Ma ora che ho perso
ogni lotta possibile
(incluse, mannaggia,
le speranze di saggezza)
e la rabbia è incandescente
ma non scalda,
sto passando da nevrotico,
un poco infreddolito,
centomila giorni
di spazio catatonico.
In questo vuoto così torpido,
in questo nulla così vasto
che sembra quasi il tutto, l’infinito,
potrei scegliere davvero la pace dell’oblio.
Invece m’accanisco, con la collera alla bocca
– e senza più
la minima incertezza –,
a sbatacchiare capocciate
sulle porte dell’inferno:
i disperati
bussano così.
I dubbi, le incertezze?
Timide e infantili
diplomazie dell’ambizione.
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La fucina delle scritture