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Sunday, 08 May 2022 00:00

Quattro passi nella vita

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“Te la senti di fare un giretto?” chiesi al mio amico Roberto. Lui non esitò, neanche un nanosecondo, e lanciandomi uno sguardo dei suoi con le pieghe sulla guancia sinistra, disse sì. Ci incamminammo allora lentamente verso il Parco Sempione. Era sabato, un giorno di primavera particolarmente luminoso a Milano. Eravamo stati a pranzo da un nostro collega. Tra noi gli amichevoli incontri costituivano ormai una regola esistenziale.

“Sai Marco, a volte mi viene da chiedere se quello in cui viviamo è davvero il nostro pianeta” disse Roberto.
“Cioè?”.
Beh, se questo è il mondo degli umani − e per quanto ci è dato sapere dovrebbe esserlo − appare oltremodo difficile, se non impossibile, dare un senso compiuto allo stare insieme delle persone. Insomma, dov’è e come si concretizza il cosiddetto consorzio umano?”.
“Bella domanda. Siamo nati senza chiederlo, così canta Bob Dylan in un brano carico di significato”.
“Di significato tutto da scoprire, però. Che ne dici, Marco?”.
“Può darsi che Dylan voglia richiamare l’attenzione sulla talvolta oscura complessità dell’essenza umana”.
“Ci stiamo incasinando. Abbiamo sbagliato approccio, forse?”.
“Dovremmo soffermare il nostro scambio di vedute su fatti e circostanze più concreti. Solo così queste nostre chiacchiere possono farci rimanere con i piedi per terra”.
Al termine della nostra conversazione uscimmo dal Parco, e decidemmo di riprendere l’argomento il prima possibile. Sia io che Roberto eravamo convinti che il tema, diciamo così, meritava il nostro impegno.
Dopo poco più di una settimana Roberto mi chiamò al telefono, e disse “Vediamoci domenica pomeriggio a casa mia. Mi sono arrivate dall’Oltrepò Pavese certe bottiglie il cui contenuto merita senz’altro il nostro riconoscimento. Le mogli andranno a teatro, credo”.
A casa di Roberto. Lo Chardonnay era un invito alla gioia di vivere. Parlammo col bicchiere tra le mani.
“Allora, vediamo di individuare dove si posiziona il cuore della nostra ricerca. Pur tenendo in considerazione che ci siamo coraggiosamente lanciati su un argomento più grande di noi” disse Roberto.
“D’accordo, ti dico subito che secondo me dovremmo iniziare dal ruolo dell’Ego nello sviluppo della nostra ricerca”.
Ne discutemmo a lungo. Che l’egoismo sia il fattore decisivo nel modo di essere degli umani non ne dubitavamo. Ma c’è anche un risvolto positivo. Il che ci portò a individuare, analizzandoli uno per uno, gli elementi migliorativi dell’evoluzione. E, in conclusione, arrivammo a evidenziare che l’invenzione della scrittura è stata lo straordinario punto d’arrivo dello sviluppo cognitivo grazie al quale è possibile il collegamento tra i componenti dell’intera umanità. Quegli strani segni che costituiscono le lettere dell’alfabeto si traducono in concetti. Un autentico miracolo che ha cambiato la nostra vita dando al genere di cui facciamo parte la facoltà di esprimersi senza limiti. Basti pensare alla filosofia, così come alla letteratura e ai trattati di storia. Insomma, ad ogni forma di comunicazione e di confronto delle idee.
Quando ci rendemmo conto che il nostro scambio di vedute su un argomento di siffatta importanza non poteva, almeno secondo noi, restare incompiuto decidemmo di dare uno sbocco concreto ai risultati che venivano delineandosi. In altri termini, avremmo scritto un trattato su tale materia, ciò che, data la nostra professione di giornalisti, sarebbe stato possibile in tempi ragionevolmente brevi.
“Prima di metterci a scrivere a quattro mani il testo che abbiamo in mente, non è forse il caso di annotare quanto è stato fin qui discusso nei nostri incontri?” dissi a Roberto.
“Certo, e suggerirei di cominciare domenica perché l’argomento è di una tale complessità che richiederà di sicuro non poco tempo per la stesura del libro che abbiamo in mente”.
Nei successivi incontri prendemmo in considerazione le varie circostanze di vita che sarebbero state trattate separatamente capitolo per capitolo. Roberto, avendo divorziato da poco dalla prima moglie, si incaricò di trattare il tema del rapporto di generi, con particolare riferimento alle dolorose conseguenze causate da casi di tradimento.
Quanto a me, scelsi di immergermi nella descrizione e studio del mondo e di chi lo abita, con particolare riferimento alla politica. Il resto ce lo dividemmo in base alla nostra personale sensibilità.
La guerra in Ucraina. Un Paese invasore con uso di missili, droni e altre armi estremamente pericolose un altro che si difende (magari anche con un battaglione di neonazisti), violenti combattimenti in corso. La notizia ci colse nel pieno del nostro lavoro, e ne modificò, o integrò, in qualche modo lo sviluppo. Dopo settimane di impegno nell’approfondire certe conclusioni, come, ad esempio, invadere un Paese, arrivammo a dare per scontato che l’agire umano non di rado si basi sull’esclusivo interesse dei singoli soggetti o di chi li rappresenta. L’Ego, dunque.
Il senso della comunità è tuttora un’ambizione, ma non di tutti gli abitanti del pianeta. Da secoli il mondo è attraversato da guerre fratricide. Ed è un fatto che l’umanità tende a dividersi. La storia di una sua parte non è quella di altre. Un esempio, in Ucraina partecipano alle battaglie numerosi foreign fighters, ciò che ci dà la misura della tremenda involuzione anche nella belligeranza.
La passeggiata nel Parco ci portò, come conclusione, alla consapevolezza che gli umani devono essere considerati il vertice del mondo vivente, e per tale ragione il loro modo di vivere non deve essere accettato superficialmente ma, al contrario, occorre che sia sempre puntualmente e rigorosamente analizzato al fine di individuarne la reale natura. Ciò vale per la vita di tutti i giorni e, con le dovute distinzioni, nel caso di ostilità che portano fatalmente alla guerra.

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