“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 22 October 2017 00:00

C'è qualcuno per le scale

Written by 

Ma non può essere lui, pensa Flora. Lo conosce troppo bene. Hanno convissuto per cinque anni. Un susseguirsi di caldi momenti intimi che si alternavano a tormentosi distacchi da far temere il peggio. Ora sono sui trenta, vivono i loro giovani anni in uno stato di cose senza regole, con improvvisi quanto brevi ripensamenti. Una storia con larghe falle.
A Il Gazzettino, dove dirige le pagine culturali, lui, Roby, gode di una tale stima da parte della proprietà che in non poche occasioni crea momenti di potenziali conflitti con i colleghi. La sua lucida maestria giornalistica fa sì che ne esca sempre vincitore. Da tempo coltiva l’idea di creare un giornale tutto suo di portata nazionale, al di fuori degli angusti limiti regionali dove lavora. Deve solo trovare i finanziatori.

I passi sulle scale della casa veneziana a graticcio di stile medievale sono cessati. Quando gli capita di ripercorrere la via di casa, Roby nel salire non usa l’ascensore, che a suo parere altera lo stile dello stabile, sale rumorosamente a piedi, e una volta davanti alla porta dell’appartamento di Flora, si siede sul gradino e coi piedi batte dei piccoli colpi. È il suo modo di presentarsi. Se Flora non risponde, si ferma appoggiato alla porta anche per ore. Poi torna al suo appartamento dalla parte opposta della città, a volte in piena notte.

Se Roby  è fortemente attratto dall’altro genere, Flora non è da meno. La storia dei loro cinque anni è tutta lì. Hanno provato l’impossibile per rimanere legati, ma bastava una minima occasione che l’uno o l’altra si abbandonassero a improvvise distrazioni. Avevano persino pensato di sposarsi. Non c’è stato niente da fare: lei non vuole figli. Roby, invece, amerebbe avere una famiglia numerosa, pur essendo consapevole delle sue debolezze.
La casa di Flora è una donazione dei genitori che hanno preferito lasciarla a lei per non trovarsi prima o poi in situazioni problematiche. All’inizio del loro rapporto Roby si era trasferito da Flora. Del resto, il suo lavoro di giornalista lo teneva frequentemente lontano, ciò che favoriva periodi di tranquillità. Al rientro, gli è più volte capitato di trovare la sua ragazza in compagnia di questo o di quello. Il solito scontro, la temporanea rappacificazione, finché poi capitava che fosse lui a sgarrare.
Questo tipo di vita in comune, anomala quanto basta, aveva tuttavia per tutti e due un certo fascino. Scherzando si consideravano persone dalla vitalità superiore e molto più fantasiosa del grigiore esistenziale che intravedevano in quella di molti altri. Ne erano orgogliosi.
Lui giornalista di una certa fama, lei apprezzata consulente culturale alla Biennale di Venezia. Ce n’era abbastanza per sentirsi al top.

− Sono incinta − dice Flora senza particolare emozione una mattina di agosto. − E voglio abortire al più presto − aggiunge.
Era il terzo anno di convivenza, e i dubbi nella mente di Roby lo tormentavano. Ma per poco, perché nel volgere di una settimana lei si era già liberata di quello che considerava un ingombro.
Poi la loro vita è ripresa con i ritmi e le sorprese di sempre. Roby però non si era allontanato del tutto dai dubbi che sin dal primo momento lo avevano turbato. Tuttavia, non poteva permettersi di distrarsi e per conseguenza offuscare l’interiore rapporto con i suoi interessi culturali. C’era poi la possibilità che in capo a pochi mesi un gruppo di coraggiosi sostenitori gli dessero la possibilità di dare vita a un mensile di alto profilo con sede a Milano, dove avrebbe dovuto trasferirsi.
Per un mese impegnato a programmare tempi e indirizzo culturale del mensile, valutare con i sostenitori spese e possibili utili, Roby ha avuto poche occasioni di tornare a Venezia. Dove Flora non dava alcun segno, né di disagio né di partecipazione emotiva. Il loro modo di essere.
Gli impegni per l’ufficio in Piazza del Duomo, gli accordi con alcuni giovani promettenti giornalisti erano già stati presi. Euforia tra tutti i partecipanti all’impresa.

− Sai, Roby. Non se ne fa più niente − gli dice freddamente un giorno il principale finanziatore. − Mi è stato notificato un avviso di garanzia dalla Procura. Sono indagato di abuso d’ufficio per la mia attività politica... che tu ben conosci. Lavori nei media, o no? − Non dirmi che la cose ti sorprende.
− Oh cazzo! E adesso che faccio? Al Gazzettino avevo detto che me ne sarei andato. Rischio di rimanere senza lavoro.
− Non temere, là ti stimano. Riavrai il tuo posto.
Il rientro a casa di Flora non è stato facile. Guardandosi negli occhi senza parlare sembrano domandarsi se a questo punto conviene riprendere la vita in comune come prima. Stanno centellinando un Martini annacquato. Ciascuno dei due si sforza di leggere nella mente di quella strana persona che gli sta di fronte. I ricordi dei passati cinque anni affiorano. Tornare al vorticoso andazzo nel quale, senza neppure conoscerne le ragioni, sono stati in un certo qual modo avviluppati? Perplessità espresse con sguardi piuttosto che con parole.
− Perché non cominciare a fare sane passeggiate liberatorie? − dice all’improvviso Flora con aria di sfida al loro tumultuoso passato.
− Potrebbe essere un buon inizio per un reset del nostro modo di vivere. Camminare tra la gente aiuta.
− Rivedere le nostre fissazioni e avvicinarci al comune sentire.
− Senza peraltro rinunciare ai nostri sogni.
− Tu in cerca di nuovi finanziatori per un possibile lancio di un mensile culturale tutto tuo, e io dare la scalata a un ruolo di maggior prestigio alla Biennale. Sono in vista iniziative di portata internazionale.
− E poi?
− Domanda sottile, la tua.
− Cioè?
− Non dirmi che non vuoi arrivare al punto topico: sposarci e avere quei figli che tanto desideri.
− Ma devi essere d’accordo anche tu, direi.
− A un patto: quella nostra tendenza alla trasgressione deve appartenere al passato. Altrimenti non potremmo costruire niente di nuovo.
− D’accordo Flora, un felice quanto inaspettato approccio alla normalità non può che farci bene. La nostra presunta superiorità ha ormai fatto il suo tempo. Non è così?
Roby volge lo sguardo verso la finestra e vede la strada diventare prima scura e poi lustra di pioggia.
Flora si toglie le lenti a contatto e inizia a pulirle con voluta lentezza. Lui si aggiusta il nodo della cravatta con apparente noncuranza.

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook