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Monday, 10 November 2014 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Serena Tani

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Serena Tani è una donna determinata e forte, sfuggente come alcune delle sue opere, generosa e comunicativa.  Si intravede quasi il suo pensiero attraverso i grandi occhi chiari, ma non si riesce a seguirlo. Ama il teatro, la poesia, la sua ricerca è inarrestabile. Passa dal figurativo ad un figurativo destrutturato attraverso i suoi manichini che veste di ogni tipo di emozione umana.


Quando ti sei accorta di voler essere un'artista?

Da piccola, intorno ai cinque anni sognavo di rubare i colori e di danzare con loro. Mi piaceva molto il rosso, colore predominante per molti miei disegni infantili. Il mio primo grande dipinto l'ho realizzato a nove anni, quando mi regalarono una scatola con trentasei grandi pastelli a cera: raffigurava un paesaggio di campagna con colline e case. Comunque non credo ci sia un momento per diventare o volere  essere artisti credo si debba possedere una certa predisposizione per le arti, un'inclinazione all'ascolto e all'attenzione, un desiderio profondo di comunicare con una diversa modalità.
Sicuramente senza la forza, la continua ricerca e la determinazione anche questo “stato di grazia“ si spenge.

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
I miei anni trascorsi tra fashion e collezioni hanno alimentato la mia creatività. Ho lavorato per un ventennio tra stilisti, sfilate di moda grandi “maison” dalla firma italiana ed internazionale.
Spesso osteggiata dalla famiglia che voleva per me, una vita più “sicura” legata ad una soluzione marito-famiglia. Va considerato anche che nel periodo in cui sono cresciuta le donne-artiste erano poche e considerate poco o punto. Questo non è servito a fermarmi, anzi ha fatto sì che mi fortificassi nella determinazione di affermare la mia scelta tramite ricerca, esercizio e tecnica. Molto importante, anzi determinante è stato l'incontro in età giovanissima, con un pittore e maestro d'arte con cui ho condiviso lo studio per molti anni e, per un certo periodo è stato il mio compagno di vita. Con lui ho imparato molte tecniche pittoriche e frequentato il complicato, ma altrettanto affascinante mondo delle gallerie dei critici e degli artisti. Erano gli anni Ottanta, periodo “ricco“ economicamente.
Le gallerie esponevano grandi artisti, spesso ero invitata ai loro vernissage e questo mi permetteva di frequentare molti critici dell'ambiente artistico fiorentino.
La mia grande passione, arricchita dall'apprendimento delle tecniche pittoriche, mi ha permesso, in seguito di esporre godendo fin da subito di un buon riscontro di critica e di pubblico.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirata e perché?
Mi sono ispirata a pittori della luce come Rembrandt, Turner e Caravaggio. Sicuramente diversi tra loro, ma tutti con un linguaggio poetico intrinseco e innovativi nella loro espressione figurativa classica: grandi maestri del colore e della luce. Caravaggio ha una potenza espressiva inavvicinabile, mentre di Rembrandt amo il linguaggio erotico. Tra le fonti a me più care però c’è senza dubbio la poesia. Spesso è proprio pensando ai versi di alcuni poeti che sono nati alcuni dei miei lavori. Emily Dickinson è la mia musa. La poesia e il teatro, il silenzio dei palchi, il vuoto e l'assenza in cui vive un'essenza percettibile a chi resta in ascolto.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?
Il mercato dell'arte in questo momento vive un grave impoverimento culturale perchè ha dimenticato gli artisti, costringendoli quasi alla fame, correndo dietro alle mode passeggere. Purtroppo quando c'è impoverimento di tutti i valori, diventa molto più facile sfruttare l’arte e gli artisti. Un esempio è lo straordinario proliferare di premi, a pagamento, che mai come adesso sono stati tanto numerosi. Tutti gestiti e manipolati da chi fa dell’arte un mercato, che non è il mercarto dell’arte, ma è comunque un mercato da cui riesce a trarre profitto. L'Italia, culla del Rinascimento è purtroppo assente nel linguaggio contemporaneo, non si muove affatto come invece fanno molti altri Paesi. Il fermento artistico c’è ed è di grande valore, ma ogni volta viene soffocato a causa dell'impoverimento del pensiero di chi gestisce i circuiti dell’arte.
Viviamo ancora il pregiudizio dell’artista a senso unico e non interdisciplinare, mentre molti artisti manifestano il desiderio di fare rete per rafforzare il proprio percorso, confrontandosi con altre discipline ed interagire con un pubblico più vasto e numeroso. Il rapporto galleria-artista ha stancato. È un rapporto che lega strettamente gli ”addetti“ e gli “adepti”, molto sterile, di poco interesse, ormai, anche per i collezionisti.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?
L'artista contemporaneo, proprio perché tale, dovrebbe collaborare a progetti artistici legati alle grandi aziende del panorama internazionale. Creare collaborazioni con altri artisti di varie discipline, ma soprattutto organizzare più mostre temporanee nei grandi musei, in modo da creare ossigeno per entrambi: artisti e musei. Gli artisti dovrebbero essere lasciati liberi nel loro pensiero e nelle loro creazioni e non costretti nelle mode e nei flussi passeggeri. L'unicità è sempre la carta vincente. Non ha mode e non ha modi standard.

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?
Sono legata in modo particolare a due mie opere. KORE è un'installazione nel parco 'Arte nel Chianti', parco visitabile, su prenotazione, dall'alba al tramonto che si trova sulle colline di Montespertoli in provincia di Firenze. Qui le opere sono state create per l'ambiente circostante. È la mia prima installazione: KORE scultura in rete metallica e acciaio, sospesa ad un albero nel fitto bosco. Si riallaccia ai miti greci, che raffigurano la fanciulla vittima d'incantesimo che per metà anno era regina delle messi e per l’altra metà prigioniera degli Inferi richiamando così il susseguirsi delle stagioni. L’ho creata in rete trasparente per legarmi alla filosofia Zen, alla meditazione.
L'altra è il dipinto Cuba caffè che rappresenta la libertà in movimento, il rosso che ho sempre sognato da piccola, il colore che dà forma. Sono un'artista in continua ricerca e in continuo cambiamento, mi piace anche dimenticare i miei lavori per essere libera di sperimentare al meglio con tecniche nuove, nuove idee.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodo dell'anno?
Mi piacerebbe esporre in uno stadio, in notturna, per avere tanti riflettori ed un pubblico multiplo ed eterogeneo. Va bene anche un grande cinema o in teatro, accompagnata da musica e voci narranti. Direi che potrebbe essere questo il mio nuovo progetto artistico. Per il periodo l’unica cosa fondamentale è che avvenga finché sarò in vita e non dopo.

Secondo te si può vivere di arte in Italia?

Sì, si potrebbe vivere d'arte, se ci fossero canali di divulgazione ed arricchimento meno chiusi. Più cultura ed attenzione per i progetti artistici. Scarseggia la sensibilità da parte delle istituzioni a sostegno dell'arte attraverso progetti di promozione per associazioni ed artisti. Si potrebbe vivere d'arte se si cominciasse a pensare agli artisti come a persone che, con i loro mezzi, creano cultura, quindi attrazione, turismo, economia allargata, in comunicazione, magari, con il proprio territorio.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?
Spesso i mezzi economici, sono un grosso blocco per la creatività. Anche l'assenza di una buona critica non permette nessuna crescita dell'artista. I canali di diffusione, almeno in Italia, sono legati alle gallerie che non sono assolutamente interessate alla crescita, ma alla stretta intesa commerciale, infatti scambiano solo vecchi artisti consolidati o spesso estinti.
Mi piacerebbe ci fossero più residenze per artisti con finalità precise legate ad una progettualità ad ampio respiro. Poi sai, servirebbe il riconoscimento della professione e della figura dell’artista. La domanda buffa che mi viene rivolta quando mi presento è quale lavoro svolga oltre il tempo dedicato a fare l'artista perché visto da fuori dipingere rientra tra gli hobby di chi ha molto tempo libero.

Cosa potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?
  
Mi piacerebbe molto che ci fosse la possibilità di sensibilizzare il vasto pubblico alla conoscenza dei vari linguaggi artistici e dei mezzi d'espressione nuovi e che le gallerie non fossero aperte solo per alcuni. Penso che i musei dovrebbero ospitare più mostre temporanee di artisti emergenti, avvicinando così un largo pubblico e comunicando con loro con linguaggi nuovi. Le banche, infine, dovrebbero aprire le loro stanze asettiche a nuove forme di cultura e bellezza. Anzi, potrebbero proprio adottare gli artisti, questo per loro sarebbe anche un buon investimento perché un artista “curato” diventa anche un buon cliente.
Nelle scuole si parla pochissimo dell'arte, anzi la materia è stata proprio tolta dagli studi. Trovo che questo sia sbagliatissimo, dato che la conoscenza ed il rispetto del nostro patrimonio artistico è fondamentale. Senza la cura di esso non ci potrà essere una nuova economia. Ci sono anche molti giovani collezionisti, spesso anche colti che sono distrattamente abbandonati. La comunicazione sui giornali e nei media è scarsa o inesistente, quindi diventa difficile, anche per chi fosse interessato, sapere “chi, dove, come e quando”.
Spesso si predilige cronaca e calcio, viviamo nell'epoca dell'effimera apparenza, dove tutto passa con le mode o a causa di trascuratezza e negligenza. Cultura e arte sono per adesso reti di approvvigionamento privato, ma secondo me questo sarebbe un punto da cambiare per iniziare il cambiamento.

Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
  
Ci sono molti critici, spesso distratti o interessati solo ad un mercato truccato dell'arte. Mi piacerebbe un'attenzione all'opera dell'artista indipendentemente dal nome che porta. Vorrei che la critica usasse un linguaggio fluente e non comprensibile solo ad un ristretto numero di intellettuali.

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Mi piacerebbe che conoscessero tutti i grandi sacrifici che ci sono dietro ad una mia opera. Quanta caparbietà e sensibilità sono servite per superare quel periodo in cui per le donne artiste non c’era spazio e si doveva faticare tanto di più degli uomini.
Inoltre vorrei comunicare la mia costante ricerca di mezzi espressivi nuovi che in qualche modo interagiscano con l’osservatore.

Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?

Le domande sul mio percorso ed il mio pensiero artistico, ma una fra le tante che nessuno mi ha mai posto: se sono libera nel creare oppure legata al mercato contemporaneo distratto dell'arte…

 

 

 

 

 

ART 3.0 − AutoRiTratti
Serena Tani
in collaborazione con Fiorgen Onlus, Accademia dei Sensi
elenco opere nelle immagini One Ghost; Cuba caffè; Ballet; KORE; Scarpette rosse e petali di rosa
website http://www.serenatani.com/

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