Pioggia in litri di fesserie sulla disillusione, l'illusione, chi viene a raccontarti cos'hai visto e dopo puoi far pace col mondo oppure disertare la prossima lezione di umanità, di coerenza, di parità, d'amore.
Se devo avere un Dio voglio che mi tenga alla larga dal credere di salvare chichessia, che mi tenga alla larga dal credere.
Pioggia d'aprile uguale a uno scherzo, un raffreddore, il malditesta che non passa se ci si grida addosso, se ci si dà una pacca sulla spalla tentando di starsi bene per forza, star bene a tutti.
Forse mi serve un ombrello come il pensiero che farsi compagnia non sia ogni volta assecondarsi, che si possano conservare comunque i fili di una memoria stracciata, calpestata, presa in giro.
Forse mi serve una pozzanghera che inzaccheri, la fanghiglia intorno ai pantaloni, il terriccio con cui si gioca da piccoli. Quando non stavamo meglio però eravamo meno ingombranti. Più ingordi d'altro, meno fregati dalla materia, dal nozionismo, dall'arroganza, dai progetti. Più presenti a noi stessi, incuranti. Fessi.
Se proprio devo ammettere un Dio lo voglio antropomorfo, menefreghista quanto chi infila pile di lettere in un cassetto accanto una vecchia confezione di gomme, chi salta la pagina col necrologio di quel famoso autore perché tanto muoiono tutti, che vuoi farci, siamo uomini e miseria e niente.
Se devo avere un Dio lo voglio indifferente alla stregua d'un temporale.