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Wednesday, 10 August 2016 00:00

Mario Venuti: raffinatezze... non solo jazz!

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C’è uno spazio che si chiama C.U.Bo, a Bologna, ed è una bella opera d’arte contemporanea di Unipol. L’acronimo sta difatti per Centro Unipol Bologna. Trattasi di una struttura polifunzionale contemporanea a tratti ordinata, caratterizzata da un certo razionalismo, ma anche da spazi irregolari, traiettorie inimmaginate fatte di alberi, specchi, percorsi, luci. Nei palazzi che circondano il “cubo” – che è una sorta di non luogo fisico, in quanto spazio aperto incorniciato dalle palazzine − non solo uffici, ma anche interessanti mostre da vedere. E soprattutto, musica!

Ieri  sera è stata la volta di Mario Venuti, ex Denovo. Venuti ha poco più di cinquant’anni, ma un’esperienza musicale ultra-trentennale. Che si sente tutta: si presenta al cospetto del numeroso pubblico bolognese con il trio jazz siciliano Urban Fabula (pianoforte, contrabbasso e batteria) e con la sua chitarra acustica.
L’evento era annunciato come concerto di cover internazionali in chiave jazz. Il titolo è Mario Meets Jazz. In effetti, come Venuti stesso presto precisa, ciò è vero, ma solo parzialmente: c’è spazio, nell’ora e tre quarti musicale, per una equilibrata alternanza tra successi italiani e stranieri di ieri e di oggi (più di ieri, a dire il vero) e per i suoi pezzi più rappresentativi, rivisitati in maniera musicalmente impeccabile ed interessante.
E l’esordio è di alto livello: Drive my car, il singolo di apertura di quel capolavoro che è Rubber Soul dei Beatles!... Tanto per far capire da subito che parliamo di alti livelli e per riscaldarlo, il pubblico stesso, più di quanto il termometro felsineo agostano già non suggerisca!  E da lì, via ad ascoltare − e spesso cantare − i suoi pezzi più famosi, da Crudele a Quello che ci manca, A ferro e fuoco, Un altro posto nel mondo, Veramente, tutti rivisitati con sapienza e brio e ottimi livelli di esecuzione musicale (molto bravi questi giovani siciliani; d’altro canto, da non amante del jazz, riconosco l’elevato livello medio dei musicisti di questo genere).
Le perle del passato, prevalentemente degli anni ’60, sono state, tra le altre: il classico Night and Day di Cole Porter, la bossanova di Chega de saudade di Antonio Carlos Jobim, la splendida Estate di Bruno Martino, Il mondo di Jimmy Fontana e, sopra tutte per energia, trasporto e qualità, Gimme Some Lovin’, capolavoro dello Spencer Davis Group ed evergreen in ogni tempo e latitudine da quel lontano 1966 in cui vide la luce, e qui riproposta con degli assoli dei diversi strumentisti davvero notevoli.
Venuti è artista sensibile e raffinato, colto e generoso, semplice e profondo. Le sue collaborazioni con Patrizia Laquidara (la sofisticata, delicata storia a tre di Per causa d’amore: “Se ci è concesso sbagliare, è solo per causa d’amore”) e con Carmen Consoli (il piccolo capolavoro malinconico e vitalistico Mai come ieri: “Quanto tempo abbiamo perso inutilmente seguendo dei percorsi inevitabili/ Com'era l'albero così sarà il frutto dolce pensiero di vivere tutto”) lo dimostrano: ascoltare queste canzoni così poetiche dal vivo è stato parecchio intenso, così come risentire il suo primo grande successo da solista del 1993 Fortuna, un inno alla libertà, al viaggio, alla magia. E mi piace concludere con le parole di questa canzone, uno spazio che si apre verso le infinite possibilità della vita, dove ognuno sia – e possa essere − (felice) come è:


“Chi dice che non è vero
siamo obbligati ad essere felici
dimmi se questa è o non è magia
axé axé fortuna a te
storie di chi rimane
e chi invece lascia tutto e se ne va”.

 

 

 

 




Giardini al Cubo 2016
Mario Metts Jazz. Mario Venuti & Urban Fabula in concerto
voce, chitarra acustica Mario Venuti
pianoforte Seby Burgio
contrabbasso 
Alberto Fidone 
batteria
Peppe Tringali
immagini a corredo dell'articolo pagina FB C.U.BO
Bologna, Giardini di CUBO, 4 agosto 2016

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