“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 03 October 2017 00:00

Scrittori e società. L'America vissuta e narrata

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Il volume Il paese degli spazi e della polvere. Un viaggio negli U.S.A. con 13 scrittori 1920-2000 (Mimesis edizioni, 2017) di Ruggero D’Alessandro e Luca Saltini prende in esame “scrittori che parlano di società e al contempo vivono in società – e non necessariamente la prima coincidente con la seconda” alla ricerca degli effetti prodotti da tale legame. Nell'occuparsi del rapporto scrittori-società gli autori non intendono andare alla ricerca di rimandi sociali nella scrittura o di coordinate politiche programmatiche degli scrittori.

“Se una cosa le avanguardie letterarie (e non) del ‘900 insegnano è proprio il tenersi alla larga da programmi e ideologie: solo raccontando con sincerità ciò che non è mai stato raccontato o nel modo in cui non lo è mai stato si fa letteratura. Anche questo, in fondo, è politica, nel senso di un discorso sul vivere individuale e comune (pòlis, communitas)”.
D’Alessandro e Saltini si concentrano sulla letteratura statunitense novecentesca a partire dagli anni Venti. “Gli States un tempo li si chiamava America per semplificare e nel contempo evidenziarne stupiti la dimensione del tutto altra rispetto al nostro Paese [...]. Può essere allora interessante scovare alcune tracce sparse di questo mito lontano eppur rinverdito ad ogni nuova uscita cinematografica o musicale, informatica o commerciale. In secondo luogo la densità geografica di un Paese/continente come gli Stati Uniti (già dichiarata programmaticamente dal nome stesso) può essere soppesata e apprezzata dalla provenienza dei propri scrittori, dai paesaggi che evocano, i personaggi che raccontano, gli accenti locali che fanno echeggiare. Steinbeck è inscindibile dalla California, quanto Faulkner e O’Connor rappresentano due delle massime voci del deep South, mentre la New York di Salinger è ben diversa da quella raccontata da Roth od Auster. Quanta società racconta la nostra dozzina di autori, parlando al contempo sempre e diversamente degli Stati Uniti. Inoltre passare dalla scoperta del talento e il coltivare lo stile a temi quali i rapporti letteratura/mercato, interrogarsi sul mutare del ruolo dello scrittore al mutare dei tempi, o la realtà crudele di ben quattro guerre (le due mondiali, Corea e Vietnam), aggiungendo le spedizioni in Irak e Afghanistan, la presenza di truppe e consiglieri militari in numerosi Paesi del Centro e Sud America, tutto ciò costituisce un esercizio di cultura come vita vissuta, quanto mai fruttuoso e complesso proprio in un mondo come quello statunitense”.
Tredici gli scrittori selezionati e affrontati da D’Alessandro e Saltini: Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, William Faulkner, John Steinbeck, John Fante, Flannery O’Connor, Jerome Salinger, Jack Kerouac, Raymond Carver, Philip Roth, Paul Auster, David Foster Wallace e Jonathan Franzen.
Il primo capitolo − Dove vivono autori e personaggi − è dedicato alla produzione narrativa statunitense tra le due guerre mondiali di scrittori come Fitzgerald, Hemingway, Faulkner, Steinbeck e Fante. È l'America modellata, a partire dai primi anni Trenta, dal New Deal di Roosvelt in cui si struttura un’industria culturale di massa con una cinematografia capace non solo di fornire evasione al pubblico ma anche di proporre “nuovi modelli di cittadino” denunciando la disumanizzazione e gli squilibri sociali prodotti dal capitalismo più sfrenato. È il Paese in cui il jazz alza la testa di pari passo all'inizio del sedimentarsi di quella nuova coscienza afroamericana che poi maturerà fino ad esplodere in faccia al Paese qualche decennio più tardi. “In letteratura avvennero impressionanti cambiamenti di paradigma, basti ricordare i romanzi di Steinbeck, culminati nel celeberrimo Furore, ma anche i racconti di John O’Hara, L’urlo e il furore di Faulkner o le opere di Howard Fast, come Il Cittadino Tom Paine e L’ultima frontiera, che mette in discussione il mito della conquista del West”.
La seconda parte del volume − Lo splendore sofferto del vivere − si concentra sulle realizzazioni letterarie degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento di autori come O’Connor, Salinger, Kerouac e Carver. L'America degli anni Cinquanta raccontata dalla pubblicità è un Paese composto da villette ordinate e ben arredate nei quartieri suburbani, elettrodomestici in quantità, automobili in garage e televisori in salotto. “Se questo era il mondo finto dove milioni di persone vivevano davvero − o si sforzavano di vivere − la realtà era molto diversa, ancora più inquieta di come era stata sotto lo scintillio degli anni Venti”. L'America del dopoguerra è alle prese con la minaccia nucleare sovietica e con la paranoia di doversi difendere da un subdolo nemico interno. È l'America attraversata dalla politica liberticida del senatore Joseph McCarthy prima e dall'epopea kennedyana dopo, l'America dei conflitti razziali con i ghetti neri in rivolta, di Martin Luther King, di Malcolm X e delle Black Panthers, delle insorgenze studentesche e operaie, delle controculture, delle lotte contro la guerra del Vietnam e di una musica capace di ritmare tale clima turbolento.
L'ultima sezione del volume − Le strade verso un'altra America − è invece dedicata al periodo compreso tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso e qui vengono indagate le opere di Roth, Auster, Wallace e Franzen. “All’aumento costante del numero di abitanti, ai problemi relativi all’integrazione, al fenomeno dei clandestini [...], si aggiungono difficoltà legate ai profondi cambiamenti industriali, tecnologici, economici e alle conseguenze nell’organizzazione della società [...]. La gioventù cambia profondamente: si muove fra la crisi della tradizione nazionale e le critiche profonde mosse all’American Way of Life, spirito libertario e controcultura negli anni ’70; per poi scivolare nel decennio successivo verso il trionfo del denaro e della morte dell’ideologia, dell’egoismo sociale e della corsa all’arricchimento sfrenato, il culto del corpo e la diffidenza verso culture anticonformiste e critiche dei modelli occidentali. Reagan per due mandati e Bush sr. per uno conducono gli States lungo un’esaltazione della classe ricca e dell’impegno individuale e familiare per conquistare sempre più benessere”. È l'America in cui finirà per trionfare il neoliberismo, l'esaltazione dell'individualismo più sfrenato, l'insofferenza nei confronti di ogni forma di solidarietà. “Non si pensi però che l’orizzonte creativo si riduca in un angolo, silenzioso e quasi offeso con l’andamento della Storia. [...] Lo sviluppo di una coscienza femminile e della questione omosessuale/lesbica, la diffusione di una cultura verde e ambientale, l’immigrazione massiccia da sempre più Paesi e culture lontani, la diffusione dell’alfabetizzazione e l’aumento dei livelli d’istruzione, le culture rap e graffitara provenienti dai ghetti, l’emergere di artisti provenienti letteralmente dalla strada – da Haring a Basquiat – e dei musicisti minimalisti (Glass, Riley, Reich), la fotografia di Mapplethorpe, i poeti e musicisti urbani alla Lou Reed e alla Patti Smith sono solo alcuni esempi di presenze ostinate, critiche dell’andazzo consumistico, egoistico, iperborghese e guerrafondaio dell’America ufficiale. Se si criticano gli eccessi dei romanzieri della corrente minimalista, si ricordi però che nomi come Bret Easton Ellis, Jay McInerney, David Leavitt sono in grado di rappresentare con forza spesso iconoclasta la famiglia e i suoi dolori, il mondo degli affari, della moda e del divertimento come orizzonti di vuoto spersonalizzante e d’idiozia perversa. Si cerca di liquidare un capolavoro come American Psycho spacciandolo quale libro scandaloso e perverso, mentre è ben più difficile contestarlo nella sua verità di specchio oscuro dell’era edonista reaganiana”.
L'America recente è anche popolata da scrittori come Thomas Pynchon, Kurt Vonnegut, Donald Barthelme, John Barth e Richard Brautigan, sebbene lo sperimentalismo tenda spesso a mantenerli all'interno di un circuito quasi esclusivamente occupato dagli addetti ai lavori. Esiste inoltre una variegata letteratura di genere − fantascienza, thriller, mystery... − da cui spiccano scrittori come Ursula Le Guin, Philip Dick, Stephen King, più o meno capaci di coniugare qualità e grandi numeri di lettori. “In ogni caso la forma romanzo persiste ostinatamente, malgrado tutte le ricorrenti dichiarazioni funebri in suo onore, le nuove tecnologie che minacciano la carta stampata, la distrazione crescente per adolescenti e giovani costituita prima dalla TV, poi dai mezzi informatici”. Il viaggio proposto da D'Alessandro e Saltini è davvero un gran bel viaggio negli Stati Uniti così come sono stati vissuti e raccontati da grandi scrittori americani nel corso del Novecento.

 




Ruggero D’Alessandro − Luca Saltini
Il paese degli spazi e della polvere. Un viaggio negli U.S.A. con 13 scrittori 1920-2000

Mimesis edizioni, Milano, 2017
pp. 159

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