“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 31 August 2016 00:00

Il manuale del moderno cantautore

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Primo lavoro lungo per Peppe Marazzita, conosciuto meglio con il solo cognome, Formule è uscito per l’etichetta di Perugia La Fame Dischi nel febbraio di quest’anno. Esattamente dopo tre anni dall’ultimo lavoro, l’extended play Mi gioco i sogni a carte (recensito su Il Pickwick), il cantautore affina la scrittura musicale – a cui si aggiungono arrangiamenti più maturi realizzati con/da validi musicisti – e migliora le capacità vocali, realizzando un prodotto professionale a pieno titolo che lo pone a ragione tra i nomi maggiori del nuova onda di songwriter nazionali.

L’album si apre con la traccia omonima che musicalmente rende più esplicito, rispetto al lavoro suddetto, il tentativo di riallacciarsi a quel mood cantautorale dei tardi anni Settanta italiani (che ha resistito anche per buona parte degli Ottanta), quello stesso approccio alla melodia di certi brani di De Gregori o di Vasco Rossi. Merito soprattutto del piglio vocale, prima indolente poi rockeggiante, e soprattutto del bel piano Rhodes che lo sostiene, rendendo funzionale a tale ricercata ascendenza il lavoro di arrangiamento (mentre la drum machine mantiene il legame con la contemporaneità). Il testo conferma la capacità di una scrittura ironica e a tratti non sense, la stessa che fu di Rino Gaetano (imprescindibile fonte d’ispirazione per buona parte del cantautorame italiano 2.0): “Formule / algoritmi ricorsivi / per i nostri limiti autoimposti”, bel modo di smascherare il facile ricorso agli stereotipi mentali che ci accompagnano nell’etichettamento di persone e situazioni, ma meno male che “io / che non so mai / che ora è / davanti a te / io / che tutto il resto / lo lascio / alla certezza”.
Ma non si è mai certi di nulla, né dei luoghi dove siamo cresciuti né degli altri, mentre ci si accorge di non essere più quelli di una volta. Solo le nostre esperienze immediate e il nostro vissuto quotidiano ci danno la cifra della nostra condizione calata nella cruda realtà, come suggerisce il tiro rock de Le scarpe, dove enigmatiche immagini (“… accanto a me quel pesce rosso / è annegato”) fanno da sfondo ad un deludente rendez-vous con la vita che si riconosce “… dalle scarpe / piene di merda / che ho pestato ieri sera”.
Per il terzo brano in scaletta fanno capolino nuove atmosfere vintage che rimandano al miglior Venditti (ma con la base ritmica franta di oggi) per un ritratto di donna prossima alla rassegnazione della mezza età: il Desktop è la versione attuale della foto incorniciata di ieri, lo schermo che rimanda i nostri ricordi digitalizzati.
Il reggae accelerato è il ritmo dell’Energia cinetica, brano che canta l’atteggiamento dell’autore nei confronti della vita, il suo rifiuto del mito efficientista improntato a uno spleen venato di realismo (“E poi arriva il venerdì / le tue rivoluzioni / solo nel fine settimana / E poi arriva il venerdì / facciamo l’amore / per solo un fine settimana”). Realismo che permea l’indolenza dark di Ivic, sospesa tra sogni di riscatto (“… e non cercare mai rassegnazione”) e volubilità emozionale (“mi coloro le occhiaie di un colore / che poi non mi piace più”).
Ritratto dell’artista da giovane, brano già incluso nel precedente Mi gioco i sogni a carte, acquista in robustezza rock e perde la doppia voce ma la sua presenza sul nuovo disco è segno di come il Nostro si riconosca ancora in questo autoritratto dipinto tre anni fa. Le parole di Joyce – prese in prestito per le sole strofe dal Dedalus – costituiscono ancora un imprescindibile riferimento per chiunque volesse esprimere quel misto di incoscienza e onnipotenza che pervade l’inizio di ogni nuova esperienza fatta in gioventù, di ogni impresa, velleitaria o meno, artistica o meno, che solo a quell’età si può dar inizio.
La ballata wave intitolata Mancanza, con una spartana ed algida elettrica a sostenere un’acustica di marca british primi anni Ottanta, dona il giusto mood malinconico alla fine di una storia, accettata ed urlata senza possibilità di ripensamenti (“La fisica della tua mente / mi fa sentire ignorante / ma è guerra freddissima / è guerra freddissima tra noi”).
L’album si chiude in bellezza con il brano che non ti aspettavi, un jazz in punta di spazzola sostenuto dal pianoforte swing di Nicola Sergio, apprezzato pianista che risiede a Parigi (tra le sue collaborazioni si contano Javier Girotto e Michael Rosen). Le immagini leggere del testo sono segno di un’attitudine ironica ma non banale, consci che Tutto ci scorre addosso e che a volte alle parole è preferibile intonare sillabe senza senso.

 

 

 




Formule

Marazzita
testi e musiche, voce, chitarre acustiche Marazzita
chitarre elettriche, chitarra acustica in Tutto ci scorre addosso, cori in Energia cinetica e Desktop Alessandro Dell’Ammassari
basso Salvatore Marazzita
batteria, percussioni Lorenzo Brilli
pianoforte in Tutto ci scorre addosso Nicola Sergio
piano Rhodes, tastiere in Le scarpe e Desktop, moog in Mancanza, chitarra elettrica finale in L’artista da giovane Daniele Rotella
cori, chitarra elettrica finale in Le scarpe Francesco Federici
registrato da Francesco Federici, Daniele Rotella
presso lo studio Cura Domestica di Perugia
mixing Francesco Federici
mastering Umberto Ugoberti
presso Pitch Audio Research Studio di Perugia
etichetta La Fame Dischi
tracklist 1. Formule  2. Le scarpe  3. Desktop  4. Energia cinetica  5. Ivic  6. L’artista da giovane  7. Mancanza  8. Tutto ci scorre addosso
link videocip ufficiale del singolo Formule

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