola Lagioia, fa sì che i suoi lettori assumano un ruolo attivo, e piuttosto libero, nell’interpretazione della storia e in quella ripartizione di meriti e colpe che anticipa la formazione di un giudizio.
È ciò che avviene anche nella moderna società della comunicazione, dove tutti possono esprimere la propria opinione forti di strumenti immediatamente a disposizione e dell’assenza di interlocutori in carne e ossa. Nel libro sono presenti anche delle considerazioni su cambiamenti di questo tipo: osservazioni che partono amareggiate, quasi spaventate, ma che poi finiscono per diventare parti integranti della trama, snodi narrativi.
Si predispone una sorta di tabellone da Risiko in cui si affrontano passato, presente e futuro: la struttura narrativa si complica ulteriormente, e i ricordi di un passato gravido di opportunità finiscono per arenarsi sulle delusioni presenti, sui residui di un sogno infranto. A causa di questa delusione, che pure aveva tutte le carte in regola per diventare una cornucopia di successi – si pensi all’homo faber degli anni Ottanta, che dal niente poteva arrivare a costruire un impero – il futuro appare completamente inintelligibile. L’inversione di tendenza, che ha investito anche i valori, lo rende spaventoso proprio perché le persone sembrano non accorgersi della gravità di certe pratiche: non parlo della solita corruzione o dell’uso smodato di droghe cui ormai sembriamo essere avvezzi, quanto a questo uso distorto dei mezzi di comunicazione, primi fra tutti i social network.
È un’anormalità che ci sembra normale, specie di fonte a manifestazioni – ancora difficili da comprendere e, quindi, stigmatizzate – come l’estraniazione dalla realtà attraverso la fantasticheria. Paradossalmente siamo più propensi ad accettare un fenomeno come la proliferazione artificiale di messaggi senza alcun fondamento oggettivo, che qualcosa di strabiliante che proviene direttamente da noi, dalla nostra mente e dalla nostra sensibilità.
Tutto questo sullo sfondo della Puglia, con la bellezza conclamata dei suoi paesaggi naturali e quella straniante delle sue distese industrializzate, luoghi in cui la congenita delicatezza di una terra finisce per essere offuscata dall’artificio. Lagioia ci mostra però la via per apprezzare questa bellezza trasfigurata.
Ritornano dunque dei motivi noti, quali la trasformazione urbanistica e industriale di questa terra di contraddizioni, come pure il rapporto antitetico tra passato e presente coniugato alla ferocia degli individui, alla molteplice natura delle loro infinite sfaccettature. Eppure questa volta sono coniugate a qualcosa di estremamente attuale, che sembra toccare tutti, indipendentemente dalla provenienza geografica o dall’estrazione sociale.
Una lettura affascinante e incredibilmente dolorosa, quella de La Ferocia. Una lettura da intraprendere.

 

 

 

 

Nicola Lagioia
La ferocia
Torino, Einaudi, 2014
pp. 418

 

N.B.: Sullo stesso libro, la precedente recensione de Il Pickwick
La ferocia italiana di Nicola Lagioia (Vincenzo Mazzaccaro 28/11/2014)

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