“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sara Scamardella

Ogni bimbo è come Alice

Roberta ha voluto indossare le sue scarpe più belle per lo spettacolo. Ha cinque anni e appena ha messo piede, per la prima volta in vita sua, all’Orto Botanico ha esclamato: “Sembra un posto incantato!”. Lo era davvero. Il sole caldo di sabato mattina faceva brillare tutto, le foglie sui rami, l’acqua che saltellava allegramente dalla fontanina, i fiori nel prato e i capelli di tutti i bambini. Erano davvero in tanti, tutti impazienti di vedere Alice e di entrare con lei nel paese delle meraviglie.

Enigmatici amori nel deserto

Kan Ya Ma Kan è un rompicapo. Matita e gomma per cancellare, provo a risolverlo. Alcune cose sono chiare: è uno spettacolo ispirato alle fiabe palestinesi e a quelle arabe. Racconta di un principe e di una principessa nel deserto, ognuno impegnato nel proprio viaggio. Il principe e la principessa incontrano il Ghoul, mostro oscuro e maligno. Cosa sia successo alla principessa e al principe mi è tuttora sconosciuto.

Evoluzione ed evoluzioni di un clown

La città è un’isola del tesoro. Sepolti sotto i piani dei palazzi, dietro una scalinata esterna o all’incrocio di due vie, ci sono inestimabili ricchezze. Sono i luoghi senza tempo del teatro, posti dove si scatenano incantesimi capaci di trasformare le persone, mondi capaci di farti dimenticare il mondo dal quale sei venuto. Di tanto in tanto capita di fare una scoperta, di trovare dietro un cancello o accanto ad un negozio di animali uno di questi luoghi del tesoro.

Tragedie della nostra umanità

And if only fools are kind, Alfie, then I guess it's wise to be cruel.
La scena è già doppia, come riflessa allo specchio. Due sedie due attaccapanni, due bicchieri identici. Il tavolino è un cubo nero messo proprio al centro, a separare le due scene uguali. Da una parte c’è un uomo, dall’altra una donna. Indossano biancheria intima e si guardano allo specchio. Lo specchio siamo noi pubblico, è ognuno dei nostri occhi. Identici. Uno per l’uno l’altro per l’altra. E le nostre orecchie prestano ascolto alle confessioni di quei due esseri umani che partono già nudi. Sono orecchie di ascoltatori disinteressati e orecchie di giudici. Sono orecchie che ricordano una canzone della quale non conosciamo bene le parole.

Real Orto fatato: oggi la scienza non esiste!

Purtroppo ci sono persone che non credono all’esistenza delle fate e degli spiriti del bosco. Essi sostengono che la vita di queste creature magiche, fatte di linfa e rugiada, sia soltanto un’invenzione dei poeti e che solo chi è nuovo a questo mondo, come i bambini, può credere ad una tale menzogna. Questi uomini appartengono al regno della ragione e credono soltanto a ciò che la scienza può dimostrare. Le cose devono vederle almeno al microscopio! Il guaio, per loro, è che più grosso si fa il cervello, di dati, prove e controprove e più piccola diventa l’immaginazione. Quella dei bambini e dei poeti, che vedono, anche senza microscopio, ciò che è invisibile ad occhio di scienziato.

Da palco a palco: Romeo e Giulietta

Mai una storia è stata di tanto dolore quanto questa di Giulietta e del suo amore.
Mimmo: allora che ne pensi dello spettacolo?
Sara: non so già dirlo, non ho ancora smesso di applaudire.
Mimmo: e non sai se ti è piaciuto oppure no?

L'arte è un gioco da ragazzi

Harry Potter e Draco Malfoy si rincorrono attaccandosi a colpi di bacchetta magica. Un ragazzino magro ha messo il suo pallone in una busta e ci gioca a calcio con un compagno grassottello mentre alcune bambine corrono e saltano allegramente. La primavera si sta presentando con la sua solita timidezza, fa capolino per un po’, accende un sole splendente e poi si nasconde dietro nuvole e pioggia.
Il 10 marzo, a mezzogiorno in punto, prima che il sole si rintani, tra le voci dei bambini che continuano a giocare nel verde del bosco, si formano i gruppi. Ci prepariamo tutti ad assistere ad uno spettacolo che è anche una visita guidata nel museo della reggia di Capodimonte. “Si tratta proprio di un palazzo reale, un tempo abitato dal re Carlo III di Borbone” ci annuncia la nostra guida con voce dolce e ci assicura che le scale che saliremo sono proprio quelle che il re in persona ha salito. La testa coronata ci osserva dal muro quando poggiamo i piedi sui gradini e a nessuno salta in mente di mettersi a fare confusione.

I vivi non fanno sempre ridere

C’era una volta un re, signore del regno incantato del teatro, sovrano assoluto del palco, affascinatore di platee. Sotto il suo impero, le storie povere e piccolo borghesi di Napoli sono diventate storie immortali. Al solo pronunciare il suo nome si pensa già a tutto il ridere, di ogni cosa e in qualsiasi maniera. C’era una volta Eduardo De Filippo. Oggi non c’è. Di lui restano le testimonianze televisive con l’eterno ripetersi degli spettacoli, i testi scritti e i ricordi di molti.

Quando il protagonista è il mare

Scendere tra le file delle poltrone verso il grande sipario blu del Teatro Area Nord è già un po’ come inabissarsi nelle profondità marine. Moby Dick deve solo apparire all’orizzonte.

Carne e sangue dei Balcani

Rezna è forte. Sta lì seduta, da sola al centro della scena. Ci mette subito a nostro agio con i suoi modi bucolici, da donna di montagna nata tra le vacche e cresciuta con la pelle dello stesso colore dei vitelli. È forte la sua voce e sono ampi i suoi gesti: non c’è da badar tanto alle buone maniere quando si parla di guerre.
Rezna ha una storia incredibile da raccontare e come se ci avesse tutti presi al lazo ci trascina dentro. Il ritmo dei suoi ricordi è musica, la sentiamo e aiuta Rezna a tenerci più stretti al laccio delle sue parole e dei sui gesti.
Rezna, che vive in una zona di confine, conosce quattro diverse religioni e quattro nomi diversi per chiamare Dio.
Di chi è il sangue che ha sporcato il grembiule di Rezna?

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il Pickwick

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