“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 11 October 2018 00:00

Oggi come allora

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Mario Martone è presente fisicamente al primo appuntamento della nuova stagione del Nest − Napoli Est Teatro che porta in scena Tango glaciale Reloaded (1982-2018), dopo essere stato proposto al Piccolo Bellini nella stagione precedente. Dall’assito ruba pochi minuti iniziali per timidi ringraziamenti: in fondo non c’è bisogno di altre parole per raccontare questo riallestimento perché lui stesso ha chiarito che quest'opera, che ha fatto la storia del Nuovo Teatro trentasei anni fa, deve ”mettere il lavoro alla prova di una generazione che nel 1982 era lontana dall’essere concepita”.

Reloaded, cioè ricaricato, riproposto da Marinella Guatterini per il Progetto RIC.CI (Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni ‘80/’90) e riallestito da Raffaele Di Florio e Anna Redi, è identico ad allora. Dodici scenografie di altrettanti ambienti di una casa dove vivono due uomini e una donna. Il primo quadro è un esterno cittadino che vede la presenza anche di un manichino alla fermata di un mezzo pubblico, che interagisce attraverso occhi scintillanti con uno dei due personaggi maschili. Il secondo zooma sulla facciata di una casa in un anonimo contesto urbano, proiettando i tre personaggi all’interno dell’abitazione attraverso una porta che gira su stessa e due quinte aperte dietro un pannello. Su questo diaframma sono proiettati filmati, disegni, fumetti per tutti i sessanta minuti in cui i personaggi percorrono tutto l’appartamento bidimensionale, seguendo un procedimento ascensionale che li porta sul terrazzo e, da lì, tra le stelle per la breve durata di un’altra scena, per poi rientrare seguendo percorsi interni/esterni, dalla piscina al giardino/giungla immaginifica dei fumetti. Nei frames finali si assiste alla dissolvenza degli elementi di vita quotidiana e di quel mondo asfittico che implode con violenza, abbandonando lo zoom per ritornare sul terrazzo dove un campo lungo, lunghissimo abbraccia un deserto roccioso dalle tinte forti.
Tutto ciò che l’occhio percepisce è questa commistione di linguaggi non verbali che nel 1982 era la nuova frontiera della comunicazione, “shakerata” all’interno del mezzo più potente di allora, la televisione. Tranne che per i tre personaggi e qualche oggetto come le lampade, un tavolo, la piscina e poco altro, le dodici scene sono proiettate, “fumettate” in una scomposizione di immagini e di ruoli. I movimenti scenici degli attori sono danze ritmate dalle musiche che spaziano dal jazz, al tango di Piazzolla, al pop di Paul McCartney di Live And Let Die, leit-motiv del film del 1973 che ha per protagonista l'agente 007 James Bond. Le commistioni tra i diversi generi sono compattate e nello stesso tempo scomposte dalle luci, dai colori accesi fino al buio, dalle figure geometriche spesso evocative che tagliano, sottolineano, isolano e risaltano.
Tango glaciale fu nel 1982 un equilibrio perfetto, risultato di un lavoro collettivo di Falso Movimento, uno dei gruppi di sperimentazione teatrale che voleva superare l’esperienza della PostAvanguardia degli anni ’60 e ’70 per definirsi Postmoderno. Il fulcro di questa riflessione sul Nuovo Teatro, come fu definito all’epoca, fu l’analisi fatta da Franco Quadri, Giuseppe Bartolucci, Ettore Capriolo e Edoardo Fadini in un Convegno del 1967 e sull’importanza centrale della scrittura scenica che, superando il testo e la parola, vedeva nella scena il vero testo dello spettacolo, trasformando il regista in autore. In tal senso Martone con Tango glaciale realizzò una vera e propria operazione di metatesto che in tutto il mondo, da Robert Wilson a Tadeusz Kantor, a Pina Bausch sperimentava, trovando nuova linfa e nuova strada.
Luigi Allegri definisce l’esperienza di Martone − come anche quella di Magazzini Criminali, di Corsetti con La Gaia Scienza, di Toni Servillo con il suo Teatro Studio di Caserta − come una “scrittura scenica (che) aspira al grado zero, smontando il linguaggio nelle sue componenti fonematiche, secondo un modello analitico che rimanda all’arte concettuale”. Per questo motivo riproporre oggi Tango glaciale significa studiare da vicino un’opera che per sua intrinseca natura vive del momento effimero della rappresentazione (quel fatidico 27 gennaio 1982), e di persistenza nella memoria attraverso le emozioni di chi quella sera era presente, restando fissa solo nella storiografia di una esperienza che aveva i connotati di una autentica sperimentazione intesa come punto di partenza e non di approdo. Martone, infatti, in una relazione del 1984 al meeting Lezing/Gesprek Italië di Amsterdam (riportato da Rosaria Borrelli in Memoria delle Arti dello spettacolo dedicato a Lino Fiorito, autore dei disegni) sostiene che: “Il problema (...) è adesso quello di dare uno sviluppo ulteriore a questa comunicazione. In pratica questo è un teatro che non è nato sulle ceneri di qualcosa, e non può quindi vivere sulla rivisitazione del classico o sulla provocazione tout-court. È un’esperienza nata sulla voglia di poter parlare con una lingua diversa, di un diverso teatro, da parte di gruppi, come il nostro ed altri, che hanno fatto confluire sulla scena discipline diverse, dalla danza alla pittura, dalla musica all’architettura. Questa origine, che è fondamentalmente astratta, ha bisogno di sviluppi concreti, perché possa continuare la sua corsa in positivo verso l’edificazione di un linguaggio. È un teatro che ha ora bisogno di raccontare delle storie per potersi proporre come reale progetto drammaturgico. Naturalmente non voglio dire che bisogna raccontarle nella maniera tradizionale, tutt’altro, ma questo linguaggio interdisciplinare ha bisogno di organizzarsi in discorso”.
Quanto visto al Nest è, dunque, un’operazione teneramente datata, ma solo perché questi mezzi che allora erano rivoluzionari, oggi sono superati dalla digitalizzazione, dal linguaggio binario, dai pixel, da quella che definiamo realtà virtuale che, anche a teatro, è parte integrante della scrittura scenica. Vengono in mente ST/LL di Shiro Takatani e Kiss & Cry di Jaco Van Dormael presenti al Napoli Teatro Festival Italia del 2016.
Eppure quel fermento creativo mondiale era il contrappunto vitale a una società cupa in trasformazione, a una involuzione sociale contaminata dal consumismo spacciata per modernizzazione, come a Napoli racconta Annibale Ruccello ne Le cinque rose di Jennifer. Tango glaciale ci ricorda che quei tempi cupi sono tornati, forse non sono mai andati via del tutto, perciò si può intendere questo Reloaded come una Lectio Magistralis di Martone che ricorda a quella generazione post 1982 che il teatro ha in sé una matrice rivoluzionaria e ribelle. Per questo, forse, sulle note di Libertango cantata da Grace Jones, gli attori, tutti eccellenti, escono per i ringraziamenti indossando una maglietta scura con il nome di Mimmo Lucano, il Sindaco di Riace arrestato pochi giorni fa per “troppa umanità”. Solo un nome su campo scuro. Il dramma è ancora sulle tavole di un palcoscenico.





leggi anche:
Fulvio Padulano, “Tango glaciale”, tra sperimentazione e neo tradizione (Il Pickwick, 1° febbraio 2018)





Tango glaciale Reloaded (1982-2018)
progetto, scene e regia Mario Martone
riallestimento a cura di Raffaele Di Florio, Anna Redi
con Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro
installazioni videografiche Alessandro Papa
interventi pittorici e design 
Lino Fiorito
ambientazioni grafiche e cartoons Daniele Bigliardo
parti cinematografiche e aiuto regia Angelo Curti, Pasquale Mari
elaborazione della colonna sonora Daghi Rondanini
costumi Ernesto Esposito
produzione Fondazione Teatro di Napoli − Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto
riallestimento nell’ambito di Progetto RIC.CI Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni Ottanta/Novanta (ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini)
in coproduzione con Fondazione Ravenna Manifestazioni
con il sostegno di Torinodanza festival | Teatro Stabile di Torino − Teatro Nazionale
in collaborazione con Amat – Associazione Marchigiana Attività Teatrali / Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee/ Fondazione Teatro Comunale di Ferrara /Teatro Pubblico Pugliese - Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura / Fondazione Toscana Spettacolo onlus/ Fondazione Milano – Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi”
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Nest − Napoli est Teatro, 9 ottobre 2018
in scena 9 e 10 ottobre 2018

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