“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Roberta Andolfo

“Coreografia per una mostra”: Mapplethorpe al Madre

La ridefinizione non di confini fra discipline, tra ambiti artistici o culturali, che non possono sussistere se non all’interno di una chiarezza di visione complessiva, ma tra la sottile linea del profilo di un corpo e l’antro fatto di luce od ombra, in cui si risolve tutto ciò che esiste attorno a quest’ultimo. Quello che qui si esplora è tale delimitazione, spinta quel tanto che basti a far comprendere quanto i due elementi finiscano per fondersi pur senza esautorare l’indipendenza del soggetto, indiscusso “archè” della composizione. Entro una simile volumetria abitativa è dunque la forma umana a dettare e costruire lo svolgimento spaziale in sua funzione.

“La favorita”? Tra i film caldamente consigliati

La classe sociale e la reputazione, le ambizioni e le aspettative, il potere ed il servilismo. Ognuna delle componenti che rinsaldano o abbelliscono la facciata della vita pubblica di ogni personaggio è svelata o occultata, mescolata, sacrificata o incondizionatamente accettata come unico scopo e motivo d’esistenza, in una misura relazionata a calcoli estremamente minuziosi. Ed è quasi del tutto naturale che sia sempre il personaggio ad incidere sulla personalità e a plasmare la vita privata dell’individuo, anche se inizialmente potrebbe sembrare il contrario.

Il Van Gogh di Schnabel sorretto solo da Willem Dafoe

Un sole ardente fra le ombre della mezzanotte, o una profonda oscurità insinuata fra gli splendori di un giorno luminoso. Potrebbe forse avvicinarsi a qualcosa del genere, quel sentimento indefinito che è impossibile strapparsi di dosso, una volta entrati in contatto con le creazioni di Vincent Van Gogh? Ma se questa visione potesse rendere una delle tante sfumature percettive legate ad un’opera che in nessun tempo e circostanza può essere ignorata, nella pellicola di Schnabel non v’è traccia di qualcosa di simile. Ciò avviene proprio perché una tale visione è affannosamente ed affettatamente braccata fin dall’inizio, sino a  rendere opprimente ed inefficace ciò che avrebbe potuto dare buoni frutti come sana ossessione creativa.

Debolezze e punti di forza del film sui Queen

Se l’inizio della pellicola promette un forte allineamento con l’atmosfera che di questo importante pezzo di storia della musica e della società si intende restituire, e specialmente con la personalità di Freddie Mercury, fra le più carismatiche dell’era moderna, il suo proseguimento sembra scandito da uno sviluppo in più di un’occasione poco convincente. La base di partenza è una buona idea di narrazione, la quale prende in esame esclusivamente l’arco temporale che va dal 1970, anno in cui il giovane Farrokh Bulsara entra a far parte della band che si esibiva all’epoca con il nome di Smile, anche se in realtà Mercury conosceva già May e Taylor e decisero insieme di formare il nuovo gruppo, sino al celeberrimo Live Aid del 1985, che consacrò definitivamente i Queen ed il loro frontman, affidandone la leggenda alla storia.

L'attuale stato del mondo in mostra al PAN

In una mattinata di sabato si apre, dentro un Palazzo delle Arti invaso dal caldo sole novembrino di Napoli, l'edizione 2018 del World Press Photo, ospitato in città per il terzo anno di seguito, a chiusura del tour italiano. E uno scatto su tutti, fra tanti altri parimenti notevoli, potrebbe essere di diritto quello del vincitore del secondo premio per la categoria Reportage: Toby Melville. Perché ricordare proprio questa immagine? Quella di cui è tristemente protagonista la turista americana Melissa Cochran, sopravvissuta all’attentato del 22 marzo 2017 presso il ponte di Westminster a Londra?

“Locked”, l'identità segregata. Un cortometraggio

Locked è espressamente votato all’idea di un’impavida introspezione. E così, nel silenzio degli affetti da cui si è stati allontanati, nel silenzio della privazione totale e nella solitudine della segregazione, lì dove si è in contatto, per coercizione, con quella realtà consistente nell’essere soli, sempre, con se stessi, il più grande mistero della vita lo si ricerca nella pura semplicità del desiderio indiscusso, primordiale e fondante l’esistenza. In quella libertà che sola permette di scardinare la desolazione in cui ognuno è immerso per formare legami con il mondo e con gli altri, nel modo che più ci appartiene.

Il fragore del silenzio (Quarta parte)

... l’ultima immagine di quel viso e di quelle cangianti ciocche svanì fra le trame sovrapposte di bianchi merletti. Anche quelli, a poco a poco, si dissolsero del tutto. Sulla parete dei morti, poco oltre una profonda crepa tra le lastre di marmo, il ritratto di un uomo corpulento e non troppo anziano, con baffetti da sparviero ed un elegante cappello da chef, di quelli morbidi che scendono dolcemente su di un lato della testa, mi sorrise in modo galante. Di nuovo avvertii la musica girarmi intorno ed ebbi di fronte il soffice copricapo bianco, inghiottito da uno sfarfallio di nubi opalescenti, sfrangiate sullo sfondo di un cielo terso, in pieno giorno. Sotto quella luce accecante, d’un tratto, l’argenteo grigio di un masso calcareo si frantumò in una miriade di piccole pietre...

“Gyneceo”, il tempo della consapevolezza

La semplicità di una vita, e del dolore nella vita. La facilità e la velocità con cui si arriva a soffrire, con cui si incorre nell’errore e si incespica nelle situazioni che compongono il percorso, facendo torto a se stessi, scoprendo a poco a poco, con il passare del tempo, che in fondo di chi può essere la colpa, se non nostra?

Riflessioni sul “nuovo” e sull'espressionismo astratto

Senza il passato non si crea il futuro. Se l’eredità del passato è ingombrante forse bisognerà infrangerla allo scopo di approdare al nuovo, ma per provocare la rottura si avrà bisogno che quel passato esista appieno, che sia percepito come reale, consistente, già lontano e insieme ancora vicino.

Il fragore del silenzio (Terza parte)

... I miei occhi erano ancora all’altezza di quelli dell’anziano canuto, fin quando delle due sagome rimase solo una lieve traccia. Poi il mio sguardo venne attratto dalla sofisticata acconciatura di lei. Si trattava di un tre quarti, forse degli anni trenta del Novecento. Una donna matura dai tratti piuttosto decisi e vivaci, mora, con i capelli raccolti in diverse trecce che terminavano annodate sulla nuca, e con qualche etereo, sottile boccolo lasciato sciolto ad incorniciarle il viso. Una di quelle ciocche iniziò ad ondeggiare lieve al sospiro del vento, dipartendosi da un volto improvvisamente ringiovanito, mentre le note di Satie sfumavano in quel soffio e tutt’attorno ai boccoli il colore dell’aria virava rapidamente nello scurissimo bleu della notte...

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il Pickwick

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