“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 15 March 2014 00:00

La cultura come ultima notte che precede le nascite. Gaetano di Vaio allo ZiaLidiaSocialClub

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"La cultura è una notte incerta dove dormono le rivoluzioni di ieri, invisibili, replicate nelle pratiche; ma le lucciole, e qualche volta dei grandi uccelli notturni l'attraversano, comparse e creazioni che tracciano la possibilità di un altro giorno. Questa notte oceanica mi affascina e mi interroga. È l'umanità vissuta dall'uomo ma non conosciuta da lui. Il sogno dove parla senza saperlo".
Apro questo pezzo con le parole di Michel de Certeau, gesuita e storico francese nato a Chambéry agli inizi del '900, appassionato studioso di psicoanalisi, filosofia, scienze sociali; continuerò raccontando di Gaetano Di Vaio "guaglione 'e mmiez' 'a via", nato a Napoli nel 1969, oggi affermato produttore, anche regista, sceneggiatore, attore e scrittore con uno stile e una personalità straordinaria, "dannatamente sincera".

Non a caso ho deciso di accostare queste due vite apparentemente lontane, perché le immagino dialogare sul valore profondo della parola cultura che al giorno d'oggi appare colpevolmente inconsiderato.
Per de Certeau la cultura non è una elegante sala chiusa piena di libri, o un'inafferabile universo di significati, la cultura non è espressa dalle parole che seducono dietro una cattedra, ma la cultura è la notte incerta vissuta da grandi animali notturni in grado di ascoltare i silenzi, recepire i rumori da attraversare e quelli da evitare accorciando le distanze, la cultura è il  sogno dove si parla, ma senza saperlo, ed è l'ultima notte che precede le nascite.
Cos'è per noi la cultura? La cultura sembra sempre più umiliata, a volte insultata, sempre più considerata astratta, lontana, cervellotica o chiacchiericcia. Il nostro sistema continua a tagliare le gambe alla cultura, a legarle le braccia, si ha l'impressione che oggi la cultura sia come un corpo seviziato, gli organi ritenuti ancora funzionali vengono estirpati e venduti al migliore offerente, gli altri si lasciano incancrenire in solitudine. La pelle della cultura è martoriata, resa irriconoscibile, oppure sempre più sottoposta a dosi di botox che ne congelano un'immagine senza espressione, senza storia.
Ma la cultura, e vale la pena ribadirlo, è terreno che conserva al caldo i semi della rivoluzione, è l'unica droga che rende indipendenti. La cultura quando s'intreccia con la strada, quando si umanizza nelle ferite profonde della società riscatta la vita e reinventa il futuro dell'umanità. Si converte in miccia in grado d'infiammare un sistema, sconvolgendo meccanismi, costruendo imprevedibili esiti alle storie e alla storia. La cultura è riscatto ed emancipazione umana, la cultura è il dono migliore che possiamo fare a noi stessi, perché la cultura può ridarci una vita e la può ridare anche agli altri. La cultura è "L'unico modo per uscirtene da certe situazioni", "La cultura fa paura perché emancipa", rimette in gioco, migliora, reinventa e cambia. La cultura come fonte di rinascita non è un concetto espresso da De Certeau o intrappolato tra le pagine di un libro, ma è quanto racconta la vita di Gaetano Di Vaio e quanto Gaetano cerca di trasmettere a chi rimane ancora recluso nelle gabbie mentali e socio-culturali e nelle carceri reali. "Ho cambiato la mia vita quando ho preso un libro in mano... quando il mio cervello si è aperto, quando ho distrutto Scampia, quando ho distrutto la povertà... la mia mente è cambiata e ho cominciato... ad amare la vita" – aggiunge Gaetano – "non si può provare rispetto per gli altri prima di provare rispetto per se stessi". Gaetano è un uomo con uno sguardo fiammeggiante, che in ogni gesto, parola, o scelta esprime l'energia sproporzionata delle strade, la struggente consapevolezza di chi  ha accumulato sotto la pelle eperienze e vissuti che ai più non è dato neanche di immaginare, Gaetano ha quella forza straordinaria di chi è abituato a reggere una perenne trasformazione. Gaetano è sopravvisuto al carcere di Poggioreale, che senza remore definisce "l'Alcatraz napoletano". Certe carceri "con quei colori afflittivi, che affliggono" sono moltiplicatori di criminalità e di criminali ancora più preparati. Quando entri in alcune carceri le guardie penitenziarie, i vari "Gambo, Schwarzenegger, Insulina", la prima cosa che comunicano è "che la camorra sono loro". Poggiorele è una condanna al degrado sociale e umano, alla violenza, a una stentata sopravvivenza "mangiando carne di ottavo taglio". Un'inchiesta sulle amministrazioni economiche carcerarie, denuncia Di Vaio, non è mai stata fatta, eppure è evidente che le tante entrate economiche finiscono solo nelle tasche di qualcuno. Gaetano sembra avere almeno sette vite, è riuscito a sopravvivere prima, durante e dopo il carcere. Prima di entrare in carcere si è salvato grazie alla lucida consapevolezza di un ragazzo in mezzo alla strada che delinque ma sa benissimo che è possibile "continuare a fare guai, ma non si deve entrare nella camorra, perché anche dalla peggiore vita si può uscire, ma dalla camorra non si esce più". Gaetano è sopravvissuto fuori dal carcere, resistendo in un "un mondo in cui viene negato il diritto alla vita e ai valori, ogni valore è sventrato, anche il figlio dell'operaio, o del comunista diventata camorrista o sposa un camorrista". Gaetano, uscito dal carcere, è sopravvissuto al sistema annichilente, di cui ognuno di noi è parte, che con ogni mezzo cancella memoria, radici e storia, e "quando ti cancellano memoria, radici e storia ti cancellano tutto". A vent'anni Gaetano credeva che la sua vita era perduta, a quarantasette anni, invece, ritorna a  sentire che deve fare ancora un sacco di cose.
Informarsi sul percorso folgorante di Gaetano significa capire quanto può essere smisurata la natura umana e debordante la nostra vita se non ci lasciamo intrappolare. Gaetano di Vaio, è stato già nostro ospite a casa di Zia Lidia nel 2010, insieme a Peppe Lanzetta. Erano i tempi di Napoli, Napoli, Napoli di Abel Ferrara ed era solo l’inizio del successo artistico di Gaetano Di Vaio. Nel 2001 inizia recitando nelle compagnia teatrale di Peppe Lanzetta "I ragazzi del Bronx napoletano", che segue fino al 2003. Nel 2004 diviene produttore, fondando l’associazione culturale Figli del Bronx, divenuta in seguito società di produzione cinematografica. Produce il lungometraggio Sotto la stessa luna di Carlo Luglio, che nel 2006 è in concorso al Festival di Locarno e che abbiamo visto accolto con grande entusiasmo a casa di Zia Lidia nel 2007. Successivamente produce Napoli, Napoli, Napoli e nel 2010 produce Il loro Natale, questa volta in cabina di regia. Tra gli altri documentari prodotti ricordiamo Radici di Carlo Luglio, che abbiamo visto l’anno scorso ospiti dell’associazione Pianoterra, Interdizione perpetua e Largo Baracche. Il 2011 è la volta di Là-bas, di Guido Lombardi, con il quale ha anche scritto il soggetto del film che ottiene il Leone del futuro alla 68° Mostra del Cinema di Venezia e altri riconoscimenti internazionali. Alle spalle la storia rocambolesca di un “guaglione 'e mmiez' 'a via” racchiusa nel suo primo libro.
Con Gaetano abbiamo scelto di aprire il mese di marzo, riflettendo sulle carceri e le relative implicazioni e sulla vita. Legalità e giustizia sociale sono i temi sensibili che lo Zia Lidia Social Club ha deciso di affrontare in questo mese, temi attualissimi che rischiano però di soffocare in trattazioni troppo spesso asservite alle forme canoniche dello spettacolo filmico, e perciò banalizzanti. Per questo mese di marzo sono stati scelti film che accolgono il racconto di donne. Il 2 Marzo abbiamo visto il primo lavoro documentaristico di Gaetano Di Vaio, nato da un bisogno reale, da un’urgenza interiore, vissuta in prima persona dal regista: quella di raccontare in modo viscerale la quotidianità delle donne dei detenuti nelle carceri di Napoli, in un momento simbolico come il Natale: storie di difficoltà e solitudini, di eroine fragili che combattono per andare avanti, dovendo sopportare con grande forza d’animo una doppia reclusione, quella dei mariti e quella pagata ingiustamente da loro, solo apparentemente libere. Uno squarcio sincero e autentico, intriso di commozione e rabbia sulla contemporaneità, su di un mondo invisibile, impenetrabile. Tant’è che i cancelli del carcere non vengono mai varcati eppure il nostro sentire di amplia e il nostro sguardo riesce comunque a raggiungere le condizioni del carcere. Per Gaetano il cinema e tutte le forme di cultura devono sempre avere una finalità. Ne Il loro Natale dice Gaetano "mia intenzione è dare uno spaccato di umanità all'interno di un mondo che è totalmente al di fuori delle possibilità, non c'è mai un'intervista al giudice a un asistente sociale, a un poliziotto, ho scelto questo modo di raccontare per far parlare chi davvero vive e subisce le carceri".
Durante la serata è stato presentato anche il  suo libro Non mi avrete mai, scritto insieme a Guido Lombardi ed edito da Einaudi, che racconta la vita del suo alter ego, Salvatore Capone, detto "Stelletella" per una cicatrice al collo che si procurò da bambino bruciandosi con le stelle di Natale. Un segno, forse, una premonizione che marchia la sua vita. Dentro Capone c’è qualcosa che brucia e brilla allo stesso tempo, il talento, che lo conduce a gestire in breve una piazza di spaccio a Piscinola. Un’ascesa criminale che è impossibile arrestare ma che, tappa dopo tappa, è accompagnata da un monito costante: “Int’o Sistema maje”. Fin quando non conosce il padiglione Avellino del carcere di Poggioreale. Ed è lì che Salvatore, così come Gaetano, inizia un percorso tormentato che lo spinge a convogliare il suo talento verso la crescita artistica e culturale. Salvatore-Gaetano ce l’ha fatta. "Stelletella" oggi è una stella che brilla nel mondo del cinema. Gaetano dice di avercela fatta grazie alle poche mele buone incontrate in un sistema marcio, grazie alle sue capacità, a un talento innato e a un po' di fortuna. Capacità, fortuna, mele buone e una marcia in più lo hanno aiutato a salvarsi, ma "Non dovrebbero andare così le cose", insiste Gaetano di Vaio, "la marcia in più serve per creare arte, per creare ingegno, non è che tu e'a tenè 'na marcia in più pe' te salvà... tu te 'a salvà e basta. La marcia in più" – conclude amaramente Gaetano – "dovrebbe servire per rendersi utili all'umanità, non, come purtroppo succede, per non fernì più in galera...".

 

 

Zia Lidia Social Club
XI stagione – Decima serata rassegna cinematografica 2013/2014

Proiezione:

Il loro Natale
di Gaetano Di Vaio

foto della serata Katia Maretto

Avellino, Teatro Carlo Gesualdo – Sala Prove Orchestrali, 2 marzo 2014

 

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