“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Antonio Cataldo

Abandoned discotheque

Tempi confusi i nostri, dove le classifiche (sento ancora parlare di ‘dischi di platino’, ma probabilmente si tratta del numero di download regolarmente acquistati) vedono ai primi posti − coadiuvati dai nuovi indicatori del successo (le visualizzazioni) − interpreti di un universo sociale e semantico distante anni luce dalla facile (e un po’ ruffiana) melodia italiana da talent, personaggi che la vulgata vuole provenire dalle periferie anonime e degradate delle metropoli (i famigerati ‘palazzi’) da cui sono ascesi alla ribalta mediatica delle platee di massa. Beninteso, sempre dell’italica traduzione di una scena americana si tratta, e in ciò anche i riferimenti culturali (oltreché meramente testuali) esprimono un universo codificato costituito da ben precisi elementi: il sentimento di rivalsa sociale, l’autoesaltazione e l’attacco dei ‘rivali’, i riferimenti alle droghe e il conseguente aspetto positivo del loro uso, l’ostentazione delle griffe più costose, gli appellattivi dispregiativi e sessisti verso le donne (tranne la mamma, cui si compra una casa quando ci si è fatti i soldi), i soliti richiami alla sottocultura gangsta declamati con toni minacciosi e sguardi torvi.

Teatro di realtà (e di Bombagiò)

Fine stagione all’insegna di tematiche fortemente legate all’esperienza del reale, declinato sia nella dimensione collettiva che personale, quella presentata dal teatro Binario 7 di Monza.

Teatro di guerra

Era l’ottobre del 2015 quando lo spettacolo La prima, la migliore debuttava. Era passato giusto un secolo, e qualche mese, dalle “radiose giornate di maggio” che videro l’ingresso dell’Italia nella giostra ingannatrice dell’intervento. Meccanismo che risucchiava nel suo furioso vortice ideologico le menti e le forze, gli intenti e i corpi di migliaia di giovani europei, convinti dalla generale ondata di entusiasmo ad arruolarsi per risolvere – con il conflitto armato – questioni territoriali e incertezze esistenziali, desideri di rivalsa e fughe in avanti per superare l’impasse di una società tradizionale ed arretrata.

L'uomo dei dolori

“Un Samuel Beckett della generazione di John Stewart”. Questa la lapidaria definizione che il critico del New York Times, Charles Isherwood, ha usato per Will Eno, autore americano alla ribalta, tra i più quotati nel suo Paese, le cui opere hanno avuto un ottimo riscontro anche nel vecchio continente, con produzioni di teatri inglesi, irlandesi, francesi, tedesche, norvegesi (e riprese in vari altri Paesi del mondo, dal Brasile, ad Israele, al Messico).

La cortigiana in attesa

Nuova produzione del Teatro i per Erodiàs di Giovanni Testori, secondo dei Tre Lai scritti agli inizi degli anni Novanta (essendo gli altri due Cleopatràs e Mater strangosciàs, usciti la prima volta per Longanesi nel 1994, un anno dopo la scomparsa dello scrittore).
Tre lai, tre lamenti che ricordano volutamente le composizioni medioevali, tre narrazioni autobiografiche che ruotano intorno ad altrettante dimensioni dell’amore. Non è escluso che Testori abbia voluto rifarsi alle cantiche dantesche, per il sentimento generale che sottende i monologhi.

Casa Italia

Nuovo spettacolo scritto da Irene Lamponi (dopo Labbra e Il grande salto, ideato a quattro mani con Beppe Casales), Tropicana è fresco di produzione e di allestimento, avendo debuttato ad ottobre del 2016.
Sul palcoscenico si muovono quattro attori per quattro personaggi: una madre, Lucia, abbandonata dal marito e futuro padre di un bambino (che avrà dall’attuale compagna); sua figlia Nina, ragazza che si affaccia all’età adulta; Meda, un’amica di casa single con madre anziana e Leonardo, fidanzato di Nina.

Scena per un matrimonio

Cosa ci fa una donna in primo piano vestita di bianco con coroncina di fiori nei capelli (più una mise vezzosa che un abito da sposa)? Cosa ci fa un uomo in giacca carponi sull’assito in fondo verso desta (a sinistra giace un bouquet)? Perché lo spazio scenico è delimitato da un immaginario perimetro aperto fatto di bicchieri in cui stillano gocce d’acqua dal soffitto? Si presenta con questo tableaux-vivant l’inizio de I conigli non hanno le ali, pièce del 2014 dell’autore, regista e attore Paolo Civati, che di questo spettacolo firma anche la regia, mentre i due ruoli sono affidati a Francesca Ciocchetti e a Cristian Giammarini.

Il manuale del moderno cantautore

Primo lavoro lungo per Peppe Marazzita, conosciuto meglio con il solo cognome, Formule è uscito per l’etichetta di Perugia La Fame Dischi nel febbraio di quest’anno. Esattamente dopo tre anni dall’ultimo lavoro, l’extended play Mi gioco i sogni a carte (recensito su Il Pickwick), il cantautore affina la scrittura musicale – a cui si aggiungono arrangiamenti più maturi realizzati con/da validi musicisti – e migliora le capacità vocali, realizzando un prodotto professionale a pieno titolo che lo pone a ragione tra i nomi maggiori del nuova onda di songwriter nazionali.

Gente di Romagna

Un velo nero all’altezza del sipario copre la scena retrostante. L’attrice fa capolino tra la scura trasparenza. “Non voglio farmi prendere dalla rete profumata dei ricordi...”, mentre in sottofondo si ode una musica percussiva. La colonna sonora contribuisce all’evocazione di un luogo geografico che esiste solo nella dimensione della memoria, e Romagna mia (per sola fisarmonica) fissa da subito le coordinate dell’immaginario condiviso, come anche il tema di 8 e ½, nel tentativo di evocare un mito non più individuale, ma una universale condizione di rimpianto per quello che un tempo – il nostro tempo – era e che adesso non è più.

Finalmente al Paradise

Frutto di una drammaturgia collettiva (ai cinque interpreti si aggiunge il regista) Va tutto bene esordisce nel 2014 al Teatro Filodrammatici, realtà presso la cui scuola i componenti della Compagnia Òyes (“ascolta” in spagnolo, ma – personalmente aggiungerei – espressione di attitudine propositiva) si sono diplomati.

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il Pickwick

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