“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Marco Caneschi

Murakami: le latitudini letterarie del pianeta che si avvicinano

Con il 2015, vi ho tormentato con ruggini, strade, fiumi dannati e mostri onanisti. Insomma, il mondo letterario nord-americano. Concludendo, alla fine del mio viaggetto, che gli Stati Uniti, criticabili per tanti aspetti, vantano scrittori-anticorpi che il peggio te lo sbattono in faccia senza remore. Alcuni si spingono molto in là, superano la diagnosi e offrono strumenti di auto-terapia.

Stati Uniti e letteratura: gli scrittori-anticorpi

Così, siamo arrivati alla fine di questo viaggio nella letteratura americana. O meglio: voi continuate a viaggiare come e quando volete. Diciamo che per Il Pickwick quest’anno mi ero ripromesso di capire qualcosa di più sul mondo letterario degli Stati Uniti. Prima mi sono buttato sui saggi di David Foster Wallace, poi è venuta la volta di quel mostro al fulmicotone che è Infinite Jest, quindi Suttree di Cormac McCarthy e un girone dannato targato Tennessee.
Non so se gli Stati Uniti si trasformeranno nell’Onan prefigurato da Wallace oppure riscopriranno le loro radici fluviali. Insomma, la nuova frontiera è tutta da prefigurare. Resta il fatto che se le premesse sono il deserto di ruggine che descrive questo libro di esordio di Philipp Meyer, è molto probabile che stiano mettendo i tasselli giusti per arrivare non tanto all’Onan quanto a La strada. Sempre per restare a McCarthy. O a quello e quell’altra.

Il Tennessee di Suttree: antologia dell’inferno in terra

I fiumi. Quanta letteratura è sorta intorno a essi. E prima ancora mitologia, religione. Civiltà. Ur dei Caldei, il Nilo. Dal Manzanarre al Reno, scrisse un romanziere. E un poeta, secoli prima, intra Tevere et Arno. Se vogliamo vedere i fiumi come viscere di afflizione non abbiamo che l’imbarazzo della scelta: i viaggi infernali, che siano greci o virgiliani o danteschi si articolano o originano da corsi d’acqua. Credo poi sia inutile insistere sul Giordano, dove venne battezzato il Nazareno, semmai ricordare che di fiumi sono tempestate le leggende scaldiche o precolombiane perché dobbiamo finirla di pensare che abbiamo inventato tutto dalle nostre parti.

La nascita di una religione

La tensione verso il racconto personale e collettivo, lo sguardo rivolto all’esperienza umana, la capacità di creare storie capaci di riflettere la vita reale, sono centrali nella produzione di Emmanuel Carrère. Ora è toccato a questo viaggio nei sentieri del Nuovo Testamento. A Carrère oggi il Cristianesimo interessa più come racconto che come dottrina. Alla religione si è accostato in modo fervente e dogmatico in un particolare momento della sua vita. Arrivato all’età di trent'anni totalmente immerso nel solo regno dell’intelletto, Carrère ha infatti scoperto l’esistenza di un’altra dimensione spirituale e in essa ha trovato la via d’uscita da un dolore interiore che lo aveva privato, in successione, della voglia di scrivere, di amare, infine di vivere. Carrère era diventato un trentenne intollerabile anche a se stesso, così ha iniziato a leggere il Vangelo secondo Giovanni commentandolo. Per tre anni è stato un cristiano praticante. Ma i commenti al Vangelo, accantonati per decenni, gli sono stati molto utili durante la stesura di questo libro.

Napoli, anni Trenta: tempo di falene notturne

Mi è capitato di recente di scoprire un nuovo ispettore, Gerri Esposito, al suo esordio grazie a Giorgia Lepore e a Edizioni E/O (I figli sono pezzi di cuore, 2015). Allora mi sono domandato che cosa dobbiamo ancora scoprire di così torbido. Certo, viviamo in un paese che non è un modello di trasparenza e mai lo è stato. Ma se invece, più che casi eclatanti da cronaca nera, la questione da indagare fosse il nostro lato oscuro o un certo passato che ci appesantisce lesistenza?

L'infinito libro-mondo di David Foster Wallace

Sono un lettore, non un critico e questo è un libro sul quale è stato scritto tantissimo. Rispetto a tale produzione interpretativa e agiografica mi pongo con umiltà per cui: cosa poteva restare da dire? Ho optato per una breve guida, un Bignami − e anche di questi ne esistono esemplari, specie sul web. Nulla di originale, insomma, e i cultori di David Foster Wallace possono pure maledirmi.

Di un libro che parte bene per deludere alla fine

Non è che voglia proporre questa cosa letterariamente lontana, senza essere un classico, per sfizio. È che Igiene dell’assassino, libro d’esordio di una scrittrice molto venerata, Amélie Nothomb, è per me un ottimo esempio di ciò che parte bene per deludere alla fine. Vi sarà capitato con qualche libro, no? Quindi, un paio di ragionamenti li possiamo tirare fuori.

Letteratura come gioco, magia, realismo al contrario

La marcia di avvicinamento a Infinite Jest mi ha portato dentro le riflessioni e la vita di David Foster Wallace. Devo dire che se i precedenti saggi hanno permesso di prendere confidenza, si fa per dire, con il suo pensiero, Un antidoto contro la solitudine avvicina al cuore del declino umano. E tenendomi, appunto, sul piano umano e volendo essere onesto, devo riconoscere che per questo tizio non è che scatti esattamente un’empatia: innanzitutto perché comprendere a pieno DFW è impresa ardua. Doveva essere uno difficile, di quelli che mascherano a fatica la sofferenza e con un umore ad andamento… diciamo sinusoidale.

DFW: Un elemento in potenza integrale, non integralista

Ho deciso che il passaggio a Infinite Jest debba essere scandito da una lenta marcia di avvicinamento. Non un blitzkrieg, che rischierei di impantanarmi come i nazisti alle porte del cuore sovietico. Quel romanzo è lì, nella libreria di sala, mi aspetta come il generale inverno tendeva agguati alle armate di Von Paulus.

Per arrivare ai Vangeli la strada è tortuosa

Come si può contraddire una pensatrice del calibro di Simone Weil? Poniamoci innanzitutto la domanda, quando leggiamo un saggio: chi siamo noi per non essere d’accordo? Possiamo rilevare punti critici, ma a tentoni, sulla scorta di percezioni derivanti da una cultura liceal-universitaria rafforzata da approfondimenti per diletto. Insomma, papale papale: come competere con una che su certe cose ci ha speso una vita?

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il Pickwick

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