“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 07 May 2017 00:00

Le storie dell'orto – La carota

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L’estate era appena iniziata e nell’orto gli odori stavano cambiando. Le piante da fiore e le verdure assecondavano la stagione e le colture si susseguivano secondo le leggi della natura. Mino il contadino si trovava sulla porta di casa, assorto in questi pensieri e nella contemplazione del suo piccolo appezzamento, quando un rumore piuttosto sgradevole lo costrinse a tornare con i piedi per terra. “Zio Mino! Zio Mino! Dove sei? Siamo arrivate!”. Le sue orribili nipoti, le gemelle figlie di sua sorella Amilda erano venute a trascorrere qualche giorno in campagna. E sua figlia Claretta aveva deciso di non farsi trovare, dal momento che non sopportava le cugine. Era andata nella piccola casa al mare con i figli.

“Zio! Zio! Zio!”. Mino non aveva fatto in tempo a rientrare in casa che quelle due gli si erano fiondate addosso abbracciandolo e baciandolo fino quasi a soffocarlo. “Grazie di averci invitate, un po’ di giorni di relax in mezzo alla natura ci faranno bene!”. Mino rispose con i soliti convenevoli: ma è sempre un piacere, venite quando volete, non fatevi problemi. E intanto pensava che quelle due sfacciate non se li erano fatti i problemi e si erano autoinvitate a casa sua con un preavviso di soli tre giorni. Annina, che era una brava donna, aveva detto: “Dài Mino, sarà bello stare un po’ con le tue nipoti. In fin dei conti non le vedi mai”. Ma Mino sapeva che la moglie stava dicendo quelle parole solo per tirarlo su di morale e che nemmeno lei le sopportava.
Si chiamavano Clarissa e Melissa (sua sorella non aveva fantasia per i nomi). Dovevano avere intorno ai trenta anni. Frequentavano l’Università e sostenevano circa un esame l’anno, tanto per giustificare il pagamento delle tasse. Vivevano ancora con la mamma. Ma dal momento che sua sorella se ne era andata in crociera con alcune amiche per una settimana, le due parassite, che evidentemente non avevano voglia di pensare alla cura della casa né al loro sostentamento, avevano pensato bene di scroccare il soggiorno al caro zio. Mino scrollò le spalle. Si disse che era inutile rimuginarci su. Ormai erano lì e bisognava solo aspettare che si stancassero e andassero via.
Nell’orto assolato, intanto, le verdure continuavano a fare la vita di sempre. Erminia la carota si godeva il sole di giugno e intanto pensava a come risolvere il problema della sua chioma. Quel ciuffo verde e un po’ ribelle che aveva sulla testa proprio non le piaceva!
Tutto ad un tratto sentì in lontananza uno starnazzare. “Guarda che bel sole!” – diceva Clarissa – “cerchiamo un posto dove poterci stendere un po’ e abbronzarci!”. “Bel problema” – le rispondeva Melissa – “qui ci sono piante in ogni punto. Dove ci possiamo sdraiare?”. “Togliamo un po’ di queste erbacce e mettiamo qui gli asciugamani”. Erminia vide due esseri, simili nelle fattezze a Mino e a sua moglie, ma molto più brutti e, per di più, con una voce insopportabile. Poi con terrore si accorse che le erbacce che i due mostri volevano togliere altro non erano che rametti di basilico. “Noooo!!! Ferme! Ferme!” – provò a urlare – “quello è basilico, fa parte dell’orto!”. Ma era evidente che i due bipedi non la sentivano e comunque non avrebbero capito quello che stava dicendo. Così Erminia dovette assistere all’estirpazione di Gaetano il basilico che, dopo aver urlato per il dolore mentre veniva strappato, era caduto per terra, traumatizzato da quella violenza improvvisa e gratuita per poter reagire in qualsiasi modo.
Erminia corse incontro a Gaetano per aiutarlo. “Tutto bene Gaetano?”. “Sì sì, però che male! Ma chi sono quelle due e perché mi hanno strappato con questa violenza?”. “Non lo so. Sono arrivate questa mattina e credo che pensassero che tu fossi solo un’erbaccia. Così hanno deciso di fare pulizia del prato”. “Io un’erbaccia?” – Gaetano era offeso – “ma dove vivono queste due?”. “Non credo che potremo dare loro lezioni di botanica” – rispose la carota –  “tanto vale trovarti un’altra sistemazione”. Erminia aiutò Gaetano a spostarsi in un pezzo di terra libero e gli diede una mano a piantarsi nuovamente.
“Hai la crema abbronzante?”, chiese Clarissa a Melissa. “Ne ho poca, non finirmela”, rispose la sorella. “Ma funzionerà?” – aggiunse Clarissa – “in questi pochi giorni voglio prendere una bella tintarella, così quando andremo al mare faremo una bella figura”. “Forse la crema non ti basterà allora” – le disse Melissa – “ti dovresti aiutare con qualcos’altro, tipo un alimento che favorisce l’abbronzatura”. “Intendi le carote? Beh, siamo nel posto giusto!”. Clarissa si alzò di scatto e si diresse con passo svelto verso il campo coltivato a carote.
Erminia, che si stava pettinando nel tentativo di dominare il suo ciuffo verde, si vide arrivare incontro quella spilungona su due piedi con un’espressione avida sulla faccia. “Guarda quante carote ci sono! Ora le prendo tutte e me le sgranocchio sotto al sole!”.
Erminia spalancò la bocca e cercò di urlare, ma per lo spavento la voce non uscì. Non voleva essere mangiata da quella strega e da sua sorella. Stava crescendo per bene nell’orto con l’aspirazione di finire nell’insalata di Mino o in una qualche ricetta di Annina. Insomma, voleva onorare la tavola di chi l’aveva coltivata con tante cure e non voleva certo finire sotto i denti di questo mostro femmina per farle venire un’abbronzatura migliore!
Ebbe bisogno di alcuni secondi per riprendere il controllo di se stessa. Poi capì che doveva dare l’allarme alle altre carote, altrimenti sarebbero state catturate tutte. “Scappiamo, sbrighiamoci! Vogliono mangiarci tutte!”. Le altre carote, che si fidavano di Erminia, cominciarono a scappare senza chiedere troppe spiegazioni. “Dividiamoci così la confonderemo!”, disse Erminia, e cominciò a correre. Con lei c’era Sofia, una carotina ancora piccola. Per lei non era tempo di essere raccolta. “Corri Sofia, seguimi!”, la incitava Erminia. “Ti seguo, ti seguo! Ma perché stiamo scappando?”. Anche se aveva il fiatone perché stava correndo, Erminia rispose alla piccola carota: “Ci sono due umane che vogliono abbronzarsi. Dal momento che tutte noi carote conteniamo una grande quantità di betacarotene, che è una sostanza che favorisce l’abbronzatura e protegge anche la pelle, credo che vogliano mangiarci per avere una tintarella migliore”. Sofia si spaventò talmente che le venne da piangere, ma non aveva il tempo di farlo perché doveva pensare a scappare.
Ad un tratto si fermarono per capire se erano riuscite a mettersi al riparo. Invece videro che il mostro con due piedi aveva catturato alcune carote e adesso si dirigeva proprio verso di loro. La paura aumentò ancora di più quando si accorsero che i mostri erano due. Melissa era corsa in sostegno della sorella, ma soprattutto, voleva qualche carota anche per sé.
“E adesso che facciamo?” – pensò Erminia – “sono troppo vicine, ci prenderanno sicuramente!”. “Ehi Erminia! Da questa parte!”, Gaetano la stava chiamando dalla sua nuova postazione. “Venite qui vicino a me, ho un piano!”. Erminia e Sofia ubbidirono a Gaetano e lo raggiunsero. Le due gemelle si avvicinavano sempre di più. Gaetano, quando le due erano quasi arrivate, fece un paio di capriole e si annodò su se stesso fino a formare una specie di arco. Per prima arrivò Clarissa. Dal momento che non guardava dove metteva i piedi, si andò ad infilare proprio dove Gaetano si era annodato e inciampò rovinando per terra. Sua sorella, che la seguiva a pochissima distanza, inciampò su di lei e ruzzolò un metro più avanti. Le carote che Clarissa teneva in mano si sparsero nel terreno e scapparono ognuna in una direzione diversa. Gaetano, Erminia e Sofia non potevano smettere di ridere. “Ben gli sta” disse Erminia.
Era l’ora di dare l’acqua alle piante. Quando Mino arrivò nell’orto si trovò di fronte ad uno spettacolo troppo comico per i suoi gusti, al punto che non riuscì a trattenere una fragorosa risata.
Le due nipoti erano per terra, tutte sporche, e cercavano di alzarsi, ma continuavano a inciampare nei fili d’erba.
“Ragazze va tutto bene?” – chiese Mino ridendo fino alle lacrime senza riuscire a nascondere una certa soddisfazione – “Serve aiuto? Cosa è successo?”.  Le gemelle si guardarono negli occhi e decisero, senza bisogno di parlarsi, che non era il caso di raccontare la storia allo zio. “Tutto bene zio” – disse Melissa – “è solo che, forse, la campagna non fa per noi”. “A proposito” – Mino colse la palla al balzo – “ha chiamato vostra mamma e ha detto che la crociera è stata annullata. Quindi sta per tornare a casa”.
Melissa e Clarissa esultarono in silenzio. Se la mamma tornava a casa, potevano andarsene anche loro. Ma come lo avrebbero detto allo zio? Si sarebbe forse offeso?
“Zio” – Clarissa prese la parola – “credo che alla mamma non piaccia stare a casa da sola. Quindi, forse, se lei torna, beh... dovremmo andare anche noi a farle compagnia”.
“Oh, ma che peccato!” – disse Mino, che non vedeva l’ora di levarsele di torno – “siete appena arrivate! D’altra parte, lo capisco, non potete lasciare la mamma da sola. Vi accompagno a fare le valigie?”.
In meno di mezzora le gemelle erano pronte per ripartire. “Zio, ci dispiace tanto. Torneremo presto, alla prima occasione!”, dissero all’unisono le nipoti, più finte di una moneta di cioccolato. “Vi aspetto presto”, rispose Mino, altrettanto finto.
Quando la macchina di Clarissa e Melissa fu partita, Mino guardò la moglie e urlò “Siamo liberi!”. Annina rideva. “Andiamo, uomo libero” – lo prese sotto braccio – “è ora di preparare la cena. Ho visto le carote sparse nel campo. Già che le hai raccolte, vuoi che te le cucini?”. “Buone! Perfetto!” – rispose Mino – “Però io non ho raccolto niente”, disse dopo fra sé e sé. Fece spallucce e si diresse verso casa con Annina.

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