Extra La locanda delle chiacchiere
«Il viaggio s’arresta in una locanda: scoppietta la fiamma, una musica dice il suo tono, il bisbiglio di voci vi domina legando i tavoli ai tavoli, gli uomini agli uomini. È qui che i racconti s’incontrano».
“Marco Colella giunge ad una stilizzazione che coniuga la sintesi formale al tripudio del colore stabilendo un’efficace sintonia tra la sua pratica pittorica e quella della grafica del fumetto.
Il Bisogno e l’Utilità sono forse incompatibili col concetto di Libertà. Dicono.
L’uomo in quanto corpo, che si manifesta nel suo Essere Vivente, si muove attorno a personali forme della sua configurazione, percepite come più o meno opinabili. La sua natura non sarà mai buona o cattiva di per sé ma dipenderà solo ed esclusivamente da una condizione. Le relazioni umane costruite sul Bisogno fanno capo ad un tornaconto che chiameremo Utilità. È utile ciò che conviene, di cui sento il bisogno e che mi dà soddisfazione. La natura ci costringe forse ad essere in un modo ma si cerca, per ovviare, di creare un riparo entro il quale troviamo ciò che non può Non Essere e che chiameremo dunque Necessario.
ART 3.0: AutoRiTratto di Franco Mauro Franchi
Written by Catia Giaccherini“Le creature di Franco Mauro Franchi si adagiano come moderne reliquie di bellezza, effondendo costumanze abbondanti, vanagloria terrestre. Anime candide dai corpi lussuriosi, si pongono in posa, solitarie e pensanti, mentre la luce naturale le scalda, vestendole di riflessi scuriti.
Formose, cosciute, ricordano certe antiche madri tombali, scolpite con forma distorta, su lastre di pietra spessa e – come quelle madri arcaiche – si prestano all’osservazione umana e celeste. Sono, naturalmente, anche simboli, vere e proprie essenze metaforiche di fertilità: sembrano quasi presiedere e benedire – come regine – la nascita di un filo d’erba, la frescura della pioggia, l’orizonte tutto e, perchè no, il turista di passaggio. Donne, madri, forme in equilibrio che simboleggiano non solo la nascita ma la rinascita, in un continuo ciclo in divenire di vita eterna. Franchi cerca, attraverso gli occhi della mente, una bellezza primordiale e atavica. Egli guarda, con gli strumenti di un attento osservatore e di un sapiente conoscitore, all’interno di una classicità scultorea. Indaga, studia, elabora e poi scolpisce o modella. Una ricerca mai affannosa, della figura, cardine e passepartout della sua arte. Figure divine, ma umanissime, di cui ci si innamora all’istante. Lo sguardo si posa sulla dolcezza delle curvature, percorrendo lentamente questa pelle di bronzo o di vetroresina: si viaggia, su questi corpi, come si viaggia attraversando un paese, un mondo, un universo.
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CAPITOLO 10
Erano trascorsi ormai alcuni mesi da quando io e Barbara ci eravamo messi insieme. In tutto questo tempo era stata a casa mia al massimo una decina di volte e mai per un’intera notte. Preferivo dormire da lei, non avevo niente da nascondere tra le mie mura, ma sinceramente non mi sentivo a mio agio con lei nei miei spazi intimi. Alla fine però me lo chiese. Era un mattino di pioggia e vento, eravamo entrambi di riposo.
“Simile ad un Arcimboldo femminile che – per virtù fantastica e capacità artigianale nel lavorare la meraviglia – riesce a formare astute significazioni allegoriche, animali ingioiellati, scatolosi affastelli di frutti, di alberi o panorami, Silvia Logi raccoglie i materiali del mondo (legnetti, perline, bottoni, pezzi di mosaico, matite, fiori secchi, pietruzze, vetrini, carte luccicanti, conchiglie ad altro ancora), per farne nuova rarità permanente, nata dalla predisposizione alla visionarietà magica e all’abilità alchemica e pratica. Come appassionata dal recupero minuzioso del minimo, del dimenticato e del futile, la Logi va alla ricerca di un ramo, di uno stelo o di un coccio, per farne elemento fondante di un nuovo componimento fantoccesco, ricucendo o incollando lembi di oggetti, rimanenze, frammenti che – riproposti in apparente concordia – generano puzzle giocondi e felici.
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C’era una volta…
C’era una volta in una terra lontana lontana, il regno incantato della città di Pietra. Nel regno vi era una città che era stata costruita ai piedi di un altissima torre di roccia, che da sola saliva al cielo in mezzo alla pianura verde dove tranquillo e lento scorreva il grande fiume Vallon. Gli abitanti di quella città vivevano sereni e felici perché a governarli c’erano un Re e una Regina molto buoni, che vivevano in un grande castello e avevano una figlia molto bella, la Principessa Gaia. La Principessa Gaia era una bambina molto gentile con tutte le persone, ben educata, che sorrideva sempre, era molto coraggiosa e suscitava simpatia e allegria in tutti quelli che la conoscevano, per cui tutti gli abitanti di Pietra le volevano molto bene.
Le luci fantasmagoriche dell’aeroporto hanno sempre il potere di eccitarmi. A Linate i genitori di Anna sono venuti ad accoglierci con i nostri figli, che appena ci scorgono si mettono a correrci incontro con gridolini di gioia.
Abbiamo lasciato Roma da poco più di un’ora. Non c’era ragione di restare. Franco ne avrà per un pezzo: svariati mesi, stando ai medici che lo hanno in cura, se tutto va bene. E poi c’è Molly che gli terrà compagnia. Dopo il ricovero di Franco lei ha subito prenotato un albergo nelle vicinanze dell’ospedale. Ho la sensazione che non si tratti di una delle solite troiette, di quelle insomma che hanno mandato a pezzi il rapporto con Flavia.
Molly... sento che aiuterà Franco a venirne fuori e trovare in sé la forza di ripartire.
“Uno slancio vitale percorre e attraversa le Terre di confine di Paola Vallini, stravolgendone l'assetto non già per ristabilire il predominio del caos sull'ordine, sibbene per indurre l'idea che il principio del divenire riguarda l'universo creato, dal quale la porzione visibile fissata nella materia pittorica non è che un'infinitesima parte”. Così scrive Nicola Miceli.
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CAPITOLO 9
Circa una settimana più tardi arrivò anche a lavoro la notizia della morte di Margherita. I giornali nazionali non ne avevano parlato, né ovviamente le televisioni. Certo, i telegiornali locali, così come i quotidiani, avrebbero sicuramente dettagliato i fatti di sangue avvenuti in paese, sia della vecchietta che della bella donna collegando quasi sicuramente i i due delitti, ma stranamente, come dicevo, per almeno una settimana non ne sentii parlare, poi, in qualche modo, ne vennero tutti a conoscenza. Ne parlai con Barbara, era sconvolta. Non riusciva a crederci. “Era una vecchietta così buona, dolce. Che razza di bastardo, malato mentale, può averle fatto questo!”.
E fu a quell'età. Venne la poesia
a cercarmi. Non so, non so da dove
uscì da quale inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci, non erano
parole, né silenzio,
ma da una strada mi chiamava
(Pablo Neruda)
Già sui banchi di scuola disegna e ritrae le compagne di classe. Durante l’ora di educazione artistica la maestra la riprende più volte perché non appunti la matita con il trincetto, ma lei replica che − in quel modo − il segno è più morbido e si adatta meglio alle sfumature.
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Soggetto e Sceneggiatura: Domenico Di Francia Keneru
Matita e China: Domenico Di Francia Keneru
Colorazione digitale: Ivan Guida
Un piccolo gesto per salvare il pianeta: mangiare i vegetariani
Written by Gianmarco Thierry GiulianaLo sviluppo industriale della razza umana ci ha portato in una condizione catastrofica, anche se alcuni non vogliono vederlo il nostro pianeta è in grave pericolo. Basta vedere le anomalie meteorologiche, le catastrofi, il diffondersi implacabile delle malattie e le alterazioni nel regno animale per rendersi conto che forse è già troppo tardi. Dobbiamo ripensare il nostro modo di consumare l'energia, di spostarci, di alimentarci, di spendere il nostro denaro, di vivere. E dobbiamo farlo in fretta. L'aria, l'acqua, la terra, tutto quel che è essenziale alla vita sembra irrimediabilmente inquinato e ci sta facendo ammalare sempre di più. Non c'è più nulla di sano, di naturale, di vero.
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E quando la possiedi sai che non c’è più nulla da fare
Written by Delio SalottoloAl mio carissimo amico D. A.
Come ti ho spiegato già più e più volte si tratta di uno di quei momenti in cui, all’improvviso e inaspettato, si compone denso e gocciolante dinanzi al nostro sguardo (e solo in un secondo momento all’interno del nostro roccioso pensiero razionale) la semplice complessità e il profumo irreale delle relazioni essenziali della nostra vita. Stiamo lì a macinare disperazioni e depressioni, a pensare che le conseguenze di questo ricadranno su quello, che il silenzio profondo della nostra gola nasconde la paura della verità, e poi stiamo lì immobili nella nostra quotidianità e facciamo questo e quello, ci affanniamo per trovare il motivo, ci spezziamo la schiena e corriamo incontro a ogni possibilità, ci distraiamo e non vogliamo pensarci più, e poi c’è quel sorriso di cui non capiamo il significato, quello sguardo illecito e quella mano che si richiude all’improvviso su un mistero insondabile, accade tutto questo (ed è il senso della vita) nel nostro labirinto esistenziale quando poi ecco come in una splendida e tremenda epifania tutto si compone in un unico quadro e tu, che stai immerso in quella liquida condizione che non è già più storia ma non è ancora sistema, hai finalmente la verità. Hai capito? Possiedi la verità e quando la possiedi sai che non c’è più nulla da fare.
Ti vorrei sempre con me, ovunque, a qualsiasi costo, perché ti amo...
Io e te, come polvo enamorado trasportato dal vento, sempre vivi
oltre la morte nell'alba senza fine del ricordo...
Ti vorrei sempre con me, ovunque, a qualsiasi costo, perché ti amo.
Per questo vorrei poterti fare a pezzi, sminuzzarti, lacerarti, tagliuzzarti,
segarti persino le ossa, e portarti in giro per il mondo e nella mia tomba.
ART 3.0: AutoRiTratto di Elisabetta Testi
Written by Catia GiaccheriniElisabetta Testi nasce nel 1977, a Pontedera, e vive a Santa Maria a Monte. Appassionata fin da bambina al disegno non segue però la sua passione, dissuasa dalle pressioni dei familiari e degli educatori, procedento quindi con gli altri studi: fino al diploma Magistrale. Agli inizi del 2000, tuttavia, ricomincia il suo rapporto con il disegno.
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