“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 27 November 2014 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Alessandro Bargellini

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Alessandro Bargellini è nato a Firenze, dove vive e lavora.

Inizia a dipingere ancora adolescente e, in seguito, approfondisce la conoscenza delle tecniche di disegno, pittura e serigrafia frequentando la Scuola d'Arte 'Leonardo' di Prato con i Maestri Resmi Al Kafaji, Guglielmo Malato e Romano Santarini. Espone per la prima volta nel 1998 e da quel momento la sua attività si intensifica con mostre in varie parti d'Italia dove ottiene importanti riconoscimenti. Dal 2011 fa parte del Gruppo KPK (KantierePostKontemporaneo) col quale svolge una costante attività artistica.

Quando ti sei accorto di voler essere un artista?
Ho sempre amato il disegno ed i colori e ho sempre sentito il bisogno di esprimermi in quel modo, sin da piccolissimo. All’età di circa dodici anni ho cominciato a scoprire i grandi maestri: De Chirico, Dalì e tutti i surrealisti ed ho iniziato ad usare i colori a olio. La “materia” dell’impasto, il profumo dell’olio, la possibilità di creare mille mescolanze e sfumature è diventato un attrattore irresistibile. Capii allora che si era aperto un mondo, un mio mondo, che non finirò mai di esplorare.

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Ci sono stati diversi passaggi, poiché ho iniziato dal Surrealismo e quindi dal figurativo. Progressivamente ho interpretato il disegno figurativo, avvicinandomi all’astrazione. Il passaggio più importante è stato quando ho definitivamente abbandonato la cosiddetta figurazione per passare alla pittura astratta e informale. Non è stato facile poiché, oltre all’amore per il disegno classico, dovevo comunicare non più per immagini riconosciute e riconoscibili, ma per mezzo di un nuovo e diverso “codice” che doveva comunque essere tradotto e capito da chi osservava una mia opera. Questo mi ha spinto ad una ricerca non solo artististica, ma anche psicologica e matematica dei “codici” visivi in relazione all’interazione umana.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
Inizialmente soprattutto a De Chirico e Dalì. Poi Burri e l’arte anni '60/'70. Anche se, più che ispirato, ho sempre cercato di imparare da questi grandi maestri, cercando di capire le loro tecniche e i messaggi che venivano trasmessi. L’Arte è un'evoluzione ed è una crescita continua, basata su ciò che è stato realizzato nel tempo. L’artista deve contribuire a portare avanti il “concetto” di Arte per mezzo della sua originalità e della sua personalità.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?
In Italia il mercato dell’Arte lo vedo molto chiuso, impenetrabile e gestito solo dal profitto immediato o dai “soliti nomi”. Nonostante le potenzialità, che al giorno d’oggi sono quasi illimitate, grazie ad Internet e grazie alla digitalizzazione delle informazioni. Il web, e le varie modalità di comunicazione odierne, esaltano la possibilità di far conoscere gli artisti: vecchi e soprattutto nuovi. Occorrerebbe forse un maggiore e migliore utilizzo di queste possibilità da parte dei mercanti; andrebbe a vantaggio sia di questi ultimi che degli artisti.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?
Valutare seriamente la bravura, il talento, le motivazioni e i significati che vengono espressi. E crederci. In pratica: quello che è stato fatto sempre fino agli anni '70 circa.

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?

Moltissime sono le opere di altri che mi hanno colpito. Forse la prima, in maniera significativa, è La libecciata di Giovanni Fattori. Tra le mie opere, quella alla quale sono legato di più è il mio primo Eidolon, il n° 0, e − solitamente − l’ultima fatta.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodo dell'anno?

Ovunque, nei luoghi importanti deputati all’Arte. Siamo cittadini del mondo e l’Arte serve a dialogare col mondo intero. Una mia opera è finita non quando appongo la firma, ma quando viene vista dal pubblico. Solo allora acquista il suo completo motivo di esistere.

Secondo te si può vivere di arte in Italia?

Sì, ma occorre essere apprezzati anche all’estero.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?

Per la mia esperienza: la grande indifferenza del mondo dei mercanti e dei promotori d’Arte. Forse c’è troppa produzione di opere, forse c’è troppa attenzione al profitto immediato.

Cosa potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?

Forse una più sincera valutazione del lavoro dei vari artisti e, soprattutto, una critica obbiettiva e “chiara” relativa al messaggio dell’artista. Il pubblico interessato non sempre può comprendere fino in fondo un certo tipo di arte; in un certo senso va un po' “edotto”.

Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
Un pregio insostituibile quando la critica fa ciò che è deputata a fare: riconoscere, presentare e facilitare la fruizione dell’Arte. Il difetto è quando è “al soldo” delle convenienze del momento.

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Le mie opere e ciò che vogliono significare. Tutte le mie opere adesso si intitolano Eidolon. Eidolon è un’antica parola greca che significa: “immagine”, “specchio”, “anima”, “ombra”, “riflesso del corpo vivo”. Oggi noi diamo significati diversi a queste espressioni; in quel tempo una parola sola rappresentava un concetto unico. Questo mi fa pensare ad una “verità” di fondo, legata alla psiche umana, rappresentabile con un‘immagine: Eidolon appunto.
Eidolon è un’immagine che deve evocare e rappresentare noi stessi (lo spettatore in questo caso) nella nostra verità interiore, nella nostra essenza più vera. Deve rappresentare il nostro specchio interiore, deve catalizzare e far uscire il nostro essere. Deve rappresentare un’immagine nella quale vedere le proprie verità. Perché in fondo esiste una verità per ognuno di noi, ed ognuna è diversa da individuo ad individuo ma − contemporaneamente − tutte le verità sono vere. Eidolon deve in qualche modo evocare la natura, l’uomo e possibilmente racchiudere tutte le verità umane e cosmiche.
Eidolon è anche il tramite, personale, per cercare le mie verità. In generale penso che l’Arte sia anche la rappresentazione del cammino che si deve intraprendere per comprendere le intime verità del mondo che ci circonda e, soprattutto, del nostro essere più profondo, così da arrivare alla propria consapevolezza interiore.

 

 

 

 


ART 3.0 − AutoRiTratti
Alessandro Bargellini
in collaborazione con FiorGen Onlus, Accademia dei Sensi
website www.bargelliniale.com

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