Alle sei della sera non la sopporterò più e, me ne andrò a fare un giro. Non aiuterà, a risolvere i problemi, porterà solo la quiete effimera della lontananza dal suo molesto frinire; però, che altro fare? Contro le convinzioni refrattarie a qualsiasi mutamento, inutile il silenzio (varrà un sottrarsi al confronto); inutile il confronto (inasprirà il livore); inutile lo stesso livore (ammetterà l’accusa, volendo rigettarla). Ma dove andrò? Non avrò conoscenti, né amici, né parenti, in questo pugno di case e risaie serrato tra ganasce d’autostrade; non frequenterò i bar per sacrale rispetto del vino; neppure il parroco troverà il tempo per una parola, se non di circostanza, e dio lo potrò trovare ovunque. Non chiederò il banale Segno dei muri d’una chiesa, o d’un convento, a questa generazione. Mi incamminerò, allora, per la solita strada, conosciuta a memoria, e noterò un viottolo a cui non sarò mai stato attento. Lo imboccherò, disperatamente curioso, fin dove si ridurrà ad una capezzana: un semplice terrapieno erboso, digradante a destra e mancina verso i canali irrigui, oltre le due file parallele di terra, denudata dalle ruote dei trattori. Avrò la gratuita speranza che conduca a nuovi cieli e terre; alle Indie; ad Antilla. Proseguirò fin quando l’uomo ancestrale emergerà, nella paura di non poter tornare indietro. Sarà vicino il tramonto. Mi chiederò se ritroverò la strada, nel buio immune della notte. E mentre esiterò, scorgerò, da lontano, venirmi incontro un vecchio; e un cane. Dunque vi sarà qualche luogo abitato all’altro capo della via, penserò, e, rinfrancato, riprenderò a spingermi avanti, finché le tracce dei trattori spariranno; l’erba sarà alta; il sentiero comincerà a farsi sinuoso, assecondando una profonda roggia. E giungerò, infine, al termine; ma non ci saranno Indie, non ci sarà Antilla: solo un tumultuoso, invalicabile fontanile. Così mi guarderò intorno, e scorgerò la casa di Rachele, vicina ma non raggiungibile, proibita da quella risorgiva ribollente. È la mia storia. Mi detergerò il sudore; rifarò a ritroso il cammino. La casa di Rachele mi aspetterà, attendendo d’irridere la mia ennesima sconfitta col molesto frinire della sua padrona, che si sarà mutato in un dolente sguardo, gravido di rimproveri. Soltanto i tigli mi avranno concesso il loro profumo, sulla via del ritorno, in questa tarda primavera, taccagna di fiori.