“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 05 November 2014 00:00

La fine di un amore e lo strazio del ritorno

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Quando leggi Domenico Starnone, così bravo a scrivere, ti ricordi la Ferrante ed allora delle due l'una: per non perdere il successo Starnone scrive meglio come Ferrante, oppure la nostra Elena ride di questo scrittore che le assomiglia, anche nei temi: un uomo lascia moglie e figli e si innamora di una ragazza giovane.
L'incipit, che nemmeno Busi li fa così belli: "Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie". Vanda, che è stata lasciata dal marito Aldo che, in giro, non solo ha trovato sesso ma si è innamorato di Lidia: intelligente, colta, ambiziosa.
Vanda si sente una pezza vecchia, c'è quel travaso di bile che vediamo anche nel film Una giornata particolare di Ettore Scola, quando la Loren rivela a Mastroianni che di tutte quelle donne che si è portato a letto il marito, non le importa nulla, ma con "una istruita, una maestra", lei come può competere?
Alla stesso modo in Lacci, non ci possiamo slacciare, perché i nostri figli hanno bisogno dell'aiuto dei genitori. Di tutti e due. Vanda è umiliata tra letti da fare, scarpe da allacciare, colazioni da preparare. Vanda che era così bella agli occhi di Aldo, quando era giovane, ora è appensantita dalle gravidanze ma, soprattutto è quella che tiene i figli: ad Aldo il vederli una volta a settimana, con la presenza di Lidia, che i bambini odiano in modo minaccioso.
Aldo non sembra napoletano: discreto, a testa bassa, in realtà è un vigliacco che sa che prima o poi tornerà da Vanda, continuerà a tradirla (una Vanda, oramai di ottanta anni dice: “Ora che sono vicina agli ottant’anni, posso dire che della mia vita non mi piace niente"). Aldo, invece è un vecchio scribacchino, roso dall'insuccesso, che pensa ancora a Lidia, che immagina sì vecchia, ma sempre curata, truccata alla perfezione. Ma poi l'avrebbe amata Lidia o sarebbe stata una seconda Vanda?
Aldo è affetto da "bovarismo", leggiucchia romanzi d'amore e se ne vergogna, ma non ama nessuno, forse l'amore non esiste, è solo una malattia incurabile, brutta, che dura pure troppo nell'ignavia degli uomini.
Vanda, anche se riprende in casa il marito, sa che lui vivrà coi sensi di colpa: apatico, farà di tutto per riavere la serenità perduta. Vanda fiorisce, lavora, si fa corteggiare; i tratti del disamore in questo breve romanzo sono temporali violenti, nevrosi immedicabili.
Nell'era della tecnologia, l'amore è un vulnus, una situazione da sistemare al più presto. Così difficile che gente dai quaranta agli ottant'anni partecipano a un programma televisivo di successo: Uomini e donne! Infatti.
Questo è un libro bellissimo, il migliore letto nel 2014 per quanto riguarda la narrativa italiana. Questo breve romanzo dove tutto è malattia, isolamento, figli invidiosi, amanti non dimenticati, dove tutto è colloso e al collasso. Economicamente ed esistenzialmente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Domenico Starnone
Lacci
a cura di Lucilia Parisi
Torino, Einaudi, 2014
pp. 133

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