“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 25 March 2013 03:18

Rossella O’Hara o King Kong?

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Un teatro che riacquista la sua funzione esorcizzante di rito per il nuovo spettacolo del regista Antonio Latella Francamente me ne infischio, una composizione di cinque movimenti della durata di un’ora circa ciascuno, che vede la compartecipazione di una scrittura a tre dei drammaturghi Linda Dalisi, Federico Bellini e lo stesso Antonio Latella, una triplice visione quindi, una pretesa, forse un rischio di fare venire a galla tutti gli stereotipi possibili ed immaginabili appartenenti alla cultura americana che tanto ha influenzato la nostra storia fornendo miti, personaggi e leggende all’immaginario collettivo.

Di questi miti ci siamo fin troppo nutriti ed è allora venuto il momento di dissacrarli attraverso un viaggio nella visione onirica della protagonista Rossella O’Hara, estrapolata dal romanzo Via col vento di Margaret Mitchell (1936), interpretata sotto vari profili dalle tre attrici Caterina Carpio, Candida Nieri e Valentina Vacca. Nel 1939  il romanzo venne poi tramutato nel film kolossal omonimo con la regia di Victor Fleming. “Francamente me ne infischio” è la citazione della risposta che nel film Rhett dà a Rossella quando la lascia sulla porta di casa alla sua domanda: “Se te ne vai, che sarà di me? Che farò?” .
Si parte da una Rossella bambina, chiusa in una casa di bambole per attraversare un sogno dove appaiono vari personaggi mitici della cultura americana come Marilyn Monroe, King Kong, fino ai fratelli Simpson che rappresentano i gemelli Tarleton con cui Rossella si trova a colazione per interrompere il suo sogno d’amare Ashley, mettendola di fronte ad una realtà diversa da quella che amava immaginare.
Quello che osserviamo non è solo la storia di Via col vento quindi, ma tutto un insieme di miti, un insieme di azioni teatrali che si susseguono e a cui ci sottoponiamo con attenzione, a volte con passività; le parole si rincorrono con un ritmo a tratti eccessivamente incalzante, per cui i contenuti tendono a sfuggire. Rossella è nel primo quadro, Twins, innocenza e malizia, nei panni di una bambina, nel secondo quadro, Atlanta,emerge invece l’immagine di una donna ambizisa che aspira alla ricchezza e al successo, ma in fondo è immersa nella propria solitudine, e nel terzo quadro, Black, arriviamo ad una triplice visione frontale: un indiano d’America, una donna armata e Mamy, che si alternano in una situazione da concerto in momenti di racconto evocando passato, presente e futuro.
Brave le tre attrici che sicuramente hanno saputo tenere la scena per più di tre ore, calandosi di volta in volta in personaggi e dimensioni diverse cambiandone i toni e le sfumature ed a tratti lasciando emergere quel qualcosa di sincero che però presto sfugge per rientrare nel filo drammaturgico della narrazione, con insistenza ridondante sul nome di Rossella e sull’utilizzo fin troppo ripetitivo della bandiera americana. Emergono dalle tre esplorazioni dei tre quadri a cui ho potuto assistere, sensualità e malizia, sentimenti di rabbia, un insieme di forze interne ad una fragilità fatta donna, al centro della questione americana. Dov’è l’identità, dove risiede la forza per sopportare il peso di un meccanismo che ha fatto dell’America un Dio, un luogo di falsi miti, dove regna il contrasto tra la realtà e la finzione?
Incantevole l’interpretazione della giovane attrice Valentina Vacca nei panni di una Rossella tanto ingenua quanto impertinente, voce suadente che permea le atmosfere sceniche di un velo rasserenante.
Dei tre movimenti sicuramente il più incalzante è quello di Black, dove il registro diventa leggermente più serioso nel tentativo di sviscerare la questione della schiavitù dei neri d’America, legata alla Guerra di Secessione, periodo in cui è ambientato il romanzo originario della Mitchell. La donna/scimmia è una presenza  predominante, figura centrale che, chinata verso il proscenio, con in una mano un bottiglione di whisky e nell’altra un microfono, si esprime in stridenti gemiti e danza per liberarsi dell’enorme costume che indossa fino a mostrare il proprio corpo nudo, invocando un rito di esorcizzazione di tutto ciò che contiene il mito, in sé origine di sogni e nello stesso tempo di paure. Rossella/scimmia diventa l’emblema dell’America, una dea/America che infine elenca una serie di ideali dell’immoralità, invitando il pubblico a riflettere su come abbiamo potuto mitizzare un paese fatto di crudeltà e finzione. Guardo l’orologio, si è fatta mezzanotte, è tardi, e penso che se in programmazione nella stessa sera avessero voluto aggiungere gli altri due movimenti che compongono lo spettacolo avrebbero dovuto attrezzarci di un sacco a pelo; mi resta un dubbio sulla scrittura drammaturgica a più voci e mi dico che forse sarebbe stato sufficiente scegliere solo una delle cinque visioni.

 

 

 

Francamente me ne infischio. Cinque movimenti liberamente ispirati a Via col Vento di Margaret Mitchell
1.Twins 2. Atlanta 3. Black 4. Match 5. Tara
drammaturgia
Linda Dalisi, Federico Bellini, Antonio Latella
regia Antonio Latella
con Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca
produzione Stabile/Mobile Compagnia Antonio Latella, La Corte Ospitale in collaborazione con Emilia Romagna Teatro/VIE Scena Contemporanea
durata 3h 20' (dai 45 ai 75 minuti a movimento)
Napoli, Teatro Nuovo, 23 marzo 2013
in scena dal 22 al 24 marzo 2013

 

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