“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 05 February 2015 00:00

Les Voyages de Lubylu – Pasquetta in Cambogia (6)

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6° GIORNO 


Poulettone stanotte mi aveva assicurato di aver organizzato il mio trasferimento in aeroporto. Ero, chissà perché, un po’ scettico. Ed invece alle 5:30 l’autista c’era davvero, incredibile, ed era anche già stato pagato. E soprattutto, a differenza di Poul, andava dritto.
Niente Thai, purtroppo, niente Lilla che invoglia; per il viaggio di ritorno volo con Qatar Airways, con scalo di dodici ore a Doha.
Molti anni fa, proprio in Qatar, Roby Facchinetti si incontrò con un gruppo di musicisti. Un secondo dopo erano Pooh. Atterrato a Doha, decido per un giretto della città, seguendo le indicazioni che ieri mi aveva lasciato Monique. Il Museo Islamico, i testi dell’audioguida sono stati scritti da lei, il lungomare ed il Suk, il mercato arabo. La capitale del Quatar è molto grande, ma chissà perché io me l’ero immaginata piccolina, una sputazza. È finita l’era dei saluti e dei sorrisi. Le donne hanno un burka nero, non si vedono neanche gli occhi, e gli uomini so’ tutti Dash, più bianchi non si può. Ma veramente è impressionante come riescano a mantenere i propri abiti così, non un alone, non un cedimento di colore, non un giallino, non uno schizzo d’olio, neanche una macchia di pummarola araba.
Finito il mio tour della città, ho la brillante idea di ritornare a piedi verso l’aeroporto. Nonostante un leggero venticello fa un caldo esagerato, mi so’ fatto la classica sudata saracena. Ma chi m’ha cecato? Menomale che in capa non tengo il kafiyyeh. Ho solo le pigne. In aeroporto trascorro l’intera giornata col mio inseparabile notebook, grazie alla rete wi-fi e alla presa di corrente riesco ad intravedere persino una importantissima vittoria del Napoli. Nei minuti di recupero mentre impazzisco per il collegamento che si blocca ogni sette secondi netti, mi arriva un sms di Poul: “U still in Doha?”.
Anche loro sono atterrati qui. Moniquetta, Paolone ed io di nuovo insieme. Siete arrivati proprio in extra time, mo’ però aspettate il triplice fischio. Tranquilli, lo so che stavate in ansia: uno a zero, gol di Hamsik. Siamo quasi in Champions. Lui è un bambino felice, lei è una ragazza felice. Sono felici per questa settimana che è andata alla grande e per il riposo della prossima.
Poul continua a ripetere "Seven days, bank holidays”. Deve essere un antico adagio bengalese. Un ultimo juice, un ultimo saluto, un caloroso abbraccio e le nostre strade si dividono definitivamente. È quasi l’una, loro sono pronti ad imbarcarsi per Londra, dopo poco io li imito per Roma.
Dormo tanto in aereo, mi sembra un’eternità, quando apro gli occhi siamo già sulla pista. Di Doha, però. Dobbiamo ancora partire. All’alba del primo maggio atterro in Capitale. È un po’ triste tornare in una città dove gli abitanti non si mangiano un sorriso. Primo maggio, su coraggio! Avrei proprio voglia di abbracciare una donna che stira. L’aeroporto è ricoperto di manifesti che celebrano la Beatificazione di Giovanni Paolo II. Il Papa sembra guardare proprio me, lui sì che mi sorride, è felice di rivedermi. La mente torna indietro di sette anni, quando una mattina in Vaticano la Papa-mobile si fermò davanti la mia Micra-mobile. Karol Wojtyla si girò, mi guardò e salutandomi con la mano, mi offrì un semplice meraviglioso sorriso.
Beato Giovanni Paolo II.
E beato un po’ anche me…

 

 

Siem Reap, Cambogia
24 aprile / 1° maggio 2011

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