“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Marcello Sacco

Leggere Elena Ferrante. Chi scrive.

È noto come Fernando Pessoa scrivesse e firmasse i suoi testi con diversi nomi. Li chiamò eteronimi piuttosto che pseudonimi, perché non mentivano, non celavano un’identità vera dietro una falsa, erano altre personae vere. Non servivano a depistare, ma a incamminare, orientare la lettura. Ognuno di quei nomi era dotato di una breve biografia, gusti letterari precisi, persino tratti somatici propri e dettagliate mappe astrali. Al contrario di tanta narrativa che nel ‘700/‘800 provava a convincere i lettori della veridicità dei mirabolanti fatti narrati, lo scrittore portoghese apriva il ‘900 puntando a convincere tutti che gli autori da lui sognati erano realmente accaduti.

"Il mandarino" di Eça de Queiroz

Una domanda si aggira per l’Europa come uno spettro: chi si è arricchito con il debito greco e magari, più in generale, con il debito dei Pigs? In altre parole, che cosa fa il denaro mentre dormiamo o siamo su Facebook?
In Francia, negli anni di Luigi Filippo – che, così come li descrive Marx in Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, sembrano i nostri “anni di troika”, con il giochino d’azzardo tra debito pubblico e profitto privato, e il capitale finanziario sempre dietro al sogno di una ricchezza prodotta per partenogenesi, destinata a pochi e pagata con la miseria delle nazioni (alla faccia di Adam Smith) – fu l’adorato Balzac a sintetizzare lo spirito di un certo individualismo amorale.

Ma piove piove sul loro amor

Il libro di Antonio Dikele Distefano, Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti? – edito di recente da Mondadori dopo il successo nel self-publishing, alimentato da un fitto passaparola tra lettori – un posticino nella letteratura migrante in lingua italiana se lo è guadagnato. Certo, Distefano è poco più che un adolescente che scrive per altri adolescenti, non ha la raffinatezza dei tanti autori che ormai riempiono voci enciclopediche sulla letteratura migrante mondiale, né racconta storie di povertà estrema e avventurosa, di quelle capaci di commuovere o indignare (quasi) tutti. In quanto autore di un best-seller non ha concepito il suo libro, come fa Umberto Eco, per piacere al pensionato delle Poste e al semiologo. Per un fine esteta, insomma, temo resti bassa sociologia letteraria. Ma questa è una recensione ideologica, di quelle che guardano al sol dell’avvenire (sebbene qui si tratti di realtà più che mai presenti).

Il desiderio di essere come Piccolo

Mentre Einaudi manda in libreria Momenti di trascurabile infelicità, che si presenta come il rovescio speculare del precedente Momenti di trascurabile felicità, segnalerei la ristampa einaudiana di un altro libro di Francesco Piccolo, pubblicato anni fa per Laterza: L’Italia spensierata. Questo titolo non fa richiami palesi a Il desiderio di essere come tutti, che a Piccolo è valso lo Strega e una maggiore notorietà, ma i due testi mi sembrano strettamente collegati. Pare quasi che uno faccia da manifesto programmatico dell’altro, però non specificherei chi sia davvero il manifesto di cosa perché, a rigore cronologico, il titolo più vecchio dovrebbe essere il manifesto del più recente, ma si dà il caso che Il desiderio di essere come tutti sia più astratto, teorico, anche più ambizioso, mentre il vecchio (ristampato) è un lavoro di ambito volutamente circoscritto, realizzato sul campo, da antropologo del “qui” e “ora”.

Dans la ville noire

Il regista svizzero Alain Tanner, nel 1983, girò un film divenuto poi di culto fra cinefili e amanti di Lisbona in genere. Si intitolava Dans la ville blanche, perché è così che nordici e mitteleuropei vedono le nostre città inondate di sole: bianche.

Considera l'aragostina: Eugenio Montale a Lisbona

Nel giugno del 1954 Eugenio Montale è a Lisbona per una conferenza sulla letteratura italiana contemporanea. Questo viaggio gli offrirà lo spunto per due testi in prosa e una poesia. Le brevi prose (Portogallo e L’incantevole ora dell’aperitivo all’ombra dell’Avenida a Lisbona) hanno avuto un diverso iter editoriale e sono oggi raccolte nel Meridiano a cura di Marco Forti, Prose e racconti; la poesia, senza titolo (nota con il primo verso: Dopo lunghe ricerche...), si può leggere in Satura (1962-1970). Rimando a questo bell’articolo di Giulia Falistocco per inquadrare queste (e altre) prose di viaggio montaliane all’interno dell’evoluzione poetica dell’autore.
“Evoluzione”, certo, è una parola equivoca; la meno adatta a un poeta che, proprio in Satura, aveva scritto:

Page 3 of 3

il Pickwick

Sostieni


Facebook