“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 01 October 2014 00:00

Il surrealismo messicano di Frida Kahlo

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“Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev’essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io. Vorrei immaginarla, e immaginare che lei debba essere là fuori e che anche lei stia pensando a me. Beh, spero che, se tu sei lì fuori e dovessi leggere ciò, tu sappia che sì, è vero, sono qui e sono strana proprio come te”


Nonostante la frase, nonostante la sua ammissione di non essere strana, o quanto meno non molto più della media, non si può non riconoscere un carattere di stranezza o unicità nella pittura di Frida Kahlo.

Una singolarità che riflette a pieno la straordinarietà della sua vita, privata e sentimentale.
In tutta onestà, si tratta di una pittrice che ho sempre ammirato e che ha da sempre suscitato in me una certa curiosità. Questa smania di approfondire l’arte di questa artista messicana è stata placata in occasione della mostra che è stata dedicata proprio a Frida Kahlo alle Scuderie del Quirinale di Roma, una delle mostre più interessanti dedicate all’opera di questa pittrice molto controversa.
Ci tenevo molto a vederla e, proprio sullo sgocciolare della scadenza, ho potuto assistere a questo vero e proprio percorso all’interno non solo del mondo pittorico, ma anche privato di Frida: la mostra, notevole per completezza di opere e didascalie esplicative, mai noiose, ma sempre adeguatamente azzeccate, ha rappresentato un vero e proprio cammino storico e umano durante il quale l’evoluzione dei quadri, delle tematiche evolvono con gli stati d’animo e le vicende, talvolta tragiche, della vita della Kahlo.
Un po’ di parte “noiosa” sui cenni storici va fatta, mi scuso coi lettori.
Nasce nel 1907 in Messico da padre di origine europea e madre ispanico-amerindia, Frida era molto attratta dalla medicina tanto da voler intraprendere dapprima gli studi scientifici (passione che le tornerà utile nella minuziosità dei suoi disegni riguardanti il corpo nudo). Due eventi però fondamentali hanno segnato l’avvicinamento di Frida alla pittura e al suo tipo di pittura.
Il primo: il 17 settembre 1925 all'età di diciotto anni, all'uscita di scuola, Frida salì su un autobus con Alejandro Gomez Arias, suo  amore dell’epoca giovanile, per tornare a casa, ma l'autobus finì schiacciato contro un muro. Le conseguenze dell'incidente furono gravissime per Frida: la colonna vertebrale si spezzò in tre punti nella regione lombare, si frantumò il collo del femore, le costole, la gamba sinistra ebbe undici fratture, il piede destro slogato e schiacciato, lussazione alla spalla sinistra e l'osso pelvico spezzato in tre. Inoltre un corrimano dell'autobus le entrò nel fianco e le uscì dalla vagina.
Dimessa dall'ospedale, fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa, col busto ingessato, e fu proprio in quel periodo che Frida trasformò la sua sofferenza in pittura e arte, avvicinandosi anche alla cultura comunista. Diventata l'arte la sua ragione di vita, per contribuire finanziariamente alla sua famiglia, decise di portare i suoi dipinti a Diego Rivera, illustre pittore dell'epoca, per avere una sua critica.
Ed ecco il secondo evento fondamentale: l’incontro con Diego, eterno amore, ma anche croce, del cuore di Frida, come testimoniano molteplici quadri tra i quali Autoritratto come Tehuana / Diego nei miei pensieri / Pensando a Diego realizzato nel 1943.
Rivera rimase assai colpito dallo stile moderno di Frida, tanto che la trasse sotto la propria ala e la inserì nella scena politica e culturale messicana: i due si innamorano e diventeranno marito e moglie, separandosi e ritornano insieme più volte.
Ma non furono le infedeltà di Diego il cruccio più grande di Frida, infedeltà che col tempo lei stessa seppe ricambiare con la stessa moneta, quanto piuttosto, il fatto di non poter avere figli: quando rimase incinta, il suo fisico minato dall’incidente non resse alla gravidanza provocando un aborto spontaneo. Un dolore che si ritrova in quasi tutta la sua opera pittorica.
Il surrealismo in quegli anni era una corrente pittorica ben identificata con le opere di artisti come Dalì, Mirò, Magritte ma Frida era ed è speciale, e non solo perché si tratta di una donna, cosa comunque fuori dagli schemi generali dell’epoca (solo di quella?).
La Kahlo rispetto ad altri non aveva timore di mostrare la propria sofferenza di donna e di essere umano. Non nascondeva le sue turbe psichiche e fisiche dietro figure dagli echi freudiani.
L’arte di Frida Kahlo, per quanto ricca di simbolismi e significati profondi, è un arte netta, precisa, fatta di colori, linee ben definite e immagini inequivocabili. Un’arte “stoica” come forse lo era anche lei: una donna decisa che nonostante le battaglia che la vita le ha messo davanti, l’ha vissuta a pieno, con tutte le gioie e i dolori.
Il legame con la terra natale e l’autobiografia rappresentarono i due elementi base delle sue creazioni, in cui la sofferenza e il dolore convivono con la forza e l’allegria: una tensione fra opposti che lei seppe trasporre dalla vita all’arte.
Quello che mi ha colpito di più, e in questo è anche merito della mostra costruita in modo magistrale, è il coraggio. L’arte è un qualcosa di molto soggettivo: ognuno di noi davanti ad un quadro di un artista reagisce in base alla propria sensibilità, ma ripercorrendo la vita di Frida Kahlo, non si può restare indifferenti alla forza, non solo squisitamente artistica, della pittrice messicana, e come questo coraggio sia stato trasformato in pittura.
Ho sempre ritenuto che l’arte, specie nelle correnti moderne, sia una forma di autoterapia per gli artisti, un modo per esprimere al di fuori dei disagi, paure, gioie, turbamenti che altrimenti resterebbero nell’animo. Ecco: Frida non è una pittrice che dipinge per il proprio ego, per il successo ma per vivere, anzi, sopravvivere alla sua vita.
Quando, poco tempo prima di morire, le venne amputata la gamba destra a causa di una cancrena, nel suo diario scrisse queste parole:

“attendo con gioia la mia dipartita... e spero di non tornare mai più. […]
piedi, a cosa mi servono se ho ali per volare?”

 

 

 

Frida Kahlo
Scuderie del Quirinale
Roma, dal 20 marzo al 31 agosto 2014

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