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Monday, 29 December 2014 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Luigi Zucconi

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Gli occhi verdi e sorridenti come quelli di una persona felice, i capelli un po’ arruffati, le mani ruvide e forti, una giacca nera di panno e pantaloni neri, ecco che Luigi Zucconi entra nel bar dove lo attendo per l’intervista. Incontra un ragazzo, lo abbraccia, si informa della sua salute, poi, rivolgendosi alla persona che lo accompagna, restano a parlare qualche attimo con un atteggiamento che indica preoccupazione. Scopro dopo che quel ragazzo fa parte della comunità dell’Anconella, dove si promuove il reinserimento nel mondo del lavoro di ex tossicodipendenti e di cui, Luigi e la sua compagna, sono volontari da anni.

La spontaneità di quell’abbraccio rivela, fin dai primi istanti, un animo sensibile e attento verso il disagio. Luigi non vende le sue opere, non è un artista che si può trovare in Galleria, diserta ogni evento mondano e, solo per amicizia, accetta di rispondere alle mie domande. Si siede, un po’ teso, anticipandomi che scrivere o parlare di sé non è la cosa che preferisce fare. Ordiniamo un caffè e mi accorgo che di cose da raccontare ce ne sarebbero tante, ma è la vigilia del Natale 2014, tutti in quel luogo vanno di fretta e Luigi Zucconi mi ripete “no, questo non scriverlo, non importa”.

Quando ti sei accorto di voler essere un artista?
Per me artista è una parola particolare, mi ritengo più uno scultore. Frequentando un ambiente di scultori e pittori, verso i trent'anni, sentii l’esigenza di sperimentare anch'io l'arte. Mi piaceva tanto andare alle mostre, immergermi in quegli atti creativi, frequentare gli ambienti che gli artisti frequentavano, sentire il loro mondo attraverso le opere e ad un tratto desiderai imitarli. Con gli anni mi sono reso conto che è diventata un’esigenza irrinunciabile come il desiderio che ho di concretizzare pensieri sempre più complessi e sempre meno facili, per me, da modellare con le mani.

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Ho iniziato copiando i fumetti sulla pietra: marmi e arenarie. Una delle prime cose copiate ad esempio è un altorilievo della Sibilla Cumana, forse la mia opera migliore ancora oggi, poi i miei amici mi dissero di provare a seguire l’istinto.
Sono attratto dal mondo della fantascienza, quel mondo che molti potrebbero definire tecnologia fantastica e quindi ho prodotto sculture in ceramica, metallo e altri materiali partendo dal figurativo per poi spostarmi, lentamente, verso forme meno conosciute. Nelle mie sculture si possono riconoscere degli esseri, ma non sono bene identificabili. Vi si possono trovare zampe, teste, movimento, ma niente che sia propriamente conosciuto. La cosa fondamentale è che abbiano la loro esistenza e che in loro si percepisca traccia di vita passata o futura. Quello che voglio significare è l’evoluzione nel cosmo attraverso la tecnologia. Le mie sculture potrebbero ricordare anche creature aliene, spesso protette da una corazza. Ho affrontato necessari cambiamenti in particolare quello relativo ai materiali utilizzati: la pietra infatti, che amavo scolpire, mi limitava per questioni di tempo, era troppo impegnativa e non rispondeva alla mie esigenze cromatiche, quindi oggi lavoro la ceramica.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
Mi sono lasciato sedurre da Hans Reudi Giger, il disegnatore di Alien che purtroppo è conosciuto solo per quel personaggio, ma già quarant’anni prima era un artista completo e di livello importante. Solo con Alien è arrivato al successo, ma non si arriva ad un tale personaggio capace di bucare lo schermo e la mente di tante persone, se non si ha una profonda conoscenza dei pensieri più inconfessabili. Lui è stato il primo nel mondo a creare esseri biomeccanoidi: vita e meccanica fusi in un unico essere.
Come altri modelli ho tutti quelli rinascimentali e in particolare Michelangelo e Donatello.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?
Per me il mercato dell’arte non è sempre una cosa positiva ed ha limiti proprio nel fatto che deve stare “sul mercato”. Più sono standardizzati i gusti più è facile vendere. Far emergere dal committente un gusto proprio, legato ad una ricerca personale, richiederebbe tempo e fatica per i mercanti, sarebbero costretti a documentarsi molto di più di quanto non facciano adesso. C'è da dire che coloro che riescono ad entrare nel circolo economico hanno sicuri vantaggi, ma è anche un limite perché vengono quasi costretti a modificare il loro percorso per adattarsi al mercato. Non voglio generalizzare, ma capita anche questo.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?
Secondo me si potrebbero sensibilizzare i bambini all’arte, educarli alle Arti in generale: Poesia, Scrittura, Musica. L'arte insegna a dedicare il tempo alla parte più nobile, serve a sviluppare la capacità di pensare in modo autonomo e quindi anche a rapportarsi in modo diverso agli altri. Mi piacerebbe anche un “mercato dell'arte” solo per i bambini dove siano liberi di scegliere le opere che sentono affini in modo da iniziare a sperimentare il bello, inteso come quel qualcosa che ti dà gioia e ti fa stare bene, ti eleva ad una dimensione esclusiva.

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?
L’opera mia, a cui sono più legato, è l’Amplesso perché è quella che rappresenta il momento del cambiamento, del distacco da ciò che mi aveva portato fino a lì: il primo passo verso il nuovo modo di esprimermi. Amo immensamente l’opera di Barbara Calonaci dal titolo Torri Gemelle, un’opera del 2001 dove vivo la distruzione, ma anche la determinazione alla rinascita. Sono corpi aperti dentro i quali sento vibrare nuova vita.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre, perché e in quale periodo dell'anno?
Mi piacerebbe in inverno a Palazzo Vecchio dove una volta ho visto Folon, e poi al MoMa, in inverno però: che non mi chiamino in estate perché sarei costretto a declinare l’invito (l’artista sorride ironico e divertito, NdR).

Secondo te si può vivere di arte in Italia?
Sicuramente no. Per quel che mi riguarda ho un altro lavoro, ma guardando in giro, a parte alcuni casi, non credo che sia possibile vivere di arte in Italia.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?
Il tempo. Ci sono poi difficoltà nel trovare lo spazio. Fare mostre ha un costo elevato in termini economici e anche di risorse personali e serve comunque conformarsi al sistema che le gestisce.

Cosa potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?
Non ne ho idea, non saprei cosa suggerire.

Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
Un pregio è la capacità della critica di mettere in risalto le doti e i limiti di un artista. La critica serve, aiuta a spronare l’artista quando arriva da un critico onesto, corretto e preparato. Un difetto è che anche il critico è umano e, quindi, segue comunque il suo gusto personale senza cercare di cogliere, a volte, lo spirito che abita certe opere. È un difetto molto diffuso in ogni campo, ma che in questo caso penalizza anche gli artisti bravi.

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Vorrei che guardassero le mie opere, magari che ne guardassero molte perché non si giudica uno scultore da una foto o da una sola scultura. Si dovrebbe avere la pazienza di conoscerlo attraverso i suoi passaggi e perché no conoscendolo, andando alle sue mostre e parlandoci direttamente.

Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?
Perché fai lo scultore? E risponderei che lo faccio per necessità, per un bisogno importante da soddisfare.

 

 

 

 

 

 

ART 3.0 − AutoRitratti
Luigi Zucconi
in collaborazione con Accademia dei Sensi
elenco delle opere nelle immagini Coleotteri; Pensieri; Contaminazione; Amplesso; Listener


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