“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 04 October 2020 00:00

Traccia straccia

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Di lui conservava ancora una conchiglia che le aveva raccolto e donato presso Cramond Island. Era una conchiglia molto bella, malinconica come quel luogo e assai diversa da quelle che si potevano trovare sulle spiagge del loro Paese.

Era piuttosto antica e sfranta, ma nonostante ciò conservava un bordo deciso nella sua consunzione. Il colore era indefinibile: in base alla luce poteva apparire grigio o blu. La forma era quella di una mezza cozza e portava chiazze madreperlacee sul dorso, dove la patina grigio-bluastra era stata corrosa indelebilmente dagli elementi. L'interno era pressoché privo di blu e, verso l’umbone, l’argento si colorava di sfumature dorate o bronzee o arancioni, secondo la volontà dei raggi del sole.
Quella conchiglia era stata una parentesi, poiché lui non ricordava che a malapena quei giorni trascorsi insieme, forse perché non aveva a sua volta ricevuto un oggetto in dono. Lei invece ricordava tutto: la marea inquietante, il mare tetro, l’airone sul ciglio del fiume, il cagnolino che faceva il bagno, la colazione scozzese che li aveva tenuti sazi fino a sera. Nel pomeriggio il calare del sole li aveva contagiati di malinconia. Sedevano su una panchina davanti a esigui resti romani che con la mente li riportavano a casa.
Abitavano in due città diverse, che solo in quel momento parvero loro più lontane che mai. Nei giorni trascorsi insieme avevano scacciato dalle loro menti l’impegno che portava con sé l’idea di continuare a vedersi dopo lo stage, quando entrambi sarebbero tornati a ciò che di bene e di male c’era nella loro vita prima che si conoscessero. Davanti a quelle tristi rovine, seduti al tramonto con la pancia ancora piena di carne di pecora, realizzavano finalmente che in Italia non avrebbero vissuto nello stesso edificio; non avrebbero più lavorato insieme; non avrebbero cucinato, mangiato, riso tutti i giorni nella stessa cucina. Lui mentiva a se stesso, lei stringeva la conchiglia e stavano in silenzio dubbiosi di star pensando entrambi alla stessa cosa.
Da quel giorno le cose non furono più come prima tra loro. Lo stesso disagio che li univa li divideva. A tavola con coinquilini e colleghi sorridevano per finta a battute alle quali non prestavano ascolto. Davanti al lavello non lamentavano più la mole di stoviglie che toccava insaponare, sciacquare e asciugare. Il fatto era che il giorno della partenza si avvicinava. In aeroporto si divisero per prendere ciascuno il suo aereo. Lei quasi sperava in un messaggio che le chiedesse come era andato il viaggio, ma il primo segnale di vita arrivò solo dopo due mesi e non sapeva né di Cramond né di residence sporchi e chiassosi. Fu come essere contattati da un estraneo.

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