“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 29 May 2018 00:00

Razzisti si diventa

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Scrivere di Educare all’odio. L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi significa innanzi tutto parlare di una più che apprezzabile e meritoria scelta editoriale che mette a disposizione del pubblico italiano – studiosi e ricercatori o semplici lettori interessati all’argomento – un volume prezioso, che per la prima volta in Italia traduce e pubblica tre libri illustrati per bambini e ragazzi, stampati in Germania nel 1936, nel ’38 e nel ’40 e destinati ad inculcare nei giovani tedeschi il più becero, esplicito e sguaiato antisemitismo di cui l’apparato propagandistico del nazionalsocialismo fosse capace.

Non si tratta di testi scolastici in adozione negli istituti tedeschi, che seppur ripensati, riscritti o emendati, censurati e controllati dal regime e dal partito a partire dal 1933 – e pertanto imbevuti di razzismo, social-darwinismo ed antisemitismo − non raggiungevano il livello di volgarità ed aggressività verbali ed iconografiche di questi tre libretti, concepiti piuttosto come letture aggiuntive a quelle scolastiche dal loro editore, il potente ed influente Julius Streicher, Gauleiter della Franconia e soprattutto, tra i maggiorenti del partito nazionalsocialista, interprete di un antisemitismo che potremmo definire assoluto, ossessivo e onnipresente. Camicia bruna della primissima ora, ideò e di seguito diresse fino alla fine del nazismo la rivista settimanale Der Stürmer, che con tiratura e diffusione crescenti – alla fine degli anni ’30 arrivava al mezzo milione di copie – veicolava attraverso articoli, disegni, vignette un odio contro gli ebrei così primitivo e bestiale che trovava la sua sintesi espressiva perfetta nello slogan che compariva immancabilmente su ogni numero del settimanale: Gli ebrei sono la nostra disgrazia.
La quantità di odio volgare che gronda dalle pagine di questi libri è tale da lasciare sconcertati – a maggior ragione in considerazione del fatto che essi erano destinati ad un pubblico di giovani o giovanissimi lettori − e da indurre l’editore Cierre di Verona ad esprimere, con una Nota editoriale in apertura del volume, le perplessità che hanno preceduto la scelta di tradurre e dare alle stampe il libro: la ripugnanza per i contenuti è stata superata dalla convinzione che la conservazione della memoria, la testimonianza e la divulgazione della verità storica siano doveri prioritari, non solo culturali e scientifici, ma anche etici.
Il primo libro – Non fidarti di una volpe in una verde radura. Non fidarti di un ebreo quando giura − già dal titolo lascia intendere quale sia il messaggio che si intende comunicare ai giovanissimi destinatari, ovvero i bambini dell’età delle scuole elementari: dell’ebreo, per essenziali caratteristiche razziali scaltro ed impostore, sagace, malizioso e perciò lestofante ed imbroglione, non ci si può fidare. Il libretto consiste in ventuno tavole illustrate accompagnate da testi in versi semplici, elementari, di facile ed immediata comprensione, scritti – particolare völkisch da non trascurare – con grafia tradizionale Sütterlin, che ne accresce il potenziale di strumento educativo propriamente germanico. La frase del titolo ricorre più volte nel testo, quasi a svolgere la funzione di ritornello di una filastrocca da passare a memoria; le storie didascaliche raccontate sono estremamente semplificate e invariabilmente dirette a dimostrare il teorema della connaturata propensione degli ebrei alla truffa. Come nel caso dell’episodio chiamato L’Ebreo resta ebreo, in cui ad essere raggirato è un pastore luterano, che in buona fede si lascia convincere dall’ebreo Itzig e lo fa cristiano, battezzandolo. Ben presto però si renderà conto della propria mal riposta fiducia, quando un venerdì, recatosi a casa di Itzig per verificare che rispetti il divieto di cibarsi di carne, lo trova seduto, grasso e tutto sudato per l’eccessivo cibo ingoiato, davanti ad una tavola abbondantemente imbandita di carne di oca, che però – puntualizza insolente ed irriverente Itzig – non è più un’oca, perché prima di arrostirla l’ha battezzata trasformandola in pesce!
Storie simili a questa si concatenano l’una all’altra e conducono verso l’unico esito possibile: è necessario l’allontanamento degli ebrei dalla comunità, la loro cacciata dalla società, dal Paese, come viene rappresentato nelle ultime due illustrazioni del libro: la penultima ritrae un drappello della Gioventù hitleriana di ragazzini ariani, biondi, belli, sorridenti che gioiosi avanzano, ordinatamente marciando, mentre l’ultima ritrae una colonna di ebrei che, scuri in volto e a capo chino, devono andarsene con pacchi e valige, ma anche coi loro – invariabilmente – ghigni torvi, capelli scuri, nasi enormi, corpi tarchiati e grassi, insomma con l’intera galleria delle caratteristiche imposte dagli stereotipi antisemiti. Come sottolinea nel suo dettagliato ed interessante saggio introduttivo Ivano Palmieri, curatore del volume, nelle illustrazioni del primo libro “si coglie almeno il ricordo della raffinata tradizione dei Kinderbücher tedeschi, con la loro sontuosità illustrativa [...]: colori sgargianti e piatti, contorni netti, tratti sinuosi”; insomma, se non fosse per il contenuto spregevole, si potrebbe dire che si tratta di belle illustrazioni per bambini.
Nel caso del secondo libro della Stürmer Verlag di Norimberga, Il fungo velenoso, cambiano i destinatari, che ora sono i ragazzi dell’età delle scuole medie; diverso è il rapporto tra testo ed illustrazione, in questo caso preponderante, oltre che più complesso ed articolato, è il primo rispetto alla seconda; mutano la tipologia e la tecnica dell’illustrazione, che – spiega Palmieri – riprendono quelle della “scuola della caricatura politica, tesa ad una greve enfatizzazione del concetto, quindi le sue illustrazioni vogliono rendere visivamente l’esatto contenuto del testo scritto e poco altro, in scene comandate dal personaggio dell’ebreo e dalle sue fattezze “brutte” e sordide”.
Il fungo velenoso è il titolo anche del primo dei diciassette capitoletti che compongono il libro, che già esprime l’argomento di fondo di tutto lo scritto: il piccolo Franz apprende induttivamente, raccogliendo i funghi nel bosco ed ascoltando i consigli della mamma che correggono i suoi inevitabili errori, che in natura vi sono il buono e il cattivo, che quest’ultimo spesso si cela dietro sembianze apparentemente innocue, come il velenosissimo fungo amanita, che l’inesperto Franz scambia per un prataiolo commestibile, prima che la madre lo istruisca su quel fungo, spiegandogli che è “doppiamente pericoloso, perché può facilmente cambiare aspetto”. Infine Franz giunge alla conclusione: i funghi velenosi del genere umano sono gli ebrei e un occhio addestrato e attento li può facilmente identificare, distinguere e tenere alla larga.
I capitoletti successivi sviluppano il medesimo argomento, apportando casi ed esempi differenti. Nel secondo, intitolato Come riconoscere l’ebreo, la didascalia dell’illustrazione, che mostra un’aula scolastica e un allievo alla lavagna che spiega e riconosce i tratti somatici tipicamente ebraici, recita: “Il naso ebreo è incurvato all’indietro. Assomiglia al numero 6”. I ragazzi esibiscono un particolare interesse nell’eseguire l’esercizio di riconoscimento dei tratti fisionomici ebraici proposto dall’insegnante, che si rallegra della loro intelligenza, quasi una sorta di istinto-intuito di razza, che, se indirizzato opportunamente dal docente, dall’autorità adulta, cioè fuor di metafora, dal partito e dal regime, si dimostra infallibile nell’individuazione del nemico da evitare.
Il tema ritorna anche nell’episodio dei piccoli Hans ed Else, che, attratti dai dolcetti a loro offerti da un losco ebreo adescatore di bambini, si salvano perché Hans, seppur non del tutto consapevolmente, intuisce il pericolo e trascina via la sorellina. Allo stesso modo la giovane Inge sfugge alle grinfie del medico ebreo, dottor Bernstein, che vorrebbe approfittare di lei. In questo caso è interessante la distinzione generazionale che viene presentata dall’autore tra la madre della ragazza che, non educata al razzismo fin da giovane, cerca di convincere Inge a recarsi dal medico ebreo e la figlia che, affiliata alla Bund der Deutschen Mädel (Lega delle ragazze tedesche) spiega che “Molte donne tedesche si sono affidate a medici ebrei e invece di salute hanno ottenuto malattia e vergogna! La nostra giovane Guida ci ha detto questo, mamma. E ha ragione!”. La gerarchia familiare si capovolge ed è una giovane, educata ai principi del nazionalsocialismo, che ammaestra un’adulta. Che è esattamente lo scopo che, anche con il contributo di questi libri per ragazzi della Stürmer Verlag, intendeva perseguire il regime: plasmare i perfetti nazionalsocialisti delle generazioni successive del Reich millenario.
Tutti i capitoletti del libro si concludono con due strofe che riassumono ed esplicitano l’insegnamento che si deve trarre dalla storia raccontata e che colpiscono per la violenza palese delle parole, indirizzate – non va mai dimenticato – a bambini e ragazzi. Quelle dell’episodio L’incontro di Hans e Else con uno straniero recitano: “Un diavolo si aggira per la nostra terra, − è l’Ebreo, lo conosciamo tutti. – Assassino di popoli, inquinatore di razze – ovunque terrore dei bambini. – Vorrebbe rovinare i nostri giovani, − vorrebbe far scomparire il nostro popolo; − non aver niente a che fare col sudicio Ebreo, − e avrai vita lunga e felice“.
Il terzo libro, Der Pudelmopsdackelpinscher, ha per titolo una parola inesistente, prodotta dall’unione dei nomi di quattro razze canine e in italiano si dovrebbe tradurre Il barboncino-carlino-bassotto-pincher. Il messaggio che immediatamente – come nei due casi precedenti − si evince dall’analisi del titolo è che l’incrocio tra le razze deve essere assolutamente evitato, proibito, perché produce imbastardimento e genera esseri mostruosi. Come spiega Ivano Palmieri, questo dei tre libri è il più diretto ed esplicito per brutalità, volgarità e violenza dei contenuti, essendo indirizzato a lettori più adulti, cioè i ragazzi dell’età dei primi anni delle scuole superiori. Come per Il fungo velenoso, l’autore dei testi è anche in questo caso Ernst Hiemer, mentre “L’apparato iconografico, ridotto al minimo, consiste dei modesti schizzi di Willi Hofmann: tra di essi solo quello di copertina, che ritrae il cane bastardo, è a colori. Sono illustrazioni che non aggiungono nulla al testo scritto, anzi non richiamano nemmeno l’attenzione, perché sono di piccolo formato e inserite nella pagina scritta”.
Der Pudelmopsdackelpinscher risale al 1940, cioè rispetto ai due precedenti, ad un momento in cui quel processo di radicalizzazione cumulativa – per usare l’espressione di Raul Hilberg – che è stato lo sterminio degli ebrei d’Europa ha già compiuto decisivi passi in avanti: la Kristallnacht risale al ’38 ed è in corso la guerra da un anno. Questo può contribuire a spiegare il tono brutalmente perentorio delle considerazioni antisemite del testo e l’esplicito riferimento ad un’idea eliminazionista. Nell’incipit si legge: “Certamente caro lettore, tu imparerai da questo libro molte cose sulla vita del misterioso mondo degli animali. Ma non solo questo! Tu imparerai anche a conoscere certi uomini! Uomini che sono pigri come i fuchi, prepotenti come il cuculo, vili come le iene, furbi come il camaleonte, devastanti come le locuste, succhiatori di sangue come le cimici, sfacciati come i passeri, infami come il barboncino-carlino-bassotto-pincher, falsi come i serpenti, disgustosi come il verme solitario, pericolosi come i bacilli. Questo libro, primo nel suo genere, è dedicato innanzitutto ai giovani. Che ne trarranno piacere, e al tempo stesso insegnamento. Ma anche agli adulti deve raccontare la verità sui nemici del mondo – gli Ebrei!”.
Undici dei successivi dodici capitoli sono dedicati all’illustrazione delle caratteristiche degli animali sopra elencati, che prende spunto dal racconto di una storia semplice di vita quotidiana, come nel capitolo Il serpente velenoso, in cui due ragazze adolescenti, una di città e una di campagna, vedono una vipera che tende un agguato alla sua preda e la ingoia. Segue poi la comparazione tra il comportamento dell’animale pericoloso per gli esseri umani e quello degli ebrei. In questo caso è il fattore, padre di una delle due ragazze, che spiega come stanno le cose: “Ma i serpenti velenosi non appartengono solo al mondo degli animali, bensì anche a quello degli uomini. E i serpenti velenosi-uomini sono gli Ebrei! [...]. Gli Ebrei fanno alla gente quello che fanno i serpenti velenosi”. Ogni capitoletto contiene due illustrazioni, in bianco e nero, che con tratto essenziale e stilizzato raffigurano l’animale, la prima e la tipologia di ebreo che gli corrisponde, la seconda.
L’ultimo capitolo conclude il libro con Un appello alla gioventù del mondo per una comune ed universale lotta contro il male assoluto che infesta il pianeta. Si fa notare, infatti, che nessun vantaggio trarrebbe l’umanità da una lotta contro l’ebraismo che coinvolgesse uno o pochi Paesi o popoli; l’infestazione debellata in un luogo continuerebbe virulenta altrove. Occorre pertanto chiamare a raccolta la gioventù di tutto il mondo affinché combatta per un futuro di libertà e salute.
E rivolgendosi a lettori giovani, l’autore costruisce una sbilenca similitudine che ricorre al paragone con la pratica ginnico-sportiva e coi giochi olimpici. Insomma, come per garantirsi salute del corpo, vigoria e forza fisiche il giovane deve praticare l’attività sportiva, che conosce il suo culmine nel quadriennale svolgimento delle Olimpiadi – come quelle berlinesi di quattro anni prima – che chiamano a raccolta da tutto il mondo gli atleti, giovani esemplari sani e forti di popoli vigorosi, così tutta la gioventù d’Europa e del mondo dovrebbe sentirsi unanimemente coinvolta in una impresa da cui dipende il suo futuro di prosperità. “E finché l’ebreo nemico mortale è all’opera, il mondo non può darsi quiete. Ecco perché chiamiamo a raccolta la gioventù di tutto il mondo! La invitiamo ad una battaglia per la libertà dell’umanità. La scomparsa dell’ebreo parassita di popoli libererà il mondo dalle forme umane di fuchi, locuste, cimici, iene, serpenti velenosi, bacilli e del Pudelmopsdackelpinscher!”.





 

Ivano Palmieri (a cura di)
Educare all’odio. L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi

Cierre edizioni, Verona, 2018
pp. 186

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