“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Federica Pessot

Le storie dell'orto – Il peperoncino

Era una mattina d’estate come tante altre e nel piccolo orto la vita scorreva tranquilla. Fin troppo tranquilla, praticamente monotona. I suoi abitanti giacevano nella terra e nessuno aveva voglia di parlare, forse anche per colpa del caldo. “Ci vorrebbe un’altra bella annaffiata” – disse pigramente Adele la zucca – “con questo caldo una volta al giorno non basta”. Nessuno rispose. Adele si guardò intorno in cerca almeno di uno sguardo di approvazione. Nello il cavolo stava dormendo e Rino il peperoncino guardava in aria sospirando.

Le storie dell'orto

Un giorno nell'orto...

Albeggiava e nell’orto di Mino si stavano formando le prime gocce di rugiada. La casa era ancora immersa nel silenzio e tutti i suoi abitanti dormivano profondamente. Anche il gallo taceva. D’altra parte Aristide, questo il suo nome, non cantava mai all’alba, ma lo faceva ad orari improbabili come le 12 o le 13. Lui era un nottambulo e la mattina faceva fatica a svegliarsi e, di conseguenza, a svolgere il suo lavoro di gallo. Erano inutili i rimbrotti di Mino: “Ma che gallo sei se non canti all’alba? Domani ti metto la sveglia e vediamo se impari a comportarti!”. Niente da fare. Aristide era un sognatore, un gallo davvero poco pratico. Trascorreva le sue serate guardando le stelle e interrogandosi sui misteri della natura (perché il giorno e la notte si susseguono sempre nello stesso modo? Perché ho questa cresta rossa se non posso metterci la gelatina?... e via dicendo). Insomma, pensa e ripensa, finiva per addormentarsi sempre verso le quattro della mattina e va da sé che non ce la faceva a svegliarsi alle cinque per cantare.

Storie di solitudine... condominiale

Tre storie. Tre racconti di solitudine e di vita vissuta ai margini della società che conta. Lo scenario, la periferia di Parigi. Il film, Il condominio dei cuori infranti di Samuel Benchetrit. Charly è un adolescente all’apparenza apatico che vive con una madre che non c’è mai; Jeanne Meyer è un’attrice disoccupata un po’ su con l’età, dal carattere scontroso e respingente, e Sternkowitz è un uomo solitario, un po’ squallido, che fugge dai rapporti umani ed evita i suoi stessi condomini, ma che in realtà, ha bisogno di una metà che lo completi.

"Lo chiamavano Jeeg Robot": supereroi alla romana

Un buono, un cattivo e l’eterno scontro tra il bene e il male, una donna da difendere e una timida storia d’amore condita dal dramma che, però, si rivela catartico. Insomma, tutti gli ingredienti necessari per una storia di supereroi in piena regola, come quelle raccontate dai cartoni giapponesi che hanno accompagnato l’infanzia della generazione nata negli anni Settanta. Il film è Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, uscito nelle sale cinematografiche lo scorso 25 febbraio e già diventato un grande successo di pubblico.

"Assolo" o le confessioni d'una cinquantenne frustrata

Una donna di cinquant’anni single, con due matrimoni falliti alle spalle, due figli che le assomigliano poco e il bisogno di avere un uomo accanto per sentirsi realizzata. L’aria fritta sarebbe più gradevole e originale. Ma l’Italia sembra apprezzare e premiare, con la critica tutta a favore, la seconda opera di Laura Morante come regista (l’esordio nel 2012 con Ciliegine). Il film è Assolo, da poco uscito nelle sale cinematografiche. Un merito la pellicola ce l’ha – a Cesare quel che è di Cesare – ed è quello di mostrare l’attrice grossetana in panni diversi da quelli della nevrotica urlatrice a cui ci ha abituato con la sua abbondante (ahimè) filmografia. Questa volta, invece, la Morante offre il ritratto di una donna insicura e piena di tic che, a volte, arriva fin quasi a balbettare. E, a onor del vero, è brava.

Il delitto “morale” secondo Woody Allen

Abe Lucas è un professore di filosofia, depresso e con una forte dipendenza dall’alcol. Viene chiamato ad insegnare nel campus universitario di una piccola città nel Rhode Island. C’è grande attesa per il suo arrivo, tra i colleghi uomini per la sua fama di ottimo decente e impeccabile scrittore di saggi filosofici, tra le donne per la sua reputazione di uomo affascinante e irresistibile conquistatore. Ma Lucas (Joaquin Phoenix) non è più niente di tutto questo. Deluso dalla vita, ormai non prova più gioia nel viverla. La sua compagna più stretta è una boccetta di whisky di puro malto.

C'erano una volta le favole

C’era una volta… una bella favola. Si infrange, così, di fronte ad uno schermo cinematografico, un sogno lungo un numero imprecisato di anni (quelli di chi scrive per l’esattezza). Spinta da un’irrefrenabile desiderio di tornare bambina e di recuperare quella leggerezza e quella positività tipica dell’infanzia o, forse, semplicemente di vedere un film senza dover faticare troppo per capirne la trama, ho preso l’insana decisione di andare a vedere Cenerentola, l’ultimo lavoro di Kenneth Branagh che ripropone in una versione “in carne ed ossa” il grande successo di animazione della Disney, che compie oggi sessantacinque anni.

L'eleganza della vendetta

È arrabbiato, molto arrabbiato. È un killer “a riposo” pronto a riesumare i ferri del mestiere per mettere a punto una terribile vendetta. Lui si chiama John Wick e ha il volto di Keanu Reeves. Svestiti i panni dell’Eletto di Matrix e quelli dell’ascetico Siddartha ne Il piccolo Budda, a cinquant’anni (e non sentirli!) l’attore “faccia d’angelo” di Sweet November si presenta sullo schermo nei panni di un assassino senza scrupoli, che ammazza con la naturalezza che avrebbe chiunque altro nel saltare una pozzanghera.

Le grandi avventure di un 'piccolo' eroe

“Sono un cane. Non vorrei sembrare presuntuoso, ma sono un cane intelligente, bello e dal portamento regale. E me ne vanto”. Inizia così Artù alla conquista del mondo, il primo romanzo di Omar Kamal, giovane autore bergamasco, di padre egiziano, ormai trapiantato a Roma.
Artù è un labrador color miele, vivace, curioso, indisciplinato, amante della vita e dei suoi piaceri, primo fra tutti la Nutella. Artù ha una caratteristica inconfondibile: è piccolo. Più precisamente, è nano. È un cane rimasto imprigionato nelle dimensioni di un cucciolo che suscita la tenerezza in chiunque lo incontri proprio perché sembra un eterno “bambino”.

"Posh": il club della superficialità

Oxford. Primo giorno delle nuove matricole all’Università. Cena di benvenuto. Fiumi di ragazzi entusiasti di gettarsi nell’avventura che li traghetterà verso il loro futuro fatto di carriere sfavillanti ai vertici della società. Così inizia Posh, il film della regista danese Lone Scherfing, trasposizione dell’omonima pièce teatrale di Laura Wade che dal mese di settembre, dopo l’esordio al Toronto International Film Festival, è approdato anche nelle sale italiane.

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il Pickwick

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