L'innamoramento presentato è mediato dalla tecnologia (chat, sms), da una tecnologia che digita il desiderio e funge da amplificatore del sogno, stana e solleva questa emozione suprema da un angusto spazio interiore limitato da insicurezze date dall'età e da limitanti schemi sociali e dalla progressiva scoperta di una sessualità non canonica.
La virtualità è come una fisarmonica emotiva e temporale, che restringe e dilata parole e sensazioni, alienandole talvolta dal vero e dal vissuto, portandole talaltra in una sorta di iper-uranio supremo dove il sogno e il desiderio sembrano fondersi con la realtà.
E in questo spazio molteplice e sospeso, reso possibile anche e proprio dalle "proiezioni tecnologiche", si intrecciano i fili del dramma possibile, della difficoltà di vedersi e toccarsi, a causa di muri fisici e immateriali, di scudi culturali e psicologici proiettati su uno schermo. Auto-elogi di fughe, rimbalzi, rimandi, provocazioni, prima che si compia l'incontro della carne. Che poi, finalmente, dopo un anno, si realizza e squarcia il velo del non luogo sospeso dell'incertezza adolescenziale e dell'insicurezza della neonata, potente figura tridimensionale della "donna-nella-donna" che conduce inesorabilmente a incomprensione, paura, dolore e incapacità rivendicativa di un sereno vissuto d'amore. L'incontro, il farsi carne e anima dei corpi infine insieme apre una porta, che mentre prima del vedersi è stata simbolo duale potente di magica possibilità e al contempo distanza e diniego nel dialogo tra le due protagoniste, si affaccia ora su un abisso. Senza scampo. Ciò a causa della giovanile, assoluta intensità che caratterizza questo sentimento e lo porta fuori controllo, ed all'opposizione e odio che dall'esterno si rivolgono all'omo-amore e che si tramutano in drammatico epilogo conducendolo alla morte, come anticipano su una sorta di efficacissimo "schermo parallelo" le immagini delle torture e uccisioni di persone omosessuali nel mondo.
Molti piani si incrociano dunque in questa opera, tenuti insieme dagli strati di note e voce moderni di un rap che è anche melodia e spessore emotivo.
Piani disadattati alla felicità, impossibilitati per motivi tangibili ed oscuri, reali ed interiori, a coniugarsi, in un trait d'union intonato tra il remoto ma sempre attuale passato shakespeariano ed il nuovo, diversificato, talora immateriale, presente. È un trait d'union – anche qui drammatico, come nell'opera shakespeariana – tra amori diversi, vuoi per casta o schieramenti politici, vuoi per età, vuoi per sesso – con le donne finalmente ad avere un loro precipuo ed autonomo spazio storico e sentimentale – vuoi per orientamento di genere. Quest'ultima è una tematica di stringente attualità alla cui visibilità e dignità dover dare supporto morale e civile, come lo spettacolo fa, dichiarando tra i suoi intenti la lotta all'omofobia.
La trasversalità e l'universalità dell'amore mi sembrano il nucleo etico ed il messaggio culturale e politico più elevati e belli dell'opera.
Complimenti vivi, perciò, alla regista per questa complessa e convincente elaborazione di ampio respiro, valore e toccante idealità, ed a tutte le artiste per averla così bene incarnata e rappresentata.
Romeo è Giulietta
progetto e regia Yvonne Capece
con Giulia Bongi, Angela Fauzzi
audio Patrizia Mazzina
video Federica Ruozi
freestyle Mc Nill
produzione (S)Blocco5
lingua italiano
durata 1h 20'
Bologna, Spazio Teatrale (S)Blocco5, 5 marzo 2016
in scena dal 4 al 6 e dall'11 al 13 marzo 2016