“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 19 October 2014 00:00

La parabola d’una crisi

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Lavorio incessante di carpenteria teatrale investe dal palco la platea che si riempie; aperta la scena, offre come fondale un’anonima periferia, in cui ha piantato tenda (che non si vede) scalcinata compagnia circense. Gocce di luce tenue penzolano ad illuminare dal cielo una scena completamente aperta.
L’Anima buona di Lucignolo è rivolo che si stacca e defluisce di vita propria dalle collodiane Avventure di Pinocchio; mercante di ciuchi, l’Omino di burro è la figura che trasla dalla storia originaria in una nuova storia, fatta di circo e operetta, di musical e teatro.

Ed è rivolo, L’Anima buona di Lucignolo, che sviluppa in forma decadente una deriva possibile di Pinocchio, ovvero la sorte dei bambini trasformati in ciuchini di cui l’Omino di burro fa commercio. Il circo morente ne è destinazione effettiva, l’agonia di un universo moribondo è la metafora che gli sottende; decadente è la scena, scalcagnato affastello di ciarpame circense che s’acquartiera in una periferia dai muri sbiaditi; decadente – e decaduto – è l’imbonitore che questo circo dirige: sdrucite e lise le vesti, stentorea la voce, si fa cantore di un de profundis che possiede l’eco lugubre di un’epigrafe; decadente è l’accozzaglia di fiere morenti che compongono in elenco sparuto e grottesco le “attrazioni” del circo medesimo e che sono eco dei gabbiani monchi all’intorno; decadente – di più: macabro – è l’accatasto di scarpe in centro di scena, lascito e reliquia di somarelli periti.
In scena, ensemble che performa a vista, suggerisce commento sonoro a quest’universo che muore e somiglia un po’ all’orchestrina che sul Titanic suonava imperterrita mentre il presunto inaffondabile raggiungeva l'abisso.
A questo luogo in rovina, giostra in disuso che vive la malinconia del passato, ventre cupo del pescecane, pervengono coatti Lucignolo e Pinocchio (quest’ultimo in forma di stilizzato legnetto con testa di ciuco), tradotti colà dalle untuose mene dell’Omino di burro, impresario viscido, sciacallo mellifluo dalla voce suadente che ancora lucra su questo universo morente.
E, se la sorte di Pinocchio sarà segnata da funesta zoppia, che lo confina a silhouette stilizzata ed allusa, quella di Lucignolo, partendo dalla rivalità in amore col compagno burattino, assumerà senso e significato preponderanti, incarnando fino alla conclusione l’essenza del circo, fino a morire come il circo muore.
Favola decadente, favola in musica, cantata più che narrata, L’Anima buona di Lucignolo si stacca e si distacca dall’opera ‘madre’ per essere costola che vive di vita propria, tratteggio allusivo di un mondo che deperisce, decade, si destruttura; che abbisogna di nuovi linguaggi, perché quelli vecchi sono consunti come le bestie feroci che non ruggiscono più e che nessuno più vuol vedere.
È, L’Anima buona di Lucignolo, parabola di una crisi, paradigma di un mondo decrepito (il circo, ma anche il teatro e, in senso estensivo, un intero mondo), da ristrutturare. Ed è costruzione scenica che concede partitura preponderante al cantato per raccontare questa elegia funebre, protraendo il proprio permanere sulla scena con qualche sintomo di stanchezza.
È un teatro della crisi, destrutturazione di un mestiere, di uno spazio e di un linguaggio (tant’è che pare di cogliere in una battuta del Direttore del circo un “merda” che ci rimanda ad Ubu Roi).
È L’Anima buona di Lucignolo lavoro strutturato, ottimamente recitato e cantato, concepito con cura minuziosa del dettato musicale che impiallaccia e raccorda l’intero tessuto drammaturgico; prepondera però, virando marcatamente in direzione musical proprio la partitura canora, supportata da un’allusività al dettato scenico che prevalentemente funziona, ma che a tratti mostra qualche flebilità, finendo per demandare al cantato il ruolo guida della drammaturgia, come all’Omino di burro si demanda la sorte dei bambini trasformati in ciuchini.
Ma è pecca veniale, in un congegno che tutto sommato si dimostra oliato e sostenuto da una struttura solida a supporto di tutto l’impianto metaforico.

 

 

 

Turn Over. Più spazio per crescere
L’Anima buona di Lucignolo – Nel ventre del pescecane
di Claudio B. Lauri  
regia Luca Saccoia
con Enzo Attanasio, Luca Saccoia, Mario Zinno
musiche originali Luca Toller
musicisti Carmine Brachi, Francesco Gallo, Tommy Jackson, Luca Toller
disegno luci Luigi Biondi, Giuseppe Di Lorenzo
costumi Gina Oliva
maschere Claudio Cuomo
elementi lignei Giorgio Caterino
tecnico del suono Salvatore Addeo
parrucche Artimmagine
produzione Nerosesamo
foto di scena Giuseppe D'Anna
lingua italiano
durata 1h 30'
Napoli, Teatro Bellini, 14 ottobre 2014
in scena 14 ottobre 2014 (data unica)

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