“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 24 March 2013 01:00

Rachmaninov

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   di Mario Musella

 

   avevo la tv via cavo da qualche tempo

   pagavo una quota fissa ogni due mesi e potevo vedere quello che mi pareva, programmi di ogni tipo e da ogni paese di questo mondo: ero finalmente giunto alle soglie della libertà

   l’importante nella vita non è tanto essere liberi ma ritenere di esserlo: c’inganniamo, ci stoniamo, continuiamo a combattere e alla fine ci crediamo pure: non ero libero ovviamente quel giorno ma mi ci ero convinto almeno per cinque sacrosanti minuti della giornata

   solo cinque minuti, oh dei sempiterni, vi chiedo… niente di più: ora, in questo momento, ridatemi quei cinque minuti e poi non vi tedierò oltre… macché: le divinità hanno problemi di udito

  

   ero da solo a casa, fine febbraio, dalla mattina in pigiama e con la maglia a maniche corte: talvolta sento così caldo, anche in situazioni estreme, che mi è sorto il sincero dubbio di essere in andropausa perenne

   ero solo, finito di studiare e di mangiare: forse un po’ triste: no soldi no donne no lavoro: solo la mia nuova tv via cavo: guardavo le partite di calcio del torneo nazionale algerino, il pattinaggio artistico d’Ucraina, televendite di multiproprietà in Norvegia, il campionato di ping-pong della Repubblica Popolare Cinese

   solo ora e grazie alla via-cavo ho scoperto che i telefilm americani non vengono doppiati in Polonia ma passano direttamente in madre-lingua mentre una voce polacca triste e monotona (cioè polacca) traduce all’istante tutte le battute, comprese le divertenti, senza variazione alcuna, con cadenza sempre uguale impersonale mesta a-tonale: i soliti cattolici (cioè polacchi)

   era poco dopo l’una: niente film porno a quell’ora, nemmeno a pagamento ed io ne avevo una gran voglia

“avrei proprio voglia di protestare con questi del cavo” mi dicevo “pago il canone e voglio vedere quello che dico io… a qualsiasi ora”, ma non facevo niente per ovviarvi: se avessi chiamato alla società del via-cavo, all’ufficio reclami, l’eventuale conversazione sarebbe stata pressappoco la seguente

“buongiorno signore, desidera?”

“vorrei tanto che cambiaste la vostra programmazione” avrei detto con voce ferma di-chi-sa-il-fatto-suo e che non-la-manda-certo-a-dire “non mi piace manco un pochettino”

“ma noi non abbiamo una programmazione, signore”

“come sarebbe a dire?”

“noi seguiamo fedelmente i palinsesti delle tv collegate, spiacente ma non rientra tra le nostre spettanze il selezionare programmi e non è certo colpa nostra se questi non la soddisfano…. spiacente ancora signore”

“ma questo me lo dovevate dire prima che firmassi il contratto! porca schifa”

“non si alteri prego: piuttosto mi dica quale programma desidera ora vedere e in breve l’informeremo su quali delle reti coperte dal nostro segnale siano al momento in grado di accontentare i suoi desiderata”

cosa avrei dovuto rispondere a questa domanda?

“desidero vedere dei film porno alle 13:00 perché ho sempre voglia di masturbarmi” questo forse? la voce nel telefono era pure di signora/ina… che figura avrei mai fatto!

“beh… niente, non fa niente… grazie lo stesso” e avrei riattaccato sconfitto

 

   era la 1:00 p.m. e avevo finito di mangiare, niente altro in frigo, nemmeno da bere: i programmi dell’ora di pranzo fanno pena, in tutto il mondo: vecchi che parlano dei fatti loro (fegati malati, pensione da fame, ideali disillusi, nostalgie politiche o sportive), pettorute cuoche ai fornelli, omosessuali vestiti di bianco a propinarti l’oroscopo, telegiornali tragicomici … che fare?

   iniziai a pigiare tutti i pulsanti possibili, a scorrere freneticamente 200 forse 300 canali di fila… quando “eccolo finalmente”: TVsex canale 316

   “questo si… ah”

   un canale olandese, in linea diretta da Amsterdam: due figliole – una rossa l’altra bionda – mezze nude e coi telefoni in mano che si toccavano fra le cosce e si ciucciavano gli indici facendoli scorrere poi nelle loro mutandine colorate

“così sì, brave ragazze” dicevo con un leggero ghigno di soddisfazione che mi scassinava i denti in quel momento

   erano entrambe bellissime ma preferivo la rossa – dalle labbra polpute e tinte in viola; la bionda era più sottile, atletica, con un seno timido a sbalzo leggero sul petto quasi piatto,

   parlavano inglese, ripetendo professionalmente a tutti il medesimo copione: “hallo honey? you are on TVsex... my name is Sharon, and you?” oppure continuavano col dire “ohhh... I love you... look my ass... do you want to see my pussy? Yeah? lick my pussy, come on baby... come on... yeahhh” e cose del genere

   non avrei mai telefonato – ci mancherebbe solo questo – ma fin troppo m’intrigava vedere quelle due furbacchione che, pur avendo una bella passera fra le gambe, lo infilavano bel bello al culo di qualche stronzo che spendeva circa 12 euro alla risposta e 9,50 al minuto (l’avviso scorreva in sovra-impressione, sebbene a velocità tripla)… e poi confesso che mi piaceva oltremodo vederle toccarsi…

   dopo una paio di chiamate e di reciproche palpatine e leccate a microfoni e dita, le telefonate terminarono, ma evidentemente il loro turno su quel divano velato di rosa non era ancora scaduto, infatti continuavano a invocare secondo il loro monotono spartito “call me… I’m hot… my pussy is hot” diceva Sharon, mentre l’altra – silente – non faceva che strofinarsi il davanti col ricevitore

   mi dispiaceva quasi per loro, tutto quel lavoro sprecato: tante forze tanto ingegno tanta perseveranza tanto senso del dovere tanta passera e nessuno che ne approfittasse… quasi quasi le chiamavo

“meglio di no” l’idea d’una bolletta a tre cifre mi trattenne dal farlo

  

   poi d’improvviso Sharon e Vic (così si chiamava la biondina senza tette) iniziarono a inscenare del lesbismo: la rossa si sdraiò sul divano e Vic le montò sopra leccandole spalle sterno bacino ginocchia

“perdio… ma passa ai capezzoli, no… baciala in bocca, no?” suggerivo io quasi già del tutto cascato in foia… era solo la mia eccedente quota di giornaliera libido che parlava: volevo vederle baciarsi

   poi lentamente si sfilarono entrambe il reggiseno e Vic cominciò a massaggiare i seni dell’amica aggiungendo piccoli baci sul capezzolo sinistro (sempre il più sensibile) e le infilò una mano nel perizoma iniziando lentamente a sfregare

“ohhh… qui si fa seria” diss’io… era come se mi avessero sentito ed ora esaudissero il mio desiderio

“devo fare qualcosa” mi imposi con decisione… e decisi di conseguenza: andai in cucina e subito ne ritornai con un tovagliolo di carta: mi tirai via la maglietta mi calai i calzoni del pigiama rimasi coll’uccello di fuori; mi sistemai perbene il fazzoletto fra pube e ombelico e iniziai a masturbarmi… era tanto che non lo facevo, e quel giorno dovevo pure far passare il tempo in un modo

  il ritmo che avevo preso era buono, ben modulato e reso ancor più gradevole dalle prestazioni di quelle due: erano ormai tutte e due nude, si baciavano sulle labbra (senza lingua purtroppo) si sfregavano i seni a vicenda e un po’ a turno s’inginocchiavano e fingevano del cunnilingus… era bello però, anche se una presa in giro

   già: una presa in giro… proprio come l’affare della libertà

  

   poi Vic, la più viziosa, fece sdraiare sul divano l’amica Sharon e le si posizionò sul ventre in posizione perpendicolare; tese la mano verso un tavolino un po’ distante (tanto che la mano uscì dal campo visivo della rudimentale inquadratura a videocamera fissa) e vi prese un flacone di plastica bianco; se lo piazzò all’altezza dell’inguine dicendo a Sharon in modo fin troppo esplicito:

do you like my cock, baby?” inscenava un amplesso eterosessuale emulando col flacone un enorme membro virile sbattendolo fra le cosce dell’amica… io continuavo il mio daffare sorridendo… poi tirò via lo pseudo-fallo dalle gambe di Sharon e se lo avvicinò alle labbra, prima leccandone la punta poi infilandoselo per buona metà nel vasto cavo orale: era una fellatio? me ne convinsi subito; poi magnificamente disse

I want to give you my sperm, baby” e schiacciò il falcone; ne sprizzò fuori uno schizzo bianco che imbrattò sterno e faccia di Sharon tutta sorridente… poi Vic si calò su di lei leccandole via quella crema

 

   erano giovani e belle Vic e Sharon, non facevano male a nessuno, lavoravano, ed erano libere perché t’ingannavano sapendolo di farlo, senza frode[1]… e forse vedendole in viso sembravano anche felici (e pure lesbiche sul serio)… gli volevo bene, per davvero

 

   stavo per venire, proprio nello stesso momento in cui veniva il flacone, quando sentii trillare il campanello della porta

“merda…” tirai via il cleenex dalla pancia e m’infilai il pigiama di sotto “e chi è a quest’ora?” presi la maglietta da terra e me l’infilai ma al contrario (solo dopo m’accorsi che l’etichetta penzolava sotto il mio pomo adamitico)… corsi a piedi nudi il corridoio e guardai allo spioncino: avevo il volto arrossato e un leggero giustificato affanno “proprio sul più bello!” cagneggiai a me stesso… come poteva definirsi in termini tecnici una cosa del genere? masturbatio interrupta? fatto sta che ora avevo sperma compresso fin dentro le orecchie

                                   

   era di spalle il disturbatore e non lo riconoscevo dallo spioncino, continuava a bussare a me e alle altre porte del pianerottolo

“chi è?” dissi con tono alterato – per ovvi motivi – quello si voltò di scatto

“sono l’amministratore signora, ho un documento per lei”… [cazzo ma non senti che voce da uomo che ho? e mi chiami signora?]

   aprii la porta lui mi sorrise con la sua consueta faccia rubizza e l’oleografico sorriso di circostanza

“ah è lei?” mi disse con grugno arrossato come se avesse finito lì lì di scolarsi d’un fiato un bel quartino di rosso “ma forse la disturbo? stava mangiando o cosa?”

“no non si preoccupi… entri pure, sono solo, non facevo nulla d’importante” ho sempre adorato mentire con disinvoltura

“ho qui un documento importante per la prossima riunione di condominio”

“bene” ma non me ne fregava un piffero, pensavo a Vic e Sharon che forse avevano finito il loro show e ancora mi battevano le tempie per la pressurizzazione

“lo dica alla Signora che è importante, per il tre del prossimo mese c’è la riunione”

“riferirò” dissi caustico

“ho dovuto modificare il bilancio e con rispetto parlando…” e si guardò attorno aggiungendo a voce bassa “mi sono fatto un culo così”

  accennai una risata, di dolore però; firmai una carta e salutai; sull’uscio si voltò e sorridendo da ebete mi tese la mano

“buona giornata e scusi ancora” aveva le mani tozze e ruvide, con grosse dita ritorte dalla falange in su, ricurve pelose nodose… titubavo, ma gli tesi la mia destra e le due mani si strinsero; da quando avevo interrotto la mia operazione di poco prima, non ero mica passato per il lavabo, dunque la mia destra sapeva ancora di Onan e me la pulii sulla sua in deferente atto di ossequio e saluto

 

   tornai ai miei affari: prima di tutto andai in bagno a lavarmi: il contatto con mani altrui mi è insopportabile: l’asciugai perbene e tornai in camera

   non avevo più voglia di masturbarmi oltre, troppa fatica e pericoli, a breve sarebbe tornata alla spicciolata la mia intera famiglia di lavoratori

   spensi la tv via cavo mentre in onda passava la réclame dei preservativi fluorescenti per amplessi in notturna… lanciai il telecomando sul letto ancora sfatto subito seguendolo a ruota e fissando soffitti iniziai a pensare: ammetto che lo sforzo durò poco e con scarsi risultati (se non un lieve mal di capo)

   andai alla finestra per fissare ora il balcone dirimpetto: tre shampiste che fumavano sigarette e mi venne voglia d’un sigaro: finiti; com’anche avevo desiderio d’una birra fresca: niente… bramavo più fumare che bere: zero

   azionai la radio sintonizzandola sulle usitate frequenze della classica; l’atona professionale voce dell’annunciatrice presentò il brano in scaletta: Rachmaninov[2], Concerto per piano N° 2 in do min. (I° movimento)

“niente male” mi sdraiai “se ci fosse anche sigaro e birra sarebbe pressoché perfetto” e fissai stavolta le mie mensole piene di libri usati

 

   presi a pensare a Vic: desiderai ardentemente che Vic fosse la mia ragazza per un po’ e che ogni tanto mi portasse a casa l’amica Sharon per fare una cosa a tre  

   la musica andava e sarebbe continuata per 11'53": sarebbero stati 11'53" di pace, di libertà

   già: quella famosa libertà… ero sicuro di questo e guadavo di nuovo fuori dalla mia finestra: silenzio

   voltai la faccia, tentai di starnutire: niente

   la musica continuava a galleggiare libera

  

   Rachmaninov non mi avrebbe ingannato

 

 

  

 



[1] se poi lo spettatore fosse stato così stolido da chiamare lo stesso, nonostante l’ammonente sovra-impressione, che colpa potevano mai avere quelle due impiegate così zelanti? sarebbe piuttosto il caso che costui redarguisse la propria beota e credula dabbenaggine

[2] Сергей Васильевич Рахманинов (Velikij Novgorod, 1º aprile 1873 – Beverly Hills, 28 marzo 1943)

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