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Saturday, 10 August 2013 02:00

Roberto Bolaño, al centro di Roma

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Roberto Bolaño scrive benissimo, al limite della perfezione o meglio scriveva, essendo lui già morto.
Una pastoia lucidissima la sua scrittura, che mette in scena umiliazioni, vendita di corpi, povertà, senza nessuna indulgenza, giusto un pochino di compiacimento, ma proprio a voler trovare un difetto che non lo renda grandissimo, ma un uomo.

Questo racconto lungo è stato ritradotto e rimesso in commercio da Adelphi con il titolo Un romanzetto lumpen, nel 2013, per il fatto che fra poco dovrebbe uscire nelle sale (e forse è uscito, non so) il film che è la trasposizione cinematografica del romanzetto. "Lumpen" una storia storta, tra poveracci, non luogo di borgata, come se fosse in una borgata di Pasolini, anche perché la storia è ambientata al centro di Roma. A spezzare qualsiasi legame con Pasolini ci pensa la scritta iniziale di Antonin Artaud, che con lo scrittore italiano non c'entra niente. Bolaño fa dire ad Artaud: "Tutta la scrittura è porcheria. Le persone che escono dal vago per cercar di precisare una qualsiasi cosa di quel che succede nel loro pensiero, sono porci. Tutta la razza dei letterati è porca, specialmente di questi tempi".
Poi inizia il racconto originale. Due orfani miserrimi nel centro Roma, città matrona, sporca, come si sentisse la voce di Gabriella Ferri tra i vicoli puzzolenti, Bianca e Tomas che vivono in un appartamentino in cui di nuovo c'è solo la televisione che i due fratelli non spengono mai.
Lui fa le pulizie in una palestra frequentata anche da gente poco raccomandabile, lei aiuta una parrucchiera: voleva darsi alla prostituzione per guadagnare meglio, ma non se la sente oppure ha paura di rimanere una "puttana a vita".
Tomas porta due palestrati nell'appartementino, uno di Bologna e un altro libico. Si vive in quattro sempre con la televisione accesa su tutto, sui programmi dove ci sono i maschi tenuti bene come la trasmissione Uomini e Donne di Maria De Filippi.
Avendo accettato un lavoro onesto, Bianca vive in modo scombinato e assurdo la sua sessualità, una sera il bolognese, una sera il libico, non fa distinzioni, non ci sono parole, né niente.
I tre maschi di casa combinano un piano: trovare la cassaforte a Maciste, un uomo grande e  grosso, ormai vecchio e cieco, che è stato una star nei film "peplum" di Roma negli anni '50-'60. Lo hanno abbindolato in palestra e gli hanno detto che c'è una ragazza giovane che andrebbe a letto con lui due volte a settimana, centocinquanta euro a nottata, per farci l'amore.
Bianca si trova con un altro corpo addosso, solo che qui è a pagamento, Bolaño scrive: "Di parole gentili non ce ne furono molte, perché Maciste era un tipo di poche parole, ma ci furono gesti gentili. Di dichiarazioni importanti non ce ne fu nessuna, o nessuna che a me, in quel momento, sembrasse tale, anche se con il tempo sono arrivata a ricordarmi ogni parola di Maciste come una chiave o come un ponte oscuro che avrebbe dovuto necessariamente portarmi altrove, come se lui fosse una macchina da predizioni fatta apposta per me, il che non è vero, lo so, anche se a volte mi piace pensare il contrario, non molto spesso, perché non mi illudo più come prima, ma qualche rara volta sì".
Quando lui si addormenta lei deve cercare la cassaforte piana di soldi, è un uomo molto ricco. Per Bianca i soldi significano liberarsi dai suoi finti amanti e restare da sola, di nuovo con il fratello.
Una volta capito che Maciste ha una febbre fortissima, Bianca lo cura, forse si sta innamorando di quell'uomo stanco, ormai finito, ma sempre combattivo. Curarlo le dona forza di liberarsi del bolognese e del libico, cacciandoli di casa, e della televisione che era sempre accesa. La vita di prima onesta, fatta di lavoro, ma Bianca pensa: "Dei nostri genitori morti, come se quelle foto, degli assassini e della vittima, dell’assassino e delle vittime, fossero il segno che fuori continuava la tempesta, una tempesta che non era localizzata sopra il cielo di Roma, ma nella notte dell’Europa o nello spazio che c’è fra pianeta e pianeta, una tempesta senza rumore e senza occhi che veniva da un altro mondo, un mondo che neppure i satelliti che girano intorno alla Terra possono captare, un mondo dove esisteva un vuoto che era il mio vuoto, un’ombra che era la mia ombra".
Come scrive Bolaño!
Sul film mi spiace non so niente so solo che Maciste è interpretato da Rutger Hauer. Chi più di Blade Runner?

 

 

 

 

Roberto Bolaño
Un romanzetto lumpen
traduzione a cura di Ilide Carmignani
Milano, Adelphi, 2013
pp. 119

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