“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 29 June 2020 00:00

Il silenzio, le voci

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Della parola è l’ombra,
la parte scura, il non detto.
La osserva sola, e sospesa,
come ingombra l’aria, intorno,
e dura, e pesa.

              Perfetto, lui tace.
              Conserva l’eco,
              la pace.





La ferita che dura
se non la tocchi guarisce da sola.
Nel silenzio è la cura:
diffida, diffida della parola.





Ritirarsi, ritirarsi.
Lasciare spazio al vuoto.
Tacere nel brusio,
nel mormorio.
Cercarsi nell’ignoto.





Senza parole, immobile,
troppo oscuro per noi,
troppo lontano:
il dio che amiamo tace
quando permette al male
di essere nostro male. Non vuole
che capiamo, noi zitti
e lui incapace di farsi perdonare,
terribile e bambino.
Libertà che temiamo
è il nostro e suo destino,
dio dell’indifferenza
e dio della pietà.





Si schiudono come fanno i fiori,
appena appena, leggere, con pudore,
impaurite quasi dal potere che hanno,
le parole d’amore. E promettono,
sincere finché durano, sospese
dentro al fiato in cui vivono.
Poi sfinite sulle labbra dell’amato
lasciano che sia il silenzio a prevalere.





Riconosci la mia parola nel mio silenzio.
Fa’ tuo il tuo nome che taccio.
Intorno, anche l’aria è di ghiaccio.
Riconosci nel mio non dire il mio patire.





Baciarti sulle labbra la parola
che a fatica pronunci, a fatica:
quasi avessi promesso di non dire.
Aspirarla con il fiato appena,
mescolarla al mio respiro, e confonderla.
Che non abbia paura, ascoltandosi,
di restarsene lì, irrimediabile, sola.





Mi aggrappo alla tua ultima parola,
mentre non ti voltavi
e scendevi le scale.
Così leggera e innocua:
come un ciao che non fa male.
Però non era ciao,
era un sottile strappo
pronunciato di gola, involontario
forse, ma dichiarato.
Risalirai le scale?
Ridirai la parola?





Può mentire il silenzio?
Forse come un’alzata di spalle,
un’occhiata distratta,
il gesto inadeguato
con cui ci si scusa senza convinzione.
Così il silenzio tace,
rassegnato a una verità
contraffatta, alla finzione.





La parola non concede spazio,
ogni parola.
Ogni parola toglie spazio
alle altre. Le divora.
Detta per sempre,
è implacabile.
      E rimane così,
      dura, perfetta.
      Immodificabile.








Da Il silenzio e le voci, Nomos Edizioni, Busto Arsizio (VA), 2011

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