Print this page
Monday, 08 February 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Davide La Greca

Written by 

“La verità nella performance è la verità della performance in sé. Se il performer non è presente a se stesso,e dunque non aderisce come un  tutt’uno alla propria mente e al proprio corpo, in un determinato spazio e tempo, allora la performance non potrà essere valida (come espressione artistica)”. Con queste parole Marina Abramović, celebre artista concettuale serba, sottolinea come l'espressione artistica contemporanea sia limitata nello spazio-tempo, cioè “in fieri” anziché tendente alla connotazione univoca e permanente come nell'arte classica.
In tal senso la “legatura” e quindi la forma d'arte che fa della legatura il suo fulcro espressivo, diventa il simbolo perfetto di questa transitorietà espressiva.

Nella tradizione culturale giapponese l'arte della legatura ha sempre avuto un ruolo centrale in molti ambiti che vanno dalla vestizione, dove si usava assicurare il kimono o l'armatura militare attorno al corpo per mezzo di numerosi legacci, alla preparazione dei doni i quali, dopo essere stati avvolti nel Furoshiki, venivano gradevolmente confezionati e legati ad arte con il Mizuhiki, fino ad arrivare allo Hojōjutsu ovvero la tecnica marziale per la legatura dei prigionieri.
Sin dall'antichità questa cultura del nodo si è formalizzata nello Shibari (in accezione artistica) e nel Kinbaku, (arte della legatura erotica), che codifica un insieme di stili di legatura la cui applicazione può avere diversi risvolti come la pratica meditativa, la scultura vivente, il rilassamento corporeo e la costrizione erotica.
In questa disciplina il Nawashi o Kinbakushi, cioè il maestro della legatura, dopo aver contemplato, soppesato il corpo della sua Dorei, la modella che sarà oggetto della sua arte, sceglie il tipo di corda ed il tipo di legatura che meglio si armonizzi con le forme del corpo di lei, così da massimizzare l'espressione plastica scaturita dal contrasto tra le serrate costrizioni, le morbide forme e i recessi del corpo.
Questa interazione tra corda e carne richiama quella tra pennello e tela dove la mano sapiente dell'artista da vita all'espressione sensoriale attraverso la modellazione delle curve generose della dorei per mezzo delle corde dando vita a sensuali contrasti luce-ombra, vuoto-pieno.
Magena Yama, una modella che offre il suo corpo a questa pratica, definisce lo Shibari “un’arte erotica giapponese basata su armonia, estetica e piacere. Con corde del tutto naturali, spesso di canapa, juta o seta, si crea un’immagine armonica in grado di esaltare il corpo, sia maschile sia soprattutto femminile. Non lo mortifica, non lo vuole affatto umiliare ma al contrario, celebrarlo in tutta la sua bellezza”
Per parlarci di questa arte-performance ho intervistato Davide la Greca.


Puoi presentarti ai nostri lettori?

Mi chiamo Davide La Greca, conosciuto come "MaestroBD", ho scoperto il bondage circa venti anni fa come esperienza personale e da allora è rientrato subito nelle cose che ho amato fare. Poi, una decina di anni fa, ho scoperto casualmente che questa pratica emoziona non soltanto chi la esperisce, ma anche chi la osserva come spettatore. Questo è accaduto alla fiera del fumetto ExpoCartoon dove avevo uno stand per promuovere il gioco di ruolo dal vivo fantasy, tale stand era allestito con decori antichi e corde e davanti ad esso passavano molte cosplayer vestite da studentesse dal fumetto Battle Royale. Per gioco dissi ad una di loro che avrei potuto farle vivere dal vivo l'esperienza di un manga hentai e mai avrei pensato che mi avrebbero preso sul serio. Di fatto appena dieci minuti dopo mi ritrovai a improvvisare dapprima legature su una di loro, poi su altre e infine addirittura su persone del pubblico che volevano provare questa esperienza.
In quella occasione questa improvvisazione ebbe molto successo sicché iniziai a frequentare locali e ambienti a tema fetish passando da una dimensione privata e personale fino ad una vera e propria attività performativa e di spettacolo.
Per me fare Arte è produrre qualcosa di Bello e in tal senso lo spettacolo è un'attività di questo tipo che è tuttavia limitata all'intervallo di durata della performance stessa. Nel 2006, notando un certo interesse della gente verso il Bondage, ho iniziato a fare divulgazione e ad insegnare seguendo l’esempio di DrFatso di Torino, puntando soprattutto sugli aspetti psicologici del bondage nel rapporto di coppia e sulla gestione della sicurezza, sottolineando che questa pratica è sicuramente un'attività intima e privata ma che la parte tecnica è accessibile a tutti. Da allora ad oggi ho avuto modo di cimentarmi in percorsi fotografici a tema, produzioni video e spettacoli dal vivo.


Di cosa si occupa la disciplina di cui sei maestro?

Lo Shibari è fondamentalmente l'arte di legare mentre il Kinbaku indica una pratica di legatura più finalizzata al gioco erotico, in cui due persone si scambiano emozioni attraverso l'atto della legatura in massima sicurezza fino alla totale immobilità dell'altro. In questo processo c'è un legame fortissimo di fiducia reciproca che si esprime nella cura estrema per non fare danno a chi viene legato, donando così forti emozioni. La corretta pratica arriva alla privazione della libertà di movimento, ma deve essere sempre fatta ricordando di lasciare un'esperienza di carattere “positivo”. Dall'altra parte chi si fa legare non può gestire il proprio corpo e arriva a lasciarsi andare al flusso emozionale che questa esperienza induce.
La componente estetica dello Shibari vuole che questa legatura sia bella a vedersi e fruibile anche da chi è dentro di essa affinché costui diventi parte integrante e nel contempo spettatore di un momento d'arte.
Questo tipo di performance non si può replicare perché ogni legatura è unica e irripetibile in quanto scaturisce dall'interazione emozionale dei due attori.


Quali sono le opere a cui sei più legato?

Sono più che altro legato a momenti molto belli che spesso erano più dovuti all'ambiente in cui mi esibivo. Mi riferisco in particolare all'esperienza a Monaco del Boundcon, la fiera internazionale del bondage che dura tre giorni e dove si assiste e si contribuisce ad offrire gli spettacoli migliori d'Europa.
Ormai sono sei anni che mi esibisco lì e dalla prima volta ho avuto modo di condividere il palco con coloro che identifico come le mie figure di riferimento. In quella occasione non mi concentrai sulla tecnica, ma sull'interpretazione. Portai uno spettacolo incentrato sulla figura di Pinocchio che veniva prima trasformato in bambina e poi in un asinello: io facevo Mangiafuoco. La risposta fu proprio bellissima e la gente piangeva alla fine dello spettacolo. Portare il teatro nel Bondage è stato meraviglioso.


Quando ti sei accorto di avere talento per questo tipo d'arte?

Mi sono reso conto che le persone percepiscono la mia passione. Trasmetto la passione per le corde, ognuno trova l'aggancio che le corde hanno dentro di lui. Me ne sono accorto quando ho visto l'entusiasmo delle tante persone che facevano lezione con me e mi seguivano imparando poi a legare e sviluppando la propria strada.


Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?

I passaggi fondamentali iniziano dall'ExpoCartoon dove ho scoperto che l'arte del legare interessa alla gente, da lì i miei primi spettacoli e le esperienze di Bondage nel privato. Tuttavia la mia tappa formativa fondamentale è stata l'incontro a Tokyo con il maestro di Kinbaku Yukimura Haruki Sensei ed il suo mettere sentimento nel legare (in giapponese “kimochi” − 気持ち – ovvero "sensazione"/"sentimento"). Yukimura-Sensei si concentra sullo scambio empatico tra esecutore e modella piuttosto che sul profilo tecnico della legatura. Questo incontro mi ha trasformato e gli effetti di tale cambiamento verso un profilo più emozionale sono stati subito evidenti ai miei allievi. A Yukimura Sensei devo in particolare l'acquisizione del concetto di timing (in giapponese “maai” – 間合い – un termine usato originariamente nell’ambito delle arti marziali per indicare la distanza fisica, temporale e mentale tra due avversari) che consiste nello scandire l'esecuzione con i movimenti e le soste più opportune in base allo svolgersi della trama emozionale.
Nell'ambito di questo dialogo empatico sottolineo l'importanza che ha stabilire un legame anche affettivo con chi verrà legato infatti con i membri della mia polifamiglia le  modelle Blondie Cerry, Minou, Fiona e il bottom/rigger Pat Foster ho un rapporto speciale. Altre sono le modelle con cui ho “legato” anche affettivamente negli anni, numerose e mai dimenticate. Tuttavia ciò non mi esclude dal poter legare anche persone che non conosco sebbene in questi casi l'esperienza abbia un valore completamente diverso.
 

Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
Il mio modello di riferimento è senza dubbio Yukimura Haruki Sensei. Se dovessi realmente dire cosa ho imparato da lui farei una fatica abissale, so che mi ha tolto una gabbia che avevo attorno, ha liberato il mio Shibari e ha fatto di me un Rigger migliore: un Bakushi.


Esiste un mercato per questa tua arte? Quali sono i limiti e quali le potenzialità?
Il mercato del bondage ruota principalmente attorno a chi vuole imparare questa disciplina o a chi apprezza fruirla tramite libri, video foto e film. Ho notato che anche al di fuori di questi ambiti il mercato risponde abbastanza bene. Ho portato quest'arte a teatro, in happening artistici o durante concerti e il pubblico, non necessariamente di nicchia, ha sempre apprezzato molto le performance godendosi la parte scenica della creazione della sospensione.
Amo molto il mio lavoro perché mi ha dato modo di viaggiare e vedere molte realtà in giro per il mondo, dall'Islanda fino al Giappone, dove ho parecchie collaborazioni in corso.


Quali sono le tecniche principali che utilizzi?

Ho uno stile che è un fusione tra tecniche di diverse scuole che vanno dallo Shibari giapponese al Bondage Western Style. Negli ultimi dieci anni comunque il Western Style ha perso terreno a vantaggio dello Shibari al punto che persino negli Usa, a Chicago, si chiama Shibaricon la più grande fiera di settore, una grandissima manifestazione che registra fino a cinquemila presenze.
Lo stile giapponese ha varie codifiche a seconda del maestro o della scuola dove è nato. Io ho frequentato diverse scuole giapponesi ed ho avuto la fortuna di incontrare molti grandi maestri. Alla fine ho sviluppato uno stile tutto mio apportando contributi personali a tecniche codificate. Cambiano gli stili, mentre i materiali usati sono sempre iuta e canapa, laddove l'uso della seta è un falso storico perché si degrada con facilità.


Come scegli le tue modelle? Quali sono le migliori?
Non scelgo le mie modelle, sono loro che si propongono a me. Io scelgo soltanto il modo con cui legare il loro corpo, che varia da caso a caso perché ogni corpo è una tela e dunque una sfida specifica e irripetibile. Comunque se si opera in uno show la modella deve essere atletica per sopportare meglio determinate sollecitazioni ed espressiva per enfatizzare la resa artistica, tuttavia non c'è una regola generale.
Non c’è un fisico idoneo e uno meno adatto, ogni corpo racconta una diversa emozione, da quelli piccoli e magri, alle modelle formose e morbide.


Come scegli i nodi?

I nodi si scelgono in base al fluire della performance, variano come le note nell’improvvisazione jazz, in base al corpo, al momento e all’emozione che vogliamo scatenare nella modella e nel pubblico.
In ogni caso è importante la scelta dei materiali, infatti io uso quelli tradizionali che acquisto direttamente in Giappone, e che preparo seguendo un particolare rituale anche esso incredibilmente tradizionale. Eseguito tuttora anche a Tokyo nonostante sia una metropoli modernissima.


Secondo te è un'arte pericolosa per le modelle?

Direi che è un'arte che ha un coefficiente di rischio molto alto ed è paragonabile al paracadutismo perché ci sono reali possibilità che qualcosa vada storto e ci si faccia male. Ovviamente i rischi maggiori li corre la modella mentre il rigger, colui che lega, può rompersi un dito al massimo, per questo si dice sempre che è una attività che richiede la massima attenzione e una grande responsabilità.


Se potessi scegliere, dove vorresti proporre la tua arte?
Il mio sogno è portarla fuori dal nostro ambiente, magari a teatro, in mostre o in situazioni decontestualizzate. Vorrei che le persone potessero vedere lo Shibari dal vivo per quello che è e non per mezzo di supporti fotografici o video. Ho eseguito performance di Shibari mentre venivano recitate poesie e ho visto l'espressione piacevolmente sbalordita del pubblico impreparato ad una simile alchimia.
A mio avviso lo Shibari meriterebbe la Biennale; così come l'Abramović porta al Moma la sua performance, allo stesso modo vorrei portare la mia arte in contesti artistici di livello.


Si può vivere di quest'arte in Italia?

Sì, si può viverne basta essere frugali!


Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontri?
In primis la mancanza di spazi d'arte in Italia al punto che mi capita di lavorare più spesso all'estero e con maggiori riconoscimenti. Un'altra difficoltà che incontro è che, essendo lo Shibari molto legato all'erotismo, non viene accettato in certi ambienti dove sussiste un vero e proprio blocco verso tematiche che abbiano a che fare con la sessualità.
Esiste una bellissima fiera occidentale sulle arti orientali che non ammette lo Shibari nonostante esso sia parte integrante della storia e della cultura orientale.


Secondo te, una maggior diffusione di questa arte che effetti potrebbe avere sul contesto sociale?
Potrebbe portare le persone a vivere meglio le emozioni legate alla sessualità perché affidarsi a qualcuno così tanto da donargli la tua libertà personale ti rende più forte. Quando qualcuno ti abbraccia e ti tiene stretto c'è sempre un attimo di panico, poi ti godi fino in fondo quel momento di vicinanza. Questa disciplina dà sicurezza, aiuta a vincere la paura ed è simile alla meditazione perché dà molto spazio all'ascolto personale e reciproco. Fare bondage fa bene alle coppie. A tal proposito collaboro con RossoLimone che fa consulenze nell'ambito della sessualità e con loro faccio corsi per le coppie perché il bondage aiuta a creare e mantenere il legame. Nella vita di coppia non capita spesso di avere del tempo di qualità totale come nel bondage dove si deve dare il 100% di se stessi. Le coppie stabili si creano anche con le corde.
   

Chi ha la capacità di giudicare i tuoi lavori?

Il pubblico, chi guarda. Poi ci sono i giudizi degli altri esperti che fanno piacere. Quando il mio Maestro ha commentato la mia foto dicendomi che emozioni gli aveva dato il mio lavoro, per me è stato un giudizio importante. Lui ha letto le emozioni attraverso una immagine e quello che ha detto era esattamente quello che volevo esprimere.
 

C'è qualcuno a cui stai lasciando l'eredità di questa tua arte?
Ci sono tantissimi che hanno iniziato con me, tra i tanti nomino Beatrice Gigliuto, oGRE, Pat Foster, insieme a tanti altri miei ex-allievi so che porteranno avanti la passione a cui ho dato corpo.
Debbo dire che le donne fanno molta più fatica innanzitutto perché siamo un popolo fondamentalmente maschilista e poi perché la nostra è un’arte con stereotipo di Rigger maschio e modella femmina.
All'estero ci sono molte più donne che sono Rigger, o entrambi i ruoli. Penso a Gorgone, una bravissima rigger francese di cui  andrò a vedere lo spettacolo in Giappone, oppure Yoi Yoshida che oltre ad essere una bakushi straordinaria gestisce un locale caratteristico a Tokyo.


Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?
"Quali sono i miei progetti?" Adesso voglio aprire la scuola al nord dato che mi sto trasferendo a Milano, e allargare i miei orizzonti addentrandomi ancora di più nel Yukimura Ryu.

 

 

 

 



ART 3.0 − AutoRiTratti

Davide La Greca
in collaborazione con Accademia dei Sensi
website pagina FB dell'artista
            
www.maestrobd.it   
            
www.kinbakushi.blogspot.it

Latest from Catia Giaccherini

Related items