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Sunday, 04 August 2013 07:26

Ho baciato Mick Jagger

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   quella mattina m’ero svegliato con una gran voglia di andare con una donna… desiderio tutt’altro che raro: ad ogni mio risveglio infatti sono pervaso da siffatta prurigine talvolta riuscendo addirittura a compiacerla: circostanza – quest’ultima – però invero rarissima
   quando la Fortuna si ricorda di carezzarmi le gote allora basta un paio di telefonate a delle ragazze giuste che conosco (dalla dubbia moralità) anch’esse assalite da medesima (e fors’anche più incalzante) foia mattutina per soddisfare così la mia personale fregola e la giornata è da reputarsi tutta guadagnata – indorata da nuova luce

   ma questo però spesso non può bastare: certe volte infatti ho tale una sete di carne fresca e sconosciuta – vittima anch’io dell’umana debolezza nota come spirito d’avventura e per di più sedotto da una sorta di sensus ignoti (o meglio di cupiditas sciendi) – che debbo provvedere altrimenti e la faccenda si complica vieppiù… il mio desiderio rimanendo inevaso: c’è da ammettere che è questa la situazione tipica il più delle volte ripetendosi
   insomma quella mattina m’ero svegliato con questa voglia: con l’idea fissa scolpita nella mente e con un accenno di erezione che m’impediva – rallentandole – le solite antropiche funzioni secretorie
   tuttavia avevo un appuntamento proprio quel dì con una tizia – ora pasti: una ragazza che conoscevo da oltre dieci anni e che da sempre era stata di mio gradimento essendo sicuro che anch’io le fossi nondimeno andato a genio: stava il fatto che ogni volta e in ogni dove che c’incrociassimo ci salutavamo e congedavamo scambiandoci – senza scopo di fetenzia di letto – umettanti baci sulle labbra e niente più sempre tenendo a bada le nostre lingue spudorate
   ancora ruminando il mio solito pensiero mattutino passai rapidamente per la doccia e subito uscii in strada indossando un gilet che ricordavo essere di suo gradimento: inforcati gli occhiali scuri e comperata una scatola di Gitanes mi diressi spedito verso il centro della città
   attendevo che passasse il mio tram senza possibilità alcuna di ripararmi da un sole martellante stazionando su d’una pensilina isolata nel mezzo d’un vialone disalberato implorante una frescura contumace in tutti i paraggi egualmente romiti: faceva un gran caldo – fine estate settembre inoltrato – e l’afa continuava a svolgere il suo canicolare dovere per le strade surriscaldate dal traffico rimbalzando in vampe vermiglie sull’asfalto infocato
   in tram poi la caldana era insopportabilmente decuplicata dalle lamiere arroventate dal sole zenitale: a farne le spese era ovviamente l’aria di già ridotta al minimo di sopravvivenza: campeggiava lì dentro un forte puzzo misto di sudore e aliti cattivi – di tabacco marcio e caffè mal digeriti – di ineducati piedi scalzati e relative immonde ciabatte in plastica – di innominabili ascelle non lavate e deodorante andato a male
   c’erano dei ragazzotti dallo sguardo non proprio acuto che puzzavano di piedi sporchi… un crocchio di negri che putivano della forte grana della loro pelle iper-pigmentata… un paio di zingarelle dall’igiene (e non solo quella intima) poco curata… un matto seduto in terra che imprecava contro il conducente ripetendogli a quando a quando “stronzo ti toglierei subito la patente” e un altro paio di magrebini che ridevano inspiegabilmente ad ogni sorriso ostentando nelle loro immonde bocche un dente ogni quarto d’ora: sembravano avere incastonati (fra le loro gengive arrossate e fetide) degli scavi archeologici malamente tutelati dalla soprintendenza
   insomma l’aria era – come suolsi dire – pesante e irrespirabile: i finestrini risultavano serrati (nonostante miei ripetuti sforzi) inchiavardati dal lerciume accumulatosi e impietritosi negli anni entro le incanalature laterali non più scorrenti: in un angolo della vettura indugiava una rassegnata ragazza esile ed occhialuta che stringeva fra bocca e naso un fazzoletto di bucato per glissare quelle putibonde inalazioni
   scesi un paio di fermate prima del mio dovuto non più resistendo un minuto ulteriore lì dentro: avrei potuto indecorosamente capitolare e vomitare in mezzo a quel mondezzaio umano di certo non minimamente intaccando per gravità il generale aroma del sito
   incontrai la mia amica: slanciata lunghi capelli neri culo alto e tenero gambe “chilometriche” tette piccole messe in mostra e spinte all’infuori e poi una bocca stupenda: larga carnosa sempre rossa col labbro inferiore incredibilmente grosso e sporgente… una bocca somigliante – per intenderci meglio – a quella di un Mick Jagger (giovane)
   parlottammo per un po’ prima in compagnia di comuni amici poi separati per un paio d’ore: lei a fare non-so-che con non-so-chi da qualche parte io con alcuni miei sodali a bere quattro birre e a scambiare altrettante chiacchiere: poi di nuovo insieme in piazza in sosta al tavolino d’un caffè del centro: lei ordinando un tè freddo io un whisky canadese   
   sedemmo l’uno di fronte l’altra: lei sorrideva carina placida con le labbra rosse in fuori… era lei ad offrire e diede pure – in uno slancio di generosità liberal – degli spiccioli ad una ragazzina rom molto carina che però ci spappolava la pazienza ritornando ogni 5 minuti a richiedere sempre più soldi
   poi io le strinsi la mano le presi la testa e l’accostai alla mia spalla: mi fece fare era tenera supplicante coccole: aveva chiaramente sbagliato portone… le carezzai una guancia e le baciai la bocca provocante ancora senza protesta alcuna
   si distanziò un poco e prese a parlare di non-ricordo-cosa poi mi disse (parlando a intervalli regolari con lunghe pause nel periodare)
“sei un tipo simpatico… con te la gente si rilassa… mi fai star bene”
“sapessi invece quanti problemi ho per la testa che mi girano”
“ma non è vero… sei un tipo positivo tu… mi fai sempre ridere… mi diverto con te” e fu lei a stringermi la mano: io le grattavo il palmo
“sarà… ma in verità mi girano sempre le palle” scantonavo trucemente
   poi tirò fuori un libro di Camus e mi lesse un breve passo su argomento ‘amore’: anche in questo caso ponderai che avesse completamente sbagliato palazzo
“basta con queste sciocchezze” la fermai “perché non mi dai un bacio serio” aggiunsi… lei sorrise ancora non disse di no mi fece segno di avvicinarmi io mi sporsi e iniziai a baciarla: prima leggermente sulle labbra poi con malizia insinuai la lingua… lei sorrise ma aprii la bocca e ci demmo un lungo e maggiorenne bacio carnale di mezzo minuto: un mezzo minuto di ansimi affanni e saliva
   mi distaccai lei sorrideva: non faceva altro dacché c’eravamo seduti
“porca miseria… m’è parso di baciare Mick Jagger” lei scoppiò a ridere
   riprese a parlare leccandosi le labbra forse per provocarmi: in effetti con lei avrei potuto anche per quel giorno soddisfare la mia viscerale voglia quotidiana: a vederla andava proprio bene per quella bisogna
“secondo me tu saresti un pessimo fidanzato” disse sorridendo “magari un ottimo amante… ne ho sentite di storie su di te… ma certamente un pessimo fidanzato”
“perché? cosa ti hanno detto? dimmi-dimmi” sempre troppo linguacciuta la gente
“beh… niente niente… ma so che a te piace la libertà”
“e meno male”
“si… hai ragione… ma tu sei fidanzato”
“non più mia cara: lasciati”
“davvero? e perché?”
“perché amavo la libertà”
“hai visto? tu…? un pessimo fidanzato”
“come vuoi ma adesso io sono libero e qui con te”
“si… ma sappi che da un uomo io pretendo tutte le attenzioni per me sola” ancora una volta percepivo che aveva proprio sbagliato strada quella lì
“come vuoi… ma per oggi baciami e basta” tagliai corto… lei acconsentì: un altro bacio lungo e bagnato
   ci alzammo con due distinte destinazioni: lei a fare spese al centro io verso la stazione per non perdere l’ultimo tram per il mio quartiere  
   quella lì voleva un ragazzo tutto per sé che le dicesse quant’era bella quant’era dolce quant’era simpatica etc. etc. che la mirasse e venerasse tutto il giorno e le facesse regali e non la tradisse mai: beh… non potevo che farle i miei più sinceri auguri di buona fortuna e buona caccia
   proseguimmo a braccetto fino ad un incrocio: lei andava dritta ed io svoltante a sinistra – ci salutammo – poi le dissi
“baciami ancora Mick” sorrise per l’ennesima volta poi mi baciò
   io le leccai le labbra poi la lingua lunga ed esperta… prima di staccarmi strinsi fra le mie il suo polputo labbro inferiore e glielo succhiai
   ci salutammo definitivamente: io girai per la mia strada e lei tirò dritto… certe cose vanno bene anche così… pure se non capita niente
   eppure resto della convinzione che fra noi due accadrà qualcosa un giorno o l’altro… non ho alcuna fretta 

 

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