“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 02 April 2017 00:00

Le storie dell'orto – Il carciofo

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Era giugno e il primo sole estivo cominciava a farsi sentire. Le verdure nell’orto se ne stavano pigramente sdraiate a godersi qualche momento di ozio quando Rino il peperoncino, al quale non piaceva stare senza far niente, propose una partita a pallone. “Ragazzi mi annoio, giochiamo un po’! I nipotini di Mino non ci sono e noi possiamo usare il loro pallone”. “Ma fa troppo caldo per giocare a quest’ora!”, Nello il cavolo era spossato da quel cambio di temperatura, ma vedendo che la proposta aveva suscitato l’entusiasmo dei suoi compagni decise di unirsi a loro.

Le femmine non avevano alcun interesse per le partite di pallone e così decisero per una formazione ristretta. Nello si offrì per stare in porta – almeno non avrebbe dovuto correre sotto il sole – Rino si mise in attacco e Augusto il carciofo in difesa. Dall’altra parte era schierata la squadra dei peperoni al completo. Aristide il gallo si offrì di arbitrare l’incontro. Rino si era un po’ pentito di aver proposto quel gioco, sapeva che i peperoni erano forti a pallone e, come se non bastasse, erano anche dei gradassi. Quindi non solo avrebbero vinto la partita, ma probabilmente li avrebbero presi in giro per un sacco di tempo. Comunque ormai erano in ballo. Al fischio di Aristide la partita ebbe inizio e, dopo dieci minuti, i peperoni erano già in vantaggio di tre gol. “Ehi carciofo, ma che fai, dormi in piedi? – disse Rino ad Augusto – praticamente stiamo giocando senza difesa!”. “Eddai Rino, è inutile che ti scaldi” – intervenne Nello dalla porta – “stiamo solo giocando per passare il tempo”. “Un corno!” – rispose piccato il peperoncino – “e poi chi li sente quelli là se vincono!”. Poi, rivolto ad Augusto: “E tu che hai da dire a tua discolpa?”. Il carciofo sbuffò e poi rispose: “Non volevo fargli troppo male andandogli addosso e, così, in un paio di occasioni mi sono fatto da parte!”. “Ma guarda tu l’altruismo che brutti scherzi fa!” – esplose Rino – “senti, va bene che è un gioco, ma vediamo di non perdere. E chi se ne frega se devi dargli una bottarella! Adesso giochiamo, ma sul serio!”. Augusto fece spallucce. Il gioco ricominciò.
In men che non si dica i peperoni erano di nuovo nell’area della squadra avversaria. Con un dribbling il peperone verde aggirò Augusto e si avvicinò ancora di più alla porta. A quel punto il carciofo con uno scatto tornò indietro, raggiunse l’avversario e gli si parò di fronte cercando di togliergli la palla. Quello, che proprio non ci stava a essere marcato, continuò la sua corsa imperterrito e andò a sbattere contro il carciofo rovinando a terra con tanto di escoriazioni. “Questo l’abbiamo perso” – disse un peperone giallo – “cambiamolo”. Loro erano ben forniti anche in panchina, sicuramente meglio della squadra di Rino e compagnia che non aveva nemmeno una riserva. Fatto il cambio, il gioco ricominciò come prima. Adesso Augusto era ben deciso a non farli avvicinare alla porta e così cominciò a giocare a centro campo. Uno, due e tre, con altrettante spallate aveva eliminato i suoi avversari che piagnucolanti ed escoriati erano usciti dal campo uno a uno. Il peperone rosso con la fascia di capitano, a quel punto, interruppe la partita. “Con lui non si può giocare” – disse visibilmente alterato – “ha ferito già quattro di noi! È troppo duro e pungente!”. “Forse siete voi che siete troppo delicati” – rispose Rino prendendosi gioco dei peperoni – “basta una spintina e finite subito per terra. Vogliamo chiamare la mamma?”. Nello, che aveva visto un po’ di movimento al centro del campo, li raggiunse. “Ragazzi non litighiamo” – disse – “è un gioco. Ci stiamo solo divertendo un po’”. “Tu ti starai divertendo” – rispose il peperone – “noi ci siamo solo fatti male grazie a quel vostro compagno di squadra. Con i carciofi non si può giocare! Sono troppo duri”. “Va bene” – intervenne Augusto – “me ne vado! Me ne vado! Femminucce che non siete altro!”. Detto questo, girò i tacchi e uscì dal campo. Aristide lo vide andar via senza capire cosa fosse successo. “E che modi! Andarsene così senza nemmeno dare una spiegazione!”, commentò Nello che di natura era un pacifista. “Io proprio non vi capisco a voi che litigate sempre. Possiamo sistemare tutto, basta sapersi spiegare!”. Augusto tornò indietro: “Non ho tempo da perdere a dare spiegazione a queste verdurine rammollite. Se non ci arrivate da soli non sono io che devo spiegarvi le cose”. E se ne andò senza neppure attendere una risposta. “Che caratteraccio!”, commentò Nello. “Se avessi saputo che era così suscettibile non lo avrei invitato a giocare” – aggiunse Rino – “In effetti mi era sembrato un tizio un po’ scorbutico, ma ho voluto dargli una possibilità e ho provato a farci amicizia”. “Ragazzi, ma non fermatevi alle apparenze” – disse Aristide che nel frattempo aveva raggiunto il gruppetto dei litiganti e si era fatto un’idea di cosa fosse successo – “Augusto sembra un tipo duro, ma io sono sicuro che ha un cuore d’oro”. Intanto i peperoni offesi se ne erano andati via in gruppo. “E da dove ti viene tutta questa sicurezza?”, gli chiese Rino. Nello stava in silenzio ad ascoltare. “Beh! Un paio di volte abbiamo chiacchierato. Soffriamo tutti e due di insonnia e ci siamo ritrovati vicino alla mia staccionata a scambiare due parole. È un buon diavolo in fondo. Il problema è che ha la scorza dura, ma sotto quelle foglie così ispide si nasconde un cuore tenero. Io credo che se ne sia andato perché gli è dispiaciuto di aver ferito quei peperoni”. “Bel modo di dimostrarlo!”, commentò Nello. “Fa parte del carattere” – disse Aristide – “che ne dite, lo andiamo a riprendere?”. Rino e Nello non erano molto convinti della spiegazione di Aristide, ma seguirono il loro amico.
Quando tornarono nell’orto videro Augusto che 'armeggiava' intorno a un ravanello. Si avvicinarono e il primo a parlare fu Aristide. “Augusto che stai facendo? Possiamo parlarti un momento?”. “Scusate ragazzi, non ora perché ho da fare” – non era più arrabbiato con loro, ma sembrava molto distratto. Gli girarono intorno e videro che stava cercando di rimettere un ravanello al suo posto dentro la terra. “Ciao, io sono Alberto” – disse il ravanello – “oggi è venuto un signore a trovare Mino e per errore mi ha dato un calcio sradicandomi dalla terra. Ho provato in tutti i modi a ripiantarmi, ma da solo non ci sono riuscito. Poi ho chiesto aiuto, ma nessuno mi ha sentito. Per fortuna passava di qui Augusto”. “Poverino, l’ho trovato che piangeva sconsolato”, disse il carciofo. Aristide guardò i suoi amici e loro capirono. Augusto aveva un cuore tenero, ma non lo faceva vedere a nessuno comportandosi come un duro.
Rino decise di parlare. “Augusto, mi dispiace che la partita sia finita così male oggi. Noi vorremmo che tu giocassi ancora con noi”. “Vorremmo che giocassi sempre con noi”, aggiunse Nello. “Ragazzi, vi ringrazio, ma ho sempre paura di far male a qualcuno con queste mie foglie così dure. Poi mi dispiace e allo stesso tempo mi arrabbio perché non posso giocare come tutti gli altri”. “Una soluzione la troveremo” – disse Aristide, tronfio perché ancora una volta aveva avuto ragione – “basta conoscere il problema”. Rino e Nello applaudirono e dissero all’unisono: “Allora domani giocherai ancora con noi?”. Augusto era commosso, finalmente qualcuno aveva capito come era fatto, qualcuno era riuscito a vedere oltre il suo aspetto. “Vi ringrazio veramente tanto” – disse ai suoi nuovi amici – “ma domani non potrò. Questa sera mi raccoglieranno per cucinarmi. Dovremo solo aspettare un po’ di tempo, finché non sarò cresciuto di nuovo. Poi, vi garantisco che giocherò sempre con voi!”. “Posso venire anche io?”, chiese il ravanello che nel frattempo era stato rimesso a terra da Augusto. “Ma certo!”, risposero tutti in coro.
Alberto ringraziò Augusto, gli disse che poteva chiedergli qualsiasi favore e che non vedeva l’ora di ricambiare la cortesia. Si salutarono tutti, si rinnovarono la promessa di giocare insieme al più presto e di essere sempre amici. Poi Augusto dovette andare via. Era ora di essere raccolto.
Nello, Rino e Aristide si incamminarono ognuno verso il proprio posto. “E poi non vi ho detto una cosa” – esordì Aristide – “Augusto è anche un tipo modesto”. Il cavolo e il peperoncino guardarono il gallo con aria interrogativa. “Lui non lo dice” – continuò – “ma è una verdura molto nobile. Ha molte fibre tra cui una molto speciale: l’inulina, che nutre la flora batterica intestinale. Inoltre contiene calcio, ferro e potassio”. Nessuno commentò quella piccola lezione di Aristide, ma sia Rino che Nello pensarono che non vedevano l’ora che Augusto tornasse per poterlo conoscere meglio.

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