“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 17 December 2012 07:44

Storia di Pietro

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Realismo, Nuovo Realismo, Documentarismo e, parafrasando la critica musicale, Neorealismo del Neorealismo (confrontare New Wave of the New Wave). In quanti modi si può nominare una parte della produzione cinematografica italiana degli ultimi 10/15 anni (ma l’indicazione è necessariamente vaga) meno codificata ai generi e perciò più libera nei modi di osservare il reale?

 Sarà un caso, ma le opere di registi quali Gaglianone, Diritti, Mereu, Marra, Frammartino, Marcello, Comodin segnano una tendenza - ormai definita nell’ambito del nostro cinema - il cui tratto comune, pur nel rispetto delle peculiarità di ciascuno, sembra sostanziarsi in una purezza di sguardo che permette, più del genere, di sperimentare linguaggi nuovi.

Nel novero di questa tendenza rientra anche Pietro, quarto lungometraggio di Daniele Gaglianone, proiettato in concorso al Festival di Locarno 2010 e presentato giovedì 13 dicembre ad Avellino nell’ambito dell’edizione 2012 del Laceno d’Oro, rassegna conclusasi sabato 15 dicembre con l’assegnazione proprio al regista anconetano - ma torinese d’adozione - del Premio Camillo Marino.

Scritto dallo stesso Gaglianone, il film è anche un altro tassello della produzione di Gianluca Arcopinto, producer attento alla promozione di una cinematografia “minore” ma di grande livello qualitativo (in questo caso provvidenziale, dato che Raicinema non ha voluto rischiare). La storia è quella di Pietro, giovane uomo dal leggero ritardo psichico, e di suo fratello Francesco, tossicodipendente, i quali vivono nell’appartamento lasciatogli in eredità dai genitori in un quartiere periferico di Torino. Pietro è il mite che con tenacia cerca di preservare quel po’ di unità familiare che resta, che mette a posto il disordine materiale e morale rappresentato dal fratello, il quale, quando non è fatto, frequenta un locale insieme ai suoi conoscenti pusher, verso cui è in perenne debito. Con ostinazione Pietro lavora come distributore di Daniele Gaglianonevolantini e proprio sul lavoro conosce una ragazza, piccola e mite come lui, con cui si accompagna nei suoi giri. E’ una Torino violenta quella fotografata con toni lividi da Gherardo Gossi, dove l’arroganza e l’oltraggio nascono gratuiti verso i deboli e i diversi, dove gruppi di giovani picchiano senza motivo un barbone o si approfittano della docile amica del protagonista. Pietro ha subìto soprusi ingiustificati sin dalla scuola, e ancora viene ridicolizzato dal fratello e dai suoi amici balordi, dal datore di lavoro, dai condòmini che non vogliono i suoi volantini. Il film si avvale della straordinaria recitazione di Pietro Casella, che dà corpo e voce al personaggio con grande partecipazione emotiva, come pure del delirio narcotico di Francesco Lattarulo, che insieme a Casella forma il duo comico Senso d’Oppio (ma hanno cominciato con Fabrizio Nicastro, qui lo spacciatore). La narrazione precede per quadri  successivi, dei quali alcuni segnati da momenti ad alta intensità emozionale, sottolineati dagli interventi calibrati delle musiche e dal lavoro sul sonoro, per cui noi udiamo, come sott’acqua, ciò che Pietro ode, fino a quando l’insostenibilità delle emozioni violente non si risolve se non in sospensioni dei rumori del mondo, in brevi e improvvisi silenzi. Tra l’esasperazione di Bellocchio mediata da Lou Castel ne I Pugni in Tasca e da Filippo Timi in Vincere (che è creatura maligna in Ruggine, ricalcata sul Nosferatu di Murnau), Gaglianone dirige un’opera breve ma intensa, secca, rigorosa, essenziale. La tensione serpeggia sottopelle, sfida la soglia d’indignazione dello spettatore, monta pian piano fino a quando non si libera nell’unica modalità che la realtà permette, realtà mostrata con un approccio vero, lontano dalle maniere (stanche) della media e consueta recitazione sovrana nel cinema italiano.

Al termine della serata, organizzata in una delle sale dell’ex carcere Borbonico in pieno centro cittadino (che resta l’unico spazio pubblico fruibile per la cultura attualmente ad Avellino, oltre al teatro Gesualdo dai proibitivi costi di gestione), l’interessante documentario I La Nau Va di Lucia Sances e Giuseppe Galante, mediometraggio girato sulla nave che nel 2009 salpò da Barcellona alla volta di Genova con a bordo gli italiani residenti all’estero indignati dalla grave situazione italiana. Operazione non scevra da una certa autoreferenzialità, ma fondamentale per capire dal di dentro la motivazione al riscatto di chi ha a cuore la sorte del Belpaese e non rinuncia a farsi sentire per spronare noi cittadini stanziali, forse troppo assuefatti ai condizionamenti mediatici imperanti per renderci conto della catastrofe che ancora ci sovrasta. A quando l’inizio della tanto attesa palingenesi?

 

Rassegna Cinematografica Laceno d’Oro 2012

Pietro

 

regia Daniele Gaglianone

con Pietro Casella, Francesco Lattarulo, Fabrizio Nicastro, Carlotta Saletti, Diego Canteri, Giuseppe Mattia

produzione Gianluca Arcopinto

paese Italia

lingua italiano

anno 2010

durata 1h 18’

Avellino, Ex Carcere Borbonico, 13 dicembre 2012

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