“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 26 September 2017 00:00

Schena: canzoni interne, sul palco del mondo

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Fa il suo debutto ufficiale sulla scena bolognese Paolo Schena, cantautore felsineo con sangue pugliese nelle vene, con l’album Canzoni ad uso interno, pubblicato lo scorso giugno dalla felsinea anch’essa, indipendente, Irma Records.
Si sente la presenza di Rino Gaetano, come quella di Gaber, nei testi e nel modo talora scanzonato di interpretarli; si sente anche l’influsso di De Gregori, nelle musiche, come invece – nel pezzo Buchi nella sabbia – anche, a mio avviso, di Angelo Branduardi. E addirittura vi si rintracciano accenni e accenti verbali in stile De André.

Ci sono testi spesso ben riusciti, musiche ottimamente eseguite ed arrangiate; c’è (auto)ironia e scanzonata dolcezza. I musicisti che accompagnano Schena in quest’avventura sono senz’altro validi e duttili; i testi parlano di momenti intimi, di cose quotidiane, di illusioni e disillusioni, della sempre bella, in definitiva, poesia del fare esperienza e del vivere.
Ho pensato di incontrare Schena, dato che viviamo nella stessa città, e ne è fuoriuscita una lunga, intensa, piacevole chiacchierata sulla musica, sul teatro, su Bologna, sulla vita.  

Come è nata questa opera, Paolo?
È nata come un’ombra del teatro. Quando ho iniziato a suonare e a scrivere canzoni, una ventina d’anni fa, facevo – con passione − teatro e i miei riferimenti musicali erano Gaber, Jannacci, Rino Gaetano. Il disco è un precipitato di venti anni di vita: alcune canzoni risalgono a molti anni fa, altre sono recenti.

Quali sono dunque le tue ispirazioni?
Questo disco è ispirato senz’altro all’opera poetica Buchi nella sabbia e pagine invisibili di Ernesto Ragazzoni, poeta di professione giornalista. Ragazzoni (nato nel 1870 e morto di cirrosi epatica nel 1920, ndr) iniziò traducendo E. A. Poe – che anche io amo molto. Era una sorta di post-scapigliato, era amico di Gozzano, intendeva la vita in maniera teatrale e anti-convenzionale. Due pezzi di Canzoni ad uso interno, Dormi e Buchi nella sabbia sono riadattamenti di due sue poesie. In generale, questo album è tutto ciò che non avevo cantato. Il teatro è parte della mia formazione, ma è molto diverso dalla musica: il primo è una messa in scena, un’esibizione, la seconda è il contrario, è un guardarsi dentro. Da questa considerazione, difatti, viene il titolo dell’album. La canzone, rispetto al teatro, è più vicina alla poesia: è la parte oscura del teatro stesso.

Come è venuto fuori questo disco? Che caratteristiche ha?
Tra le numerose canzoni che ho scritto, ho scelto per questo album quelle che difendevano le persone. Questo è un disco di pace e resistenza, non di affermazione del sé (sull’altro). La prospettiva dell’inquadramento dall’alto del pupazzo che mi rappresenta in copertina comunica proprio questo: non sono io a guardare l’altro dall’alto e ad inglobarlo. Questo disco è fatto di filastrocche e tenerezze e cerca la riappacificazione con sé e con gli altri.

Le musiche sono molto delicate, acustiche, raffinate...
Sì, vero. Nel disco hanno suonato musicisti molto bravi che sono anche miei amici. Abbiamo usato l’ocarina, la fisarmonica, il violino, strumenti acustici molto evocativi. I suoni non sono compressi né pompati, bensì molto naturali e gli strumenti sono in equilibrio gli uni con gli altri; nessuno strumento prevale. Ci interessava dare al lavoro un’atmosfera di semplicità e di armonia.

Bologna è presente in Canzoni ad uso interno?
Sono nato e cresciuto, anche artisticamente, a Bologna, quindi, pur se non direttamente evocata, è senz’altro presente. In Istinto di sopravvivenza, ad esempio, vi sono la giovinezza e la sua inquietudine (ho scritto questo pezzo a diciannove anni) e c’è forte l’impronta di Bologna, una città in cui può arrivare all’improvviso un “temporale estivo” (Istinto di sopravvivenza), una città cioè che ti sorprende, in cui tutto può essere grigio  e azzurro, a seconda di come ci si sente, ma anche di dove fisicamente si stia, come direzione geografica.

Da lì, si è parlato con Paolo Schena di direzioni, delle dodici mura di Bologna (dodici come i segni zodiacali), di influssi geografici e astrologici (strettamente correlati), ma tralascerò di riportarvi questo dialogo per concentrarmi sul disco e sul racconto di vita del suo autore. E mi scatta allora la domandona: quali sono le tue aspirazioni? E qui, dopo i cenni sul teatro, sulle porte di Bologna, sull’intimismo del disco, Schena – lo ammetto − mi sorprende ancora.
Non sono bravo a scrivere canzoni sociali – mi dice − ma forse è arrivato il momento di provarci. La musica indipendente negli ultimi anni ha raccontato storie personali, anche per mancanza di fermenti sociali. Essere indipendenti dovrebbe comportare un impegno da parte degli artisti. Bisognerebbe lanciare qualche inno di guerra!

Insomma, le canzoni, da uso interno, dovrebbero trasformarsi in inni ad uso esterno...! E visto che ritengo che per comprendere la manifestazione (l’esterno) bisogna risalire a, e conoscere, l’interno, chiedo a Schena: quale l’origine del tuo lavoro?.
Una ricerca di me stesso, prendere coscienza di uno stato di necessità. L’Io non manca finché la necessità non manca.

Concordo: ci sarà sempre da dire, da esprimersi, da creare, finché ci sarà un bisogno da soddisfare, un desiderio da raggiungere, un disagio da trasformare in felicità, o una ferita da guarire, finché, insomma, avremo dei sentimenti. E mi vengono in mente alcune parole dalla canzone Le stelle ridono di noi: “Con tutti questi sentimenti siamo maldestri siamo ingombranti”. Eppure, senza di essi non saremmo nulla. Su queste considerazioni, dopo un dialogo molto intenso e interessante, saluto Schena, un menestrello del ventunesimo secolo che porta la sua Bologna in un viaggio spazio-temporale che guarda al passato e sorride al futuro, cercando di imprimere il presente, e che prova a portare un mondo più ampio in una realtà urbana piccola ma aperta, per contaminarla di seduzioni e leggerezze, di riflessioni e nuove possibili proposte di impegno, in un prossimo album, speriamo!

 



Schena
Canzoni ad uso interno

testi, musiche, voce, chitarre, mandolino, ukulele, sintetizzatore Schena
violino Benedetta Bonfiglioli
batteria Marco Frattini
ocarine Fabio Galliani
piano, organo, fisarmonica Elio Pugliese
trombone Francesca Stella Riva
Irma Records, 2016
tracklist: 1. Intro; 2. Meglio così; 3. Giugno; 4. Buchi nella sabbia; 5. Dormi; 6. Istinto di sopravvivenza; 7. Scarafaggio; 8. Un'altra storia; 9. Non ci penso più a te; 10. Le stelle ridono di noi; 11. Canzone in una noce
pagina facebook dell'artista: https://www.facebook.com/schenasong/

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