“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Caterina Serena Martucci

Risate leggere

La piccola sala del Circolo Teatro Arcas accoglie il pubblico col consueto calore, quel senso di domestico e rassicurante, senza boria intellettuale o pretesa di fare altro che sano teatro. Una citazione di Pablo Picasso campeggia su una delle pareti, “L’arte è fatta di menzogne che dicono la verità”, scopriremo poi che la frase sta lì, decorativa, ma non ha rapporto con ciò che si vede sulla scena.

Magia del teatro

Una sedia al centro della scena. Dietro una struttura che evoca una lavagna, anche se il piano, all'interno della cornice, è vuoto. Due tende bianche ai lati, come il sipario di un teatrino di burattini. Lavagna e sipario, fusi in un unico oggetto scenico, evocano i due mondi che entrano in scena e provano a dialogare in Sputa la gomma! Il teatro va a scuola. Ai lati della lavagna/teatro due cestini di plastica per l'immondizia, uno a bocca in giù, l'altro coricato per terra.

Troilo e Cressida, eventualmente

Napoli. Lanificio 25. Uno di quei luoghi bizzarri, quasi surreali, che spuntano in mezzo al degrado e provano a mettere in piedi un altro approccio alla realtà. Fuori la città livida, stranamente silenziosa, svuotata della sua multietnica e brulicante attività diurna. Si varca l’ingresso classicheggiante, memore della ottocentesca manifattura della lana, ormai roso dal tempo e dall’indifferenza collettiva. La porta spazio-temporale ci trasporta in quello strato della città che si muove, nonostante tutto, e che forse può creare davvero fermenti vitali, a patto che non si prenda troppo sul serio, non si cristallizzi in realtà precostituita e autoreferenziale, ché altrimenti recherà in sé già i germi della decomposizione, una volta caduto lo stucco nuovo della facciata, proprio come il portale.

Crescere. Prendere forma

Marie-Hélène Garnier e ed Eric Bergeonneau mettono in scena per il 19° Rideau rouge, Francofil Festival Théâtre un testo tratto dal romanzo di Marie-Sabine Roger Et tu te soumettras à la loi de ton père.

Eppur si muove

Come di consueto si comincia con un minuto di rivoluzione. Come di consueto la rivoluzione in teatro sembra russare. Tutti ingessati sulle sedie. Tutti silenziosi. A dire di Marco Paolini solo i friulani erano rimasti così composti, ma neanche ad Avellino si erano notati fermenti rivoluzionari...
ITIS Galileo un anno dopo. Dopo la lettura del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

A certi livelli il giudizio è ininfluente

Si può morire per eccesso di semplificazione.
L’habitat di Flavia Mastrella, illuminato da una sanguigna luce rossa, è osteso in scena prima che lo spettacolo cominci. Rigorosa ed essenziale. Pesi e contrappesi. Corde, bande di stoffa, reti. Una struttura bianca, aerea e leggera. Una promessa di volteggi ed evoluzioni che si libra già nello spazio con la pulizia formale di un ideogramma. “Improvvisamente cessa il legame con il passato: corde, reti e lacci tengono in piedi la situazione. Si gioca alla vita in un ideogramma. Il tratto, tradotto in tre dimensioni, sviluppa volumi triangolari diretti verso l’alto che coesistono con linee orizzontali: ma in verticale si muove solo l’uomo”.

Complottisti o Tendenziosi?

The people don’t know their true power. Questo il motto in epigrafe allo spettacolo. Vorrebbe sancire il principio e la fine di questa rappresentazione. Quasi due ore di teatro-canzone alla ricerca non di una verità, ma, si immagina, di una maggiore consapevolezza raggiunta attraverso la ricerca collettiva. Teatro civile in un certo senso. Almeno nelle intenzioni. Sarà colpa del pubblico? Sarà colpa della società ormai passiva e teleimbonita? Le domande scivolano nel silenzio, come in una classe di impreparati che non si aspettavano l’interrogazione.

Chi ha ucciso gli Ebrei?

Sotto la volta a ombrello costolonata della Sala dei Baroni al Maschio Angioino, Napoli onora la giornata della memoria. Tufo giallo e piperno. Sala gelida e semivuota. Mariano Rigillo legge una selezione di testi, L’Accademia Popolare di danza interpeta A Survivor from Warsaw di Arnold Schoenberg. Nessuna cartella stampa. Nessun programma di sala. Pare che l’evento fosse stato presentato giovedì a Palazzo San Giacomo. Tanto basta. Del resto il pubblico è una variabile ininfluente e l’evento è conchiuso in sé, nella cerchia di coloro che lo hanno prodotto e per il quale è stato prodotto.

Il profumo della ricerca

Dove nasce una ricerca? Quando nasce? Come si sviluppa? Ricerca è cercare. Cercare è andare. Da A a B. E se invece il percorso fosse inverso? Se il fine si trasforma nel principio? Se il percorso diventa sostanza? Se quell’obiettivo lontano si arricchisce di ruscelli collaterali? Ci si può rendere conto, nel percorso, che la vera ricerca, il vero obiettivo, non è arrivare, ma camminare, la strada percorsa per arrivare al risultato, alla meta.

Cielo e Terra

Il sipario si apre su un sipario dipinto. Entra la Madonna in processione, su un trono d’argento guarnito di foglie di palma. “Dio ti salvi bella signora”. L’incontro con una zingara predice il futuro, la nascita del bambino e le prove che dovranno superare per la salvezza dell’umanità. Parole antiche, dal suono semplice, rime baciate, pose statiche. Una lingua antica e fiorita.

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il Pickwick

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