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Saturday, 03 September 2016 00:00

Nel tuo letto, discutendo di Roth

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1.
– Così lo chiamano.
– Chi? Ma prima dimmi, Bruno, che ci fai disteso nel mio letto? Lo sai che in camera mia non devi mai metterci piede. E poi, cosa direbbero i nostri se ci trovassero qui seminudi?
– È quasi l’alba, Mimma. Non ce la facevo più a dormire. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Mi viene quasi da sorridere: Call It Sleep, si chiama così quel romanzo che mi ha tolto il sonno. In America è talmente famoso che per tutti è un acronimo formato dalle prime iniziali del titolo. La critica lo ha subito valutato come un capolavoro. Da noi, come è giusto, l’hanno tradotto in Chiamalo sonno. E anche qui l’entusiasmo non è mancato.
– Dunque, CIS, per gli americani. Ma chi l’ha scritto?

– Henry Roth, uno dei tre grandi scrittori americani di origine ebraica che portano quel nome. È gente che in certi casi ha un quid in più, credimi.
– Di cosa parla? E fatti un po’ in là, dài.
– Dell’emancipazione di un ragazzo di sedici anni come alter ego dell’autore in una città piena degli stimoli eccitanti di New York. Il ragazzo ha una sorella minore più o memo della  tua età. Come fossimo noi due... insomma.
– Cosa vuol dire alter ego? Per essere sincera lo so, ma in questo caso mi piacerebbe che me lo spiegassi meglio tu, riguardo a questa storia.
– Il ragazzo è palesemente lo stesso Henry Roth. Che nel romanzo racconta parte della sua vita. Si confessa. Dice cose...
– Cioè? Io leggo poco, e comunque libri adatti alla mia età. Tu invece la sai lunga. Hai preso da papà, un lettore insaziabile come pochi.
– Ma lo sai, Mimma, che quando un romanzo ti prende, finisce che quasi ti riconosci in un personaggio importante della storia. O così ti sembra.
– Ormai mi hai svegliata. Dimmi di più. Sono curiosa... ma ti vuoi spostare un po’, o no?
– Potresti leggerlo, quel libro. Io ormai l’ho quasi finito.
– Vabbè, ma prima spiegami con le tue parole cosa succede, e perché mai anch’io potrei pensare di essere una dei protagonisti... la sorella del ragazzo, magari.
– Anzitutto ci sono diverse cose da dire su come è nato quel libro, come si è sviluppato, che problemi ha provocato all’autore, dolorosi anche. C’è, per esempio, un personaggio che in una prima stesura l’autore aveva cancellato e poi ripreso nella seconda parte della storia. Ti spiegherò. Parla di se stesso, Roth, e della sorella minore Minnie. Pensa un po’, Mimma, il nome della sorella suona in un certo senso come il tuo. Niente male, direi, per leggerlo con partecipazione.


2.
– Può darsi che deciderò di leggerlo. Ma prima dimmi qualcos’altro che mi possa convincere.
– Mimma, attraverso le fasi di vita del giovane Ira Stigman – questo è il nome del protagonista – Roth non senza sofferenza narra, anzi confessa, la sue pulsioni sessuali e i conseguenti cedimenti nei confronti di Minnie. È lei, sua sorella, il personaggio prima cancellato e poi rimesso in scena dall’autore. Certo, ce n’è voluto di coraggio per Roth nel togliere il velo al lato oscuro della sua gioventù. Ma proprio questo ha reso grande il romanzo, che sebbene frequentato da alcuni nomi non sempre rispondenti a persone realmente esistite è senza dubbio autobiografico.
– Bel tipo questo Roth! E che dire di te, mi sembri piuttosto eccitato... dopo quello che hai letto.
– Beh, eccitato...
– A questo punto sono ansiosa di saperne di più. Va’ avanti, può darsi che mi convincerai a leggerlo... se è quello che vuoi.
– Ti dirò di più di lui, Henry Roth. CSI è la sua opera prima. E in questo non ci sarebbe niente di strano, se l’opera iniziale non si fosse successivamente sviluppata in un imponente ciclo dal titolo Alla mercé di una brutale corrente, trent’anni dopo. E vuoi sapere perché?
– Dimmelo.
– Per la semplice ragione che durante tutto quel tempo di silenzio Roth si era ritirato nel Maine ad allevare anatre.
– Anatre? Davvero strano! Ma che diavolo gli era successo per isolarsi in quel modo, dopo lo straordinario successo del libro?
– Io tornerei ancora sui turbamenti di Ira causati non solo dall’attrazione verso la sorella Minnie ma anche nei confronti della la cugina Stella. Lì c’è il fondamento del suo carattere. E viene da pensare alla specularità con lo scrittore.
– Sarà, ma mi sembri piuttosto preso da quell’aspetto della storia. Bruno, non ti sei per caso accorto che stai per perdere il pigiama?
– Oh. Mi si è sfilato un po’ nel girarmi quando mi hai chiesto di spostarmi.
– Sicuro?
– E perché non dovrebbe essere così?
– In poche parole: cosa succede nel ciclo Alla mercé di una brutale corrente?
– Considera innanzitutto che CSI è stato pubblicato nel 1934. Quel che si dice un romanzo di formazione, nell’universo newyorkese. Storia di una famiglia il cui figlio nato in Europa, che sarà in assoluto il protagonista principale, arriva negli Usa all’età di diciotto mesi. Le varie vicende che costituiscono il corpo della narrazione si  svilupperanno col passar del tempo seguendo l’itinerario esistenziale di Ira per integrarsi nella società assimilando col crescere la cultura del luogo.
– Sì. Ma adesso, Bruno, non parlarmi come un critico letterario. Cerca piuttosto di essere comprensibile, usa il linguaggio di tutti i giorni. E tira su quel pigiama! Quante volte te lo devo dire?
– Pensa, Mimma, che CSI, su pressione dell’ambiente letterario, che ci aveva visto lungo, è stato ristampato nel 1960 o giù di lì con due milioni di copie vendute che definitivamente lo hanno consacrato tra i romanzi in vetta all’Olimpo della letteratura d’arte.
– E cosa è saltato fuori, dopo quel silenzio incredibilmente lungo e inspiegabile?
– Come ti dicevo, quando era alle prese con le sue anatre non ha pubblicato altro, se non qualche racconto su riviste, ma di sicuro nel frattempo scriveva. Come dimostra la quadrilogia che al termine dell’isolamento si è deciso a dare alle stampe.
– Quadrilogia, hai detto?
– Sì, quattro romanzi che costituiscono il ciclo Alla mercé di una brutale corrente.
Brutale corrente! Ma questo scrittore si è mai liberato nella sua vita da ciò che mi viene da definire tormenti o forse depressione? Aspetta, Bruno, fammi prendere nota dei titoli dei quattro romanzi che fanno parte del ciclo. Vedrò di procurarmeli.
– Non è necessario, te li farò avere io i romanzi.
– Mi ci vorrà una vita per leggere tutta l’opera. Ma i quattro successivi romanzi che tema trattano, se si può dire in poche parole?
– Diciamo del distacco di Ira dalla famiglia dopo essere diventato un uomo, seppure sempre in ricerca. Ira esce dagli angusti steccati dove è cresciuto per avviarsi verso il suo personale tragitto. Una sorta di liberazione. Tutti ne abbiamo bisogno... anche noi due, Mimma.
– Noi due viviamo in una famiglia aperta. Papà e mamma non ci tengono prigionieri di alcun pregiudizio o rigidi principi di comportamento che non siano quelli semplicemente normali.
– D’accordo, ma il piacere di una qualche giovanile libera uscita potremmo prendercelo. Non dirmi che non ci hai mai pensato.
– Togli quella mano! Si può sapere cosa vuoi?
– E tu?
– Forse è il caso di aprirci di quel tanto.
– In realtà non c’è nessun male che non abbia qualcosa di buono. È un aforisma di Plinio il Vecchio. Che ne pensi?
– Dimmi tu. Ma non farla lunga. Sento dei rumori in camera loro. Forse si stanno alzando.
– Sarà una buona giornata per tutti noi. Me lo dice il liquido chiarore del sole che si affaccia qui, alla tua finestra.
– Aprila, allora.
– Va bene...  se ci stai.
– Pensavo di essere stata chiara.

 

 

 

 

Henry Roth
Una stella sul parco di Monte Morris. Alla mercé di una brutale corrente vol I
a cura di Stefano Tani
traduzione di Mario Materassi
Milano, Garzanti, 1998
pp. 327

Henry Roth
Una roccia per tuffarsi nell'Hudson. Ala mercé di una brutale corrente vol. II
traduzione di Marco Papi
Milano, Garzanti, 1999
pp. 453

Henry Roth
Legàmi. Alla mercé di una brutale corrente vol III
traduzione di Marco Papi
Milano, Garzanti, 2001
pp. 404

Henry Roth
Requiem per Harlem. Alla mercé di una brutale corrente vol. IV
traduzione di Marco Papi
Milano, Garzanti, 2002
pp. 338

Henry Roth
Chiamalo sonno
traduzione di Mario Materassi
Milano, Garzanti, 2006
pp. 517

Henry Roth
Un tipo americano
a cura di Willing Davidson
traduzione di Laura Noulian
pp. 304

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