“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 23 May 2013 19:58

Ti piace fare cacca?

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Devo dirlo subito onde evitare inutili fraintendimenti, io sono paranoico.

Ho la continua sensazione di essere preso in giro, di essere sotto esame, di essere abbindolato da chi ne sa di più, … di essere. Sì, sono paranoico di essere! E diciamo anche questo, non è che sia una mia sensazione campata in aria, non è che mi puoi dire: tu sei paranoico! No. Non lo accetto. Cioè, sì. Sono paranoico, ma questo devo definirlo io e non permetto che me lo si spiattelli in faccia da altri. Comunque non v’è dubbio, la gente, non so per quale arcano motivo, mi ha puntato gli occhi addosso. Sento il loro fiato sul collo, quegli occhietti piccoli e cattivi che ti puntano come mirini e se ne stanno su quel promontorio di meschinità, dieci centimetri più su di quelle labbra leggermente incurvate che formano ciò che comunemente viene chiamato ghigno. Poi dicono che sono prevenuto, poi dicono che vado per muovermi e faccio un guaio. E grazie. Ma perché non pensate un po’ ai fattacci vostri?! Ma perché non badate alle vostre meschine vite da impiegatucci frustrati e casalinghe represse (o forse è il contrario, impiegate e casalinghi?)?! Bah, è inutile farsi il sangue amaro. Sono le 10 del mattino ed è giunta l’ora di adempiere alle pulizie intestinali. Ah, che bel momento. A volte mi chiedo se sono il solo a provare piacere per questa pratica, devo chiedere a Melissa quando torna dall’ufficio. A proposito di Melissa, che palle, dopo avrò da lavare i piatti, altrimenti chi la sente stasera. Non pensiamoci per ora, c’è tempo. Adesso è giunto il momento di andare in bagno. Che sacralità: sollevi il coperchio del water, abbassi i calzoni, poi le mutande, dai un’occhiata attenta per controllare che non ci sia qualche strano insetto sulla tazza, poi finalmente ti accomodi ed inizia lo spettacolo. Le viscere emettono un flebile sussurro, qualcosa laggiù comincia a spingere dolcemente, senti quel piccolo orifizio allargarsi lento ed ecco che appare il protagonista. Non puoi vederlo ma la sua presenza si sente, eccome. Cerchi di tenerlo in scena il più possibile, intanto suoni e odori riempiono l’atmosfera. Il buco si allarga, il nostro eroe spinge sempre di più per venire al mondo, vuoi trattenerlo e ci riesci ancora per qualche secondo. Che brividi in quell’istante, il volto si contorce, le mani si afferrano ad ogni maniglia, vera od occasionale, i piedi saltellano sul posto dando origine ad una danza ritmica sincopata che si mescola ai gastrici rumori della scena. L’eroe marrone spinge ancora e questa volta è più deciso, non puoi trattenerlo oltre. È finita. Il suo corpo morbido deflagra nel limbo dello sciacquone che se lo succhia via in pochi secondi. Eeeeh, ebbi una defecazione fantastica nel '96. Bei tempi all’epoca. Riuscii a trattenerla per più di una settimana, precisamente 8 giorni e 4 ore circa. Mi svegliai quel mattino con dei dolorosissimi crampi all’addome. Piegato raggiunsi il bagno e mi accasciai sulla tazza del cesso. Fu un’apoteosi. Una goduria che durò per la bellezza di 47 minuti (cronometrati). Dopo un paio di minuti di preliminari, con rumori intestinali ed espulsioni gassose, iniziò una “fase anale” con i fiocchi. Era una roccia che spingeva per uscire, una massa di proporzioni mostruose. Ricordo che per un attimo ebbi paura, pensai che forse stavolta “la stavo facendo troppo grossa”. Per fortuna la preoccupazione durò poco, giusto qualche secondo di sofferenza prima che la testolina del mostro uscisse, poi fu un piacere incondizionato. Alla fine del parto una lunga scia di sangue accompagnava la discesa del mostro nello sciacquone. Che bei momenti. Non ho più avuto né tempo né coraggio per un’impresa simile. Purtroppo le vicissitudini della vita non ti consentono di procacciarti certi piaceri, almeno non così memorabili. Tutto sommato però, non posso lamentarmi. Anche ai giorni nostri riesco a togliermi belle soddisfazioni. Ovviamente bisogna essere calmi e rilassati, tutto deve essere in perfetto ordine, queste sensazioni paranoiche non aiutano certo il buono svolgimento della performance, comunque ormai è l’ultima valvola di sfogo che mi rimane, l’ultimo piacere intimamente incondizionato. A pensarci bene però, che strano … ma perché ho questa passione? Avrà un significato recondito trattenersi il caccone? Forse è qualcosa da ricercare nell’infanzia, mah … chissà.

 

Alcune ore dopo …

(DLIN DLON)

“Ciao, com’è andata a lavoro oggi?”

“Non me ne parlare, guarda, sono distrutta. Il capo mi ha assegnato anche i moduli del terzo piano, quel pezzo di merda”.

“A proposito di pezzi di merda. Ho una cosa da chiederti da stamattina. A te piace fare cacca?”

“Senti, lascia perdere. Risparmiami le tue domande demenziali. Sono stanca. Hai fatto la cucina?”

“Sì, sì. Tutto a posto. Dai per favore, dimmi la verità. A te piace o no? Cioè, ci hai mai pensato? Ti è indifferente o semplicemente non ci hai mai fatto caso?”

“Uffa, che palle. Non lo so, vabbene? Forse non ci ho mai fatto caso”.

“Mmmm, ok. Anche questa è una risposta indicativa”.

“… Non so, forse può essere piacevole, ma non ci ho mai ragionato”.

“Ah, quindi come sensazione non ti dispiace?”

“Beh, è ovvio. È un sollievo a volte. No?”

“Sì, ma a parte il sollievo. Cioè, a parte il fatto che a volte devi farla perché devi farla, perché altrimenti scoppi, la cacata in sé ti piace? Cioè, la sensazione di sentire l’ano dilatarsi con questo pezzo di stronzo che spinge sulle pareti interne dell’orifizio anale e scivola via, ti piace sì o no?”

“Detta così mi fa vomitare. Avevo appetito ma mi è passato, grazie. Vado a letto”.

“Che palle Melissa, non si può mai fare un discorso con te”.

“Bel discorso, ma che cazzo vuoi stasera?! Ma ti sembra normale? Una torna da lavoro e deve sentire queste cazzate sulla cacca. Mi stai facendo vomitare, vabbene?! Adesso vuoi sapere anche se mi piace vomitare?”.

“Mmmm, sembra che anche questa pratica sia particolarmente apprezzata da taluni, ma a quanto pare qui entriamo nel campo delle perversioni”.

“E la tua cos’è? Non sarà una perversione, ma è una delle tue tante ‘fissazioni’. Tu sei pieno di ‘fissazioni’. Per non parlare della paranoia. Basta, vado in bagno, caco, mi lavo e mi metto a letto. E non ti faccio sapere se mi è piaciuto farlo!

 

Con Melissa è sempre così. Il discorso più innocuo si trasforma sempre in caciara. Vabbè, rimarrà un mio dilemma insondabile. Eppure potrei chiedere al mio caro amico Sigismondo. Quasi, quasi domani lo chiamo. Noooo. Per carità, non facciamo sciocchezze, e se poi è una cosa grave? E se poi quello stupido sparge la voce insinuando magari che tutta questa faccenda significa che mi piace prenderlo nel didietro? E sì, ci mancherebbe solo questo, passare per gay. Oh, aspetta un attimo, sarà mica vero? Non è che questa goduria della defecazione rappresenta un’omosessualità latente? O cazzo. Qui la faccenda si fa seria.

 

“Melissaaaaa. Ti devo chiedere una cosa importante".

“…”

“Piccola, stai facendo cacca? Per favore, pensaci. Ti sta piacendo?"

“Tra due minuti esco e ti do un calcio nelle palle, giuro!!!”.

 

Sì, perfetto così il cambiamento di sesso sarà totale. Porca miseria, questa, stasera, non vuole proprio aiutarmi. Poi dice che uno va in paranoia. Calma, allora riflettiamo. Anche se mi dice che le piace, non è che cambi molto. Lei è donna, potrebbe essere naturale per le donne provare piacere in questo modo. Cazzo, sono gay, sono gay. Calma … aspetta, com’è che disse quella sua amica psicologa? Mmmm, come si chiamava … Greta mi pare. Dunque, si parlava proprio di qualcosa del genere, omosessualità, rapporti anali eccetera eccetera …

 

FLASHBACK

“Nel culo può piacere a tutti, maschi e femmine. Non è da questo che si stabilisce l’orientamento sessuale di un soggetto, ma dall’attrazione genitale. Sei maschio e ti piace il cazzo? Sei frocio. Sei femmina e ti piace la ferita? Sei lesbica.

 

Sì, diceva grosso modo qualcosa del genere, forse in maniera un po’ meno colorita, però il succo era questo. Quindi? Sono salvo? Potrebbe darsi che mi piace nel culo, però questo non fa di me un gay. Non ci capisco molto, sinceramente, ma questa è una cosa che deve essere chiarita. Ho deciso, domani lo chiedo a Sigismondo. Devo però trovare il modo, uno stratagemma. Potrei dire che è una domanda che mi ha posto Melissa. No, meglio di no. Penserebbe che sto con una puttana, e poi Melissa non mi reggerebbe il gioco. Mmmm, qui il problema è grosso.

 

Qualche minuto dopo

“Ho deciso, ti lascio!”.

“Melissa, ma che dici?!”.

“Mi dispiace, ma non possiamo litigare per una cagata. Questa storia non ha più senso. Racconta le tue funzioni sfinteriche a qualche altra malcapitata. Domani fai le valige e vai dove vuoi. Buonanotte”.

 

Ha detto: “malcapitata”. Quindi lei non pensa che sono gay. Questo è già un passo avanti importante. Mmmm, mi è venuta un’idea. Domani chiedo a Sigismondo. Sì, sì, sì … buonissima idea. Gli dico che un collega di Melissa le ha chiesto questa bizzarria della cacca. Tanto ormai mi ha lasciato. Sì, ottima idea. Sigismondo non avrà più modo di domandarle conferma, visto che né io né lui la vedremo più. Ah, a proposito, dovrò anche chiedergli se può ospitarmi per qualche settimana. 

 

Da qualche parte, nel mondo chiamato Scheip

 

Il signor Paranoia continuava a ripetere: “Io guardo oltre, io guardo oltre”.

Il signor Metalinguaggio rispondeva: “Tu guardi sempre e solo me. Sei ossessionato da me. Calmati. Non dico di fare come la signora Ebefrenia, ma nemmeno puoi essere così fissato”.

La signora Ebefrenia si sentì giustamente chiamata in causa: “Che vuol dire ‘non deve fare proprio come me’? Io non sto facendo nulla. Sto solo cercando di interpretare quello che dice il signor Linguaggio”. Il pragmatico signor Linguaggio era stato fin lì paradossalmente zitto, poi finalmente esordì dicendo: “Cari amici, credo di sapere qual è il problema. Il signor Paranoia e la signora Ebefrenia stanno cercando di scoprire la Verità su quanto è accaduto altrove. Io, ad essere sincero, non posso definire una Verità Vera, può farlo solo il signor Metalinguaggio che è sempre presente”. 

La signora Ebefrenia intervenne subito: “Io non riesco mai a capire quello che dice Metalinguaggio”.

Fu in quel momento che un passante, fin dall’inizio presente alla conversazione dei quattro amici, si intromise nel discorso e sentenziò: “Signori, qui bisogna essere logici, non patologici!”.

La signoria Ebefrenia farfugliava: “Io non sono Patologici, come potrei esserlo, sono Ebefrenia, ed essendo Ebefrenia, quindi non Patologici, che bisogno avrei di trasformarmi in Logici?”.

Il signor Paranoia bofonchiava: “Ho capito tutto, questo tizio ha sicuramente saputo dei miei lontani parenti finiti in manicomio”.

Linguaggio e Metalinguaggio chiesero all’unisono: “Chi è lei?

Il passante rispose: “Mi chiamo signor Rossi. Carlo Rossi”.

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