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Monday, 19 January 2015 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Franco Margari

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Ho conosciuto Franco Margari in occasione delle riunioni presso la Casa di Dante a Firenze. La sua attenzione è sempre alta, si sofferma sui dettagli che poi lascia stratificare nei pensieri, quasi volesse seminare − nel suo vissuto − ogni nuova esperienza. Guardando le sue opere mi colpisce spesso la volontà, attraverso la luce, di aprire un varco in una zona buia e di mostrarne la bellezza e la complessità. Come se aprisse un forziere di gioielli, inesistenti fino ad un attimo prima perché proprio perché protetti dal buio. Ed è proprio dal buio che spesso emerge con violenza la preziosità dei pensieri di Margari; è dal buio che trovano poi forza affidandosi ai colori. Quindi scava, cerca, dare valore al pensiero e all’esperienza, Franco Margari.
Mi viene spontaneo collegare questa sua operazione mentale ed artistica alla tecnica dell’acquaforte. Una lastra dura, un materiale difficile da conquistare, ma sul quale si va ad incidere una storia, si scava una traccia, la si pulisce con l’acido e dopo averla rivestita di colore la si passa al torchio per farne emergere tutta la bellezza possibile.

“Concetti che vogliono essere espressi visivamente perché la percezione è più rapida della parola, e che non possono essere espressi tramite segni che implichino riferimenti alla natura, perché debbono esprimere qualcosa di naturale, di realizzato mediante congegni meccanici". (G. C. Argan, L'arte moderna, 1970).


Quando ti sei accorto di voler essere un artista?

Non c’è stato un episodio particolare, la passione per l’arte è nata con me. Da piccolo mi piaceva disegnare fumetti, inventavo storie e me le disegnavo con lo stesso stile dei fumetti che leggevo, copiavo Tex e lo “rielaboravo” facendone un personaggio mio. A dodici anni mi sono accorto che sapevo disegnare bene, a sedici ho scoperto che disegnare poteva essere un mio modo di esprimermi, un modo per creare un mondo nel quale mi sentivo bene, dove tutto era come lo desideravo, da qui passare alla pittura è stato un baleno, il colore mi ha aperto una strada nuova, mi ha messo il tarlo di essere un artista.


Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?

La scoperta del colore è stata come una folgorazione, ma solo andando da un pittore, amico di famiglia, che mi prese sotto la sua ala, riuscii ad acquisire la tecnica. Era un pittore paesaggista, presto cominciai a dipingere sul suo stile paesaggi toscani, case, cipressi nei campi e cosi via. Facevo i miei quadretti e glieli portavo a far vedere, lui me li correggeva, la passione era talmente forte che frequentai anche lo studio di Vendrame, lui faceva prevalentemente nudi e imparai un po’ di anatomia, ma la vera svolta fu quando per caso vidi in centro a Firenze, un vecchio venditore di stampe, erano talmente belle che chiesi come erano fatte, lui mi spiegò la tecnica dell’acquaforte, che per me era una parola sconosciuta; nel giro di pochi mesi andai da un maestro della stampa calcografica: Arcuri. La sua frequentazione e la sua scuola per me divennero fondamentali per il consolidamento della grafica a stampa e del disegno: imparai tutte le tecniche incisorie e, fino ai trentacinque anni, mi dedicai solo a quelle.
Altra svolta fu il contatto col pittore astrattista Antoine Garel: ricominciai a dipingere e a fare i paesaggi, ma “rivisitati” completamente. Scoprii e compresi l'informale e con esso la possibilità di dare, con masse materiche, con i segni e i colori, un corpo alle emozioni: era l’embrione di quello stile che mi accompagna ancora adesso.
I miei paesaggi si sono evoluti sempre più in paesaggi della mente. Oggi riproduco il magma mentale con materiali di varia natura: carta, tessuto, gessi, colle, su questa superficie densa di asperità, graffi e increspature incomincia il mio viaggio: continue stratificazioni di colore sempre più spesse, come evocazione della vita, come per riscoprire emozioni, esperienze, dolori e ricordi sedimentati.
La materia si scompone e si ricompone e a fianco di una finestra di luce definita dal bianco abbagliante vedo la massa incombente di colore e materia come protagonista senza volto, come attesa di speranza, di riflessione.
Luce e materia, giorno e notte, anima e fisicità, la lotta di questi due aspetti dell’essere è il tema che mi interessa.
Mi piace non far mai comparire la figura umana pur cercando di farne avvertire la presenza, vago fra atmosfere irreali, striscio nei sottoboschi, nuoto in fondali marini incantati, volo nei cieli del sogno. Questa è la mia pittura di oggi.


Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?

La luce mistica di Turner, la forza e l’energia di Burri e i paesaggi subacquei di De Gregorio.


Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?

La parola “mercato” avvilisce secondo me la parola ”arte”.
La monetizzazione dell’opera, così difficile oggi da realizzare, passa attraverso regole ferree delle operazioni commerciali, se un artista desidera che il suo lavoro sia nel “mercato” deve diventare imprenditore, deve cioè agire secondo le leggi mercantili, quindi deve investire somme ingenti e aspettare il ritorno economico, il mercato ha le sue regole, la domanda e l’offerta, se l’artista realizza un prodotto accettato dal mercato prima o poi, se ha investito molto, può avere il suo profitto.
Naturalmente in questo percorso il merito spesso ha una valenza trascurabile.
C’è da riflettere se l’opera d’arte, essendo un prodotto culturale, può essere sottoposta solo alla legge del profitto come qualsiasi altro manufatto, oppure, se deve far parte della crescita dell’anima del mondo e quindi dev'essere patrimonio dell’umanità, avendo diritto perciò a finanziamenti pubblici. In questo secondo caso l’artista avrebbe modo di vivere senza essere sottoposto a continui ricatti da parte di quella filiera che oggi il sistema dell’arte impone: arte quindi ad esclusivo fine di aumentare la qualità della vita di chi la fa e di chi ne fruisce.


Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?

Secondo me esistono due direttrici per dare un valido contributo all’artista contemporaneo:
1) Sponsor privati. Questo presuppone l’esistenza di una imprenditoria privata sensibile alle iniziative culturali, ma credo che sia ormai un’eventualità rara, l’imprenditoria italiana ha altro a cui pensare in questo momento. 
2) Sponsor pubblici. Enti disposti a destinare spazi gratis alle giovani leve italiane sempre più frustrate dalla scarsa attenzione degli amministratori locali troppo poco attenti ad iniziative culturali che non abbiano un sicuro e immediato ritorno economico, ci vorrebbe che gli enti pubblici promuovessero iniziative tali che giovani artisti ottengano facilmente: residenze, studi per lavorare, committenze pubbliche, ma questo in Italia è una chimera per ora, anche se credo sia la strada.


Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?

C’è un piccolo quadretto nel mio studio che feci praticamente da bambino, è sopravvissuto miracolosamente al tempo, ogni volta che getto lo sguardo su di lui mi commuovo. I legami di questo tipo con le opere sono i più forti.


Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodo dell'anno?
Ovviamente ogni artista vorrebbe esporre in luoghi prestigiosi, in gallerie di fama internazionale, in palazzi storici o in musei.
Anch’io sono fra quelli, ma in questo momento esporrei volentieri in qualsiasi posto purché siano i curatori che, conoscendo il mio lavoro, mi apprezzino al punto tale da volermi nel loro spazio senza condizioni: offrendomi, praticamente, un attestato di merito.
Questo sarebbe per me un grande motivo di esaltazione, sarebbe un riconoscimento vero.
Ma anche questo è un sogno.


Secondo te si può vivere di arte in Italia?

No, conosco tanti artisti, pochissimi vivono di arte e molti di loro che hanno fatto questa scelta hanno difficoltà di varia natura.


Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?
Spazi pubblici, sempre più difficili da trovare. Gallerie private, che chiedono cifre spesso troppo impegnative. Disinteresse totale della politica. Disinteresse totale del settore privato. Davvero, in questo momento, fare arte è un lusso che pochi possono permettersi.


Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?

Un pregio è senz’altro che ci sono nuove leve della critica d’arte, giovani preparati e con tanta voglia di emergere: sono sicuro che fra questi ragazzi presto emergerà qualche nome a livello internazionale. Un difetto è quello che il critico d’arte ha perso il suo ruolo originario: quello dello scopritore di talenti, del segnalatore di belle mostre ma anche dello stroncatore, del selezionatore, di educatore e di guida.
Oggi i critici d’arte parlano e scrivono bene di tutti e questo lo trovo riduttivo.
Basterebbe che fossero pagati anzichè dagli artisti dai giornali per i quali lavorano: diventerebbero autonomi economicamente e cambierebbe tutto.


Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Le mie opere parlano di me, sono degli autoritratti del pensiero: vorrei che chi  guarda le mie tele si ritrovasse nelle stesse atmosfere nelle quali mi sono ritrovato dipingendole. Vorrei che il sentimento che emanano fosse recepito e che penetrasse dritto al cuore; dialogare con le mie opere è come scoprire il mondo che abita nella parte più intima e migliore di me.


Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?
Più che in una intervista, davanti a un mio lavoro: “Qual è il passato di quest’opera?”. Questa è una domanda che non sento mai fare né dagli appassionati né dagli addetti ai lavori.
Il percorso di vita di una determinata opera, perché ogni opera ha la sua storia, come ogni creatura proviene da un’idea in embrione, poi via via che viene eseguita è sottoposta a stratificazioni, ripensamenti, correzioni, a volte uccisa e fatta rinascere: è come se l’opera stessa percorresse il suo autonomo viaggio ad ostacoli, alla ricerca di armonia e bellezza finali.
I dettagli di questo percorso sono la sua storia, la sua vita, il suo passato; molto spesso invece i commenti, le domande, i giudizi sono sempre riferiti al risultato finale, alla sola visione presente.

 

 

 

 

ART 3.0 − AutoRiTratti
Franco Margari
in collaborazione con Accademia dei Sensi
elenco opere nelle immagini Lento magico swing; La finestra sull'assenza; Il respiro del pensiero; Frattura ideologica; La prigione della mente; Il luogo del risveglio
website http://www.margarifranco.com/

 

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