“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 02 December 2013 01:00

La grande Odissea del piacere

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"Vivere è un abuso, mai un diritto”: il Don Giovanni di e con Filippo Timi vuole convincerci di questo, e decide di farlo al teatro Bellini di Napoli il 29 novembre. Fin dalle prime battute è un gran successo di pubblico che, divertito, non teme di rompere l’atmosfera con risate incontenibili: uno show, un cabaret, uno spettacolo d’intrattenimento. Gli elementi parodistici non mancano e la satira, condotta in modo sottile ed elegante, perturba le coscienze e le fa ridere di gran stomaco.

È erotico, irriverente, seducente, ammiccante, nobile, eccentrico, simpatico il Don Giovanni rivisitato dal poliedrico Filippo Timi. Della storia originale ne resta il suo consumismo e la sua corsa affamata ad avere tutte le donne che desidera, ma i tempi, a parte qualche voluto manierismo nella recitazione, sono contemporanei: siamo nell’epoca dell’homo videns.
Video proiezioni assurde, scenografie sfarzose e costumi di scena strabilianti che forse solo in un circo se ne potrebbero vedere di così; i colori sono sgargianti e forti tanto da rimanere impressi negli iridi curiosi del pubblico. In alcuni momenti, grazie alle fatiscenti messe in scena, il Don Giovanni, le sue donne-merci e i servetti sembrano dei supereroi alla ricerca di compiere il proprio destino.
È una grande odissea del piacere, dove allusioni, provocazioni, volgarità, smodatezza e orgasmi figurati riempiono la scena senza mai straripare.
Tutto è sospeso in un’atmosfera sanguigna, corporea: è uno spettacolo che parla di carne umana e del suo potenziale di appetibilità. Donna Anna è una sadomaso e desidera vendicare l’uccisione del padre. Donna Elvira ha un accento americano ed ama profondamente “Don Giovanni my love” e lo cerca disperatamente inseguendolo e urlando “where is my love?” e Zerlina è una donna sempliciotta, che parla in ‘romanaccio’ e capisce poco di niente: “Ma io non ci capisco niente? Ditevate?”. Ditevamo, scusate: dicevamo che queste bizzarre donne sono le prede di Don Giovanni e che dopo aver conquistato la loro rivalsa lo condurranno alla morte in un abito di scena che allude al fioccare del sangue: un grande cappotto con milioni di frange rosse. Ma il giovane uomo smodato e ironico non può scappare senza Spritz, “perché sarebbe come dire hour senza happy o chihuahua senza chi. Che nome è uaua?”.
Don Giovanni sfoggia cappotti meravigliosi fatti di fiori, capelli di donna, abiti cuciti. Gli straordinari costumi di Fabio Zambernardi lasciano un segno di stupore e ammirazione più in chi li vede che in chi li indossa: in verità sono talmente elaborati che muovervisi all’interno è un’ardua sfida con se stessi. Un Gesù Cristo seduto su una sedie a rotelle con due flebo di sangue, un angelo francese nudo che attraversa la scena, simulazioni di rapporti sessuali volutamente impacciati e divertenti, un bacio omosessuale tra i due servetti colorati e dai grandi sederi verdi, arancioni e pelosi, nastri di ritmica utilizzati come frustini, aeroplani volanti, quinte girevoli, fondali da Cappella Sistina, tracce musicali della Disney e di cantautori italiani, luci da discoteca, bombole di Elio per tramutare il suono della voce: “l’uovo, no, la gallina nasce prima dell’uovo, no l’uovo, no la gallina”: il Don Giovanni di Timi non rinuncia a niente, è smodato persino nella messa in scena e vuole sedurre con tutto ciò che possa dilettare e dar piacere. Ci riesce benissimo. Lo fa in modo sottile, non dimentica la morale e sa ristabilire un’atmosfera seria se mai ci sia stata.
Quando si avvicina alla morte sembra il chiudersi di un ciclo tragico. Tutto diventa sobrio: la scena, una scatola bianca. La luce è rosso vermiglio e le donne aspettano la loro vendetta. Don Giovanni è morto, è stato fatto in mille pezzi e perché si ricomponga ci vorrà molto tempo e fino ad allora:” Tutta vita, tutta vita”. Il mito di Don Giovanni resta intramontabile, e ad oggi colpisce a segno.

 

 

 

 

 

 

 

Il Don Giovanni
di e con
Filippo Timi
regia e scene Filippo Timi
e con Umberto Petrarca, Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto Laureri Matteo de Blasio, Fulvio Accogli
assistente alla regia Fabio Cherstich
luci Gigi Saccomandi
suono Beppe Pellicciari
costumi Fabio Zambernardi
in collaborazione con Lawrence Steele
produzione Teatro Franco Parenti, Teatro Stabile dell'Umbria
durata 3h
Napoli, Teatro Bellini, 29 novembre 2013
in scena dal 29 novembre all’8 dicembre 2013.

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