“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Valentina Mariani

Milioni, fantasmi e riflessioni

Non ti pago è l’ultima commedia dell’impareggiabile Eduardo De Filippo ad essere stata diretta e messa in scena dal figlio Luca, prima della sua prematura scomparsa. La compagnia ha deciso di continuare a portarla in giro per l’Italia, per omaggiare così l'artista napoletano e il suo desiderio – nonché il genio di suo padre.

La magia della Fura: elementi, flamenco, passione

L’emozione del Teatro Comunale di Bologna, l’emozione di assistere finalmente ad uno spettacolo de La Fura dels Bauls, l’emozione di ascoltare le musiche di Manuel de Falla – che scrisse questo balletto nel 1915 su richiesta espressa di una tra le più grandi danzatrici di flamenco del tempo, Pastora Imperio – si sono stratificate come i colori sullo sfondo del palcoscenico, a bande orizzontali: rosso sotto, nero al centro (con montagne), carta da zucchero che volge all’alba sopra.

"The Pride", orgoglio senza pregiudizio

Zingaretti si concede la prima regia di una pièce teatrale, The Pride, particolare per la trattazione “bi-temporale”, rilevante per il tema. Il plot si articola su due piani, uno contemporaneo, l’altro sito a metà del secolo scorso; entrambe le storie si svolgono a Londra e in entrambe i protagonisti sono tre: due uomini, una donna, ed hanno in entrambe gli stessi nomi.
La distanza cronologica e il differente periodo storico e culturale non sono gli unici elementi che sembrano porre agli antipodi le due storie: i rapporti dati, di partenza, e le modalità di vita scelte, professate e praticate sono molto diversi. Eppure, qualcosa unisce profondamente le due storie: l’omosessualità dei due protagonisti maschili.

“Io, Daniel Blake”: la terrena poesia di Ken Loach

Io, Daniel Blake, di Ken Loach, è il film vincitore dell’ultima edizione, la 69sima, del Festival del Cinema di Cannes. Seconda Palma d’oro per il regista inglese, dopo quella vinta dieci anni prima con Il vento che accarezza l’erba. Questo premio arriva nell’anno dell’ottantesimo compleanno di Loach, uomo proveniente dalla classe operaia che ha sempre usato il cinema per descrivere le difficoltà, le lotte, le ambizioni di giustizia ed eguaglianza dei “proletari”. Il suo cinema è sociale e politico, il suo impegno non ha mai visto esitazioni né corruzioni.

La scaltra fine del mondo di Xavier Dolan

Ha un bel talento, Xavier Dolan, il regista canadese ventisettenne che si è rivelato al grande pubblico cinematografico con il lungometraggio Mommy, del 2014, e che è stato insignito del Premio della Giuria a Cannes.
Ha vinto di nuovo il Premio della Giuria a Cannes, questa volta con il film, una produzione franco-canadese, dove gli attori sono guarda caso tutti d’Oltralpe, e quasi tutti ben noti: Vincent Cassel, Marion Cotillard, Léa Seydoux, Nathalie Baye e il protagonista, Gaspard Uillel.
Giovane e ardimentoso, manieristico e sfidante, furbo e talentuoso, in una parola: dandy, in senso contemporaneo, quindi meno estetizzante, ma anche meno realmente intellettuale, più effimero, insomma.

Loguercio: un ponte per l'Appennino meridionale

Il lunghissimo titolo del concerto spettacolo di Canio Loguercio, Studio per la messinscena di uno smarrimento fra l’Appennino lucano e una canzone d’Ammore, contiene già gli elementi necessari e sufficienti per comprenderlo e parlarne. L’esibizione è una sorta di rappresentazione a più voci e di più mestieri, tratteggiata ma intrigante.

Von Hausswolff e Swans: la Vichinga e il Sacerdote

La gotica vichinga bionda, la svedese Anna von Hausswolff, e il lugubre sacerdote californiano, Michael Gira, anima (persa e irrecuperabile) degli Swans, si avvicendano sul palco del restaurato Teatro Manzoni di Bologna, che offre adesso un’acustica di tutto rispetto, anzi proprio notevole. Di questo traggono vantaggio gli Swans (ci sguazzano, più precisamente), con dei volumi estremi dei loro pienissimi suoni che rasentano la distruzione neuro-cerebrale, quella timpanica e quella emotiva.

The Cure: Just Like Heaven

Conoscere un gruppo a memoria – non solo le canzoni, ma proprio i musicisti, le loro movenze e le caratteristiche, le biografie e l’estetica – ed aver visto il gruppo esibirsi cinque volte, potrebbe comportare, all’ennesima performance, stanchezza, noia, paragone con i fasti del passato, tendenza a guardare di continuo l’orologio e a fare countdown. Invece ai concerti de The Cure ciò non avviene, e questo nonostante l’ancora lunghissima permanenza della band sul palco (2 ore e 50 minuti, anche meno di altre volte, in cui avevano sforato le tre ore), e i quarant’anni di attività giusto quest’anno.

"Indivisibili": magia di periferia

Non è mia abitudine recarmi al cinema avendo già letto le sinossi, mi faccio di solito attrarre dal nome del(la) regista, e/o dal titolo, e/o dalla locandina. Chiamo questa “suggestione cinematografica”. Invece l’altro giorno non c’era nulla di tutto questo che attirasse la mia attenzione e ho dovuto leggiucchiare un minimo i contenuti di qualche film, perché avevo una voglia matta di andare al cinema dopo i mesi estivi.
La scelta è alla fine ricaduta su Indivisibili, film presentato quest’anno alle Giornate degli Autori alla 73ª Mostra del Cinema di Venezia.

L'intenso viaggio in solitaria di Cat Power

È una serata piovosa, umida, fredda. Sembra un’altra stagione rispetto al giorno prima.
È una Cesena vuota, scura, silenziosa. Sembra un’altra città rispetto a quella accogliente che avevo trovato in primavera.

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il Pickwick

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