“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 19 April 2013 10:02

Laudate sie, Frate Cesco. Sul "Francesco d'Assisi" di Hesse

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C’è un sottile filo che, in un labirinto di quasi settecento anni, lega le vite di due esseri, un santo e un letterato. Francesco d’Assisi ed Hermann Hesse, infatti, possono essere considerati due spiriti gemelli, sia pure eterozigoti, le cui vite sono un esempio per le epoche avvenire.

 

Il tempo di Francesco d’Assisi

 

Ciò che nei lettori di Hesse suscita una sicura attrattiva verso Francesco d’Assisi è l’analogia tra i tempi storici che essi vivono: tempi contrassegnati da enormi cambiamenti, tempi posti al limite di due ere, tempi nuovi, per quanto ancora legati al passato.

"Francesco d’Assisi nasce nel cuore della fase di grande slancio dell’Occidente medievale […]. La conseguenza più spettacolare dello sviluppo demografico ed economico è un intenso movimento di urbanizzazione […] simile alle grandi ondate di esplosione urbana del XIX e, poi, del XX secolo"1.
È soprattutto un periodo di rivolgimenti di ordine spirituale: la Riforma Gregoriana – che si estende ben oltre il pontificato di Papa Gregorio VII (1073-1085) – ad esempio, non ha un valore esclusivamente economico e pragmatico. Essa "è, contemporaneamente, aspirazione a un ritorno alle origini (Ecclesiae primitivae forma) e realizzazione dell’autentica vita apostolica (Vita vere apostolica) […]. È anche una risposta all’evoluzione del mondo, uno sforzo di adattamento a cambiamenti sopraggiunti dal di fuori. La risposta […] investe tre aspetti principali: la fondazione di nuovi ordini religiosi, lo sviluppo del movimento canonicale, l’accettazione della diversità ecclesiale"2. E siamo così giunti agli elementi che più di altri costituiscono un trait d’union tra Francesco e il suo tempo.
Due figure sembrano precorrere l’itinerario spirituale del santo d’Assisi: da un lato San Bernardo da Clairvaux (1090-1153); dall’altro Gioacchino da Fiore (1131-1202). Il primo "protestò contro lo spirito legalistico e la rapacità del papato […]. Di nascita aristocratica, aveva rinunciato ai beni mondani per divenire monaco dell’austero ordine cistercense, e compì sacrifici personali in nome dei suoi princìpi"3; Gioacchino, invece, "ebbe una illuminazione per cui gli furono rivelati i segni del tempo alla luce della Rivelazione di San Giovanni […]. Tre diversi ordini si dispiegano in tre diverse epoche […]. Il primo è l’ordine del Padre, il secondo del Figlio, il terzo dello Spirito Santo. Quest’ultimo ha inizio proprio allora (cioè verso la fine del secolo XII), e procede verso una completa 'libertà' dello 'spirito'"4. Nel 1254 Gherardo di Borgo San Donnino sosterrà che compito dell’ordine francescano sarà quello di portare a compimento la terza epoca.
Ora, significativo è che Pietro Bernardone – il padre di Francesco – in quanto mercante "faceva spesso lunghi viaggi in città e paesi lontani […]. A quell’epoca, però, non si faceva altro che discutere ovunque della fede e della Chiesa […]. Anche ser Bernardone era molto informato su questi argomenti ed è possibile che anche in casa sua se ne discutesse molto. Infatti ovunque l’umanità era desiderosa di una fede nuova e viva e anelava alla conoscenza di Dio"5. Stando alle parole di Hesse, il giovane Francesco vive in un ambiente in cui i nuovi ordini monastici sono noti e in cui si cerca una nuova unione con Dio. Proprio questo anelito esploderà nel cuore del futuro santo assisiate.

 

Il tempo di Hermann di Calw

 

E ora veniamo ad Hesse. Anche il suo tempo è travagliato: diversi sono i rivolgimenti socio-economici, molteplici quelli spirituali. Né mancano le guerre: lì si tratta delle crociate, susseguitesi dal 1095 al 1270; qui sono le guerre austro-franco-prussiane, e in seguito i due conflitti mondiali.
Quando Hesse nasce, nel 1877, la città di Calw sta attraversando una fase di declino economico. Questo piccolo centro di artigiani vive una situazione molto simile a quella della Assisi del XII secolo: dopo la fine della guerra franco-prussiana e l’unificazione dei singoli stati nel Reich tedesco, il nuovo impero si ritrova nell’età dell’industrializzazione ma, così come i progressi tecnologici ed economici sfiorano appena la sua gemella italiana, di tutto questo a Calw c’è solo un lieve sentore.
Lo sviluppo che colpisce il resto della Germania provoca anche una estesa opposizione nei confronti della vita moderna. Sorgono movimenti tesi a promuovere forme di vita alternative accomunati dalla volontà di orientarsi a “una vita naturale”. E se nei secoli XII e XIII "la solitudine va cercata più lontano"6 dalla città, questi movimenti esortano alla riscoperta di una vita libera dall’agio borghese. Alcuni gruppi transitano nei pressi della casa di Hesse e nel 1905 lo scrittore si aggregherà ad uno di essi, diretto al Monte Ascona.

 

Vita di Francesco

 

Eppure c’è qualcosa che, ancora più profondamente della prossimità socio-culturale e spirituale, lega maggiormente l’uno all’altro, qualcosa che rinvia alla dimensione prettamente spirituale.
La prima considerazione da fare, tornando a San Francesco, riguarda la commistione tra leggenda e realtà che fin da subito la sua vita ha ispirato ai biografi. Ma ciò che più di tutto inficia l’eventualità di ricostruire perfettamente la storia del santo è il fatto che molte delle sue biografie sono andate perse.
È possibile descrivere brevemente questa storia. Tutto ha inizio nel 1257 quando, a causa della visione escatologica che inizia a farsi strada tra i rappresentanti dell’Ordine Francescano, San Giovanni da Parma (1208-1289) è destituito dall’ufficio di Ministro generale dell’Ordine e sostituito da San Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274). Egli sopraggiunge per sedare le dispute tra i francescani, e nel 1260 gli viene affidato l’incarico di redigere la vita “ufficiale” di Francesco. Questa è approvata dal capitolo del 1263, quello del 1266 proibirà ai francescani di scrivere altre Vite del santo, imponendo anche la distruzione delle precedenti. L’aspetto più esiziale della questione è che i francescani obbediranno all’ordine. Così, "fino alla fine del XIX secolo sarà proprio questo San Francesco corretto, mutilato ed edulcorato da Bonaventura, […] ad essere considerato autentico"7. Le cose cambiano a partire dal 1882: la storiografia moderna inizia a divincolarsi dalla tradizione per scoprire un Francesco più autentico. Proprio all’incrocio tra queste due letture si pone il saggio di Hesse.
Quando Francesco Bernardone nasce, tra il 1281 e il 1282, il padre è in Francia. Il nome col quale viene battezzato il futuro santo di Assisi è Giovanni Battista. Il motivo per il quale in seguito sarà chiamato Francesco ci è ignoto. "Tre le principali ipotesi […]: il cambiamento del nome da parte del padre al suo ritorno dal paese di cui avrebbe dato nome al neonato; l’omaggio reso più tardi alla madre che sarebbe stata francese […]; la persistenza d’un soprannome che gli sarebbe stato dato in giovinezza a causa del suo entusiasmo per la lingua francese"8. Jacques Le Goff propende per quest’ultima ragione mentre Hesse, pur asserendo che, a suo avviso, è verosimile che sia stato il padre a dare questo nome al bambino, non manca di dire che "possiamo […] supporre che donna Pica [la madre di Francesco] fosse originaria della Provenza, la regione che anche al marito aveva ispirato il piacere per la libera e armoniosa natura della Francia e per la lingua di quel paese"9 e che "già in tenera età, Francesco imparò la lingua franca che usò volentieri anche più tardi, soprattutto quando, per divertirsi, cantava belle canzoni"10, fondendo dunque tutte e tre le ipotesi e mostrandoci un Francesco intonatore di canti provenzali, facoltà della quale si servirà più tardi per i suoi canti religiosi. Comunque sia, la scelta di questo nome, inusuale per l’epoca, denota già la volontà di rompere gli schemi con la tradizione.
Il giovane Francesco tuttavia non ambisce affatto a divenire un religioso: i suoi entusiasmi sono rivolti verso l’investitura cavalleresca (questo aspetto di lui è descritto in toni evocativi, entusiastici e teneri da Hesse in Il gioco dei fiori: dall’infanzia di San Francesco d’Assisi del 1919)11. Quindi egli partecipa alle guerre che coinvolgono la sua città natale. In una di queste, contro la città di Perugia, viene anche imprigionato. Ma le sue aspirazioni restano invariate fino al 1204/5.
La conversione di Francesco non è un atto unico quanto piuttosto un processo diviso in più episodi, oscuri perché "il momento in cui si decidono le sorti profonde di una creatura è velato per sempre dall’oscurità, come un sacro mistero"12. Se ne può dare un’esposizione generica.
Mentre i suoi sogni sono ancora tesi verso la volontà di divenire cavaliere, Francesco si ammala gravemente. Sulla malattia si hanno solo scarse notizie. Essa durerà dei mesi e da allora la vista e l’apparato digerente del futuro santo saranno progressivamente compromessi. Sembra che questo avvenimento sia la causa di una prima crisi spirituale.
Tra la fine del 1204 e l’inizio del 1205 il giovane Bernardone decide di offrirsi volontario per combattere una battaglia in Puglia. Francesco si presenta al campo alleato con armature scintillanti che superano quelle di tutti i suoi compagni più nobili e ricchi. Ma avviene l’impensabile: mentre è a cavallo il giovane ode la voce di Dio, il cuore gli viene meno e tutto ciò in cui ha creduto gli si dissolve immediatamente davanti agli occhi. A questo punto, visto un cavaliere vestito di stracci, gli regala la propria armatura. Sarà colto ancora da una forte febbre, forse a Spoleto, per poi tornare ad Assisi. Riapparso nel suo paese d’origine, Francesco è accolto come un vile e accusato, disonorato, deriso. Oramai cammina solitario per le strade della cittadina umbra. Così Hesse immagina la prima promessa di matrimonio fatta da Francesco a Madonna Povertà, mentre risponde ai dileggi di alcuni compagni: "'Che cosa stai sognando? […] Su quali enigmi stai meditando, Francesco?'. Uno rise forte e gridò: 'Guardate amici, non vi sembra che stia proprio pensando di prendere moglie?'.
Francesco, sentite queste parole, si alzò, il volto pallido ma sereno, e disse a voce chiara: '[…] Ho intenzione di prendermi una sposa, ma è molto più nobile, ricca e bella di quanto voi possiate immaginare'"13.
Ma ci sono ancora molti ostacoli da superare per raggiungere la nuova vita. Uno di questi è la ripugnanza verso i lebbrosi. L’amore verso di essi è l’unico atto che Francesco citi esplicitamente nel suo Testamento: "quando ero ancora nei peccati, mi pareva troppo amaro vedere i lebbrosi, e il Signore mi condusse tra loro e con essi usai misericordia; quando me ne allontanai, quello che prima mi pareva amaro, subito mi si mutò in dolcezza di animo e corpo. Indi attesi poco, e uscii dal mondo", dice.
Siamo nel 1209. Francesco, ventisettenne, parte in pellegrinaggio verso Roma ed è negativamente colpito dallo sfarzo della basilica di San Pietro. Qui si unisce a dei mendicanti e sembra che prenda il posto di uno di loro dopo avergli donato i propri abiti.
Al ritorno ad Assisi gli avvenimenti precipitano. Toccato dal rovinoso abbandono della chiesa di San Damiano, il futuro santo decide di sottrarre delle stoffe al padre per raccogliere fondi e dare avvio ai lavori di ristrutturazione. Il padre, furioso, lo cerca invano: Francesco, grazie all’aiuto di un amico, si nasconde. Alla fine, deciso a prendersi le proprie responsabilità, esce allo scoperto. In strada è ancora una volta dileggiato ed offeso. Il padre, richiamato dal trambusto, lo ritrova e lo rinchiude in una segreta della casa; la madre, mossa da compassione, lo libera. Francesco viene allora condotto dal vescovo e qui, ripudiato e diseredato, si spoglia dei propri abiti: sarà lo stesso vescovo a ricoprirlo col proprio mantello. È questa la cerimonia di nozze con Madonna Povertà.
Dopo la ricostruzione di San Damiano si dedica a quella della chiesetta della Porziuncola, il luogo che più di ogni altro amerà nella sua vita, vera oasi dai dolori e dagli affanni14.
Ha inizio da questo momento la predicazione vera e propria. Essa si protrarrà fino alla morte del santo. In principio a predominare sono ancora le irrisioni ma, col tempo, molti gli si affiancano e lo seguono: il primo è un uomo semplice di cui non si sa nulla, mentre il suo secondo discepolo è ser Bernardo da Quintavalle, uomo ricco che vende tutti i suoi beni, dona i denari accumulati ai poveri e va insieme a Francesco.
Quanto avviene ora, e segnatamente la costituzione delle due Regole dell’Ordine, interessa più un articolo storico che non il presente scritto. Lo stesso Hesse ne fa solo un accenno. Lo scrittore però è troppo tenero con papa Innocenzo III e il cardinale Giovanni di San Paolo. Non è vero, infatti, che la Regola è subito accettata perché contiene passi del Vangelo irrifiutabili. È più giusto affermare, come fa Arnold Toynbee, che "papa Innocenzo III (1198-1216) e il suo pronipote e successore, il cardinale Ugolino (papa Gregorio IX, 1227-1241) riconobbero che la rigorosa imitazione del Cristo a opera di Francesco era fonte di grande imbarazzo per la curia […] e decisero allora di arruolare Francesco invece di annientarlo […], [ma] l’ordine francescano assume una forma, a opera del cardinale Ugolino e di frate Elia, che non era più consona alla concezione francescana di una vita modellata sull’esempio del Cristo"15.
Non restano che altri due avvenimenti significativi nella vita di San Francesco. Il primo avviene nel 1212, mentre sta predicando nel duomo di Assisi. Ad assistere c’è una donna del casato assisiate degli Sciffi: la futura Santa Chiara. Rapita dalla predica di Francesco, la donna abbandona i suoi averi e lo segue, stabilendosi successivamente, insieme ad altre donne, a San Damiano.
L’altro evento è del 1224. Francesco, stanco e probabilmente conscio della sua fine imminente, sale sul Monte Verna e qui gli appare il Crocifisso che gli imprime sul corpo le sacre stigmate. Poco dopo il santo, colpito da una grave malattia, torna a San Damiano. Forse in quest’occasione scrive l’unico canto che ci sia pervenuto: il Cantico di Frate sole. Francesco ormai presente la morte, che saluta con affetto. "Ti do il benvenuto, Sorella Morte" sono tra le sue ultime parole.
E il 3 ottobre 1226, verso sera, il santo muore.

 

"Se San Francesco fosse noto solo per le sue stimmate e non per la sua meravigliosa vita, egli non significherebbe nulla per me"16

 

Hesse rimarrà per sempre legato alla figura di Francesco d’Assisi. Egli ne sottolinea la bontà e la serenità d’animo, e ricerca in questo personaggio proprio ciò che a lui manca e che per questo anela.
Hermann Hesse nasce nel 1877 a Calw e già da subito è per la madre un bambino "troppo svelto e forte", difficile da tenere a bada. Tuttavia l’infanzia di Hesse, di cui una trasposizione è presente proprio in quel Il gioco dei fiori di cui si è già parlato, è piuttosto felice.
Questa situazione subisce una prima mutazione nel 1889 quando al dodicenne viene imposto di intraprendere studi teologici. Hesse, sia pure con ritrosia, si piega alla volontà paterna, ma i rapporti col genitore andranno sempre più deteriorandosi: "Ah, se fin dal principio […] mi avesse colpito sulla testa col bastone, questo mi sarebbe stato cento volte più gradito di quella calma e di quella giustizia con la quale egli mi richiudeva nella mia sciocca rete di menzogne e mi strozzava lentamente. In fondo era davvero meglio avere un padre rude e brutale che uno così giusto e distinto"17, scriverà nel 1919.
Ma la rottura più netta si ha a partire dall’anno successivo quando Hesse, dopo aver scoperto il frammento poetico La notte di Hölderlin, decide che diventerà "o un poeta o niente". Essa avviene perché il tredicenne nota che i poeti sono stimati solo dopo essere divenuti famosi, se non dopo la morte, mentre chi ha solo la pretesa di divenirlo è schernito e celiato. Hermännle, così viene chiamato in famiglia, ne fa esperienza con i suoi genitori: il 1890 non è altro, per essi, che l’anno del Landexamen. Hesse lo supera e così può iscriversi al seminario teologico di Maulbronn.
Il periodo di Maulbronn è molto duro e Hermann si rinchiude in se stesso. Otto Hartmann, compagno di camera di Hesse, lo descriverà anni dopo come un "tipo particolare e sensibile", che se ne stava per lo più in disparte, silenzioso e triste. Altri compagni ricorderanno i suoi sbalzi di umore. E così, il 7 marzo 1892, il seminarista Hermann Hesse fugge dall’istituto. Verrà ritrovato solo il giorno dopo da un gendarme.
Il giovane non riesce a vivere a Maulbronn e molti lo danno già per pazzo a causa di questa ed altre stravaganze: un giorno minaccia di morte il suo compagno di camera. La famiglia corre allora ai ripari e il 7 maggio Hesse viene portato a Bad Boll, un "avamposto di Dio", come viene chiamato. Qui Hermann si sente più libero e inizia a dare segni di miglioramento psichico. Tuttavia questo ristabilimento mentale non dura. Poco tempo dopo, infatti, a causa di un innamoramento non corrisposto, accarezza l’idea di suicidarsi e compra una rivoltella. Viene scoperto e il direttore di Bad Boll contatta la famiglia. Hermann è rinchiuso dal padre Johannes nella casa di cura di Stetten. I rapporti tra padre e figlio si riappacificano al ritorno del giovane a Calw, ma un nuovo litigio convince il genitore a rispedire il giovane in clinica. A questo punto la rottura è compiuta. Così dice una sua lettera ai familiari: "Vedo e ammiro il Vostro sacrificio, ma si tratta di vero amore? No. Stetten per me è l’inferno […]. Lasciatemi qui come un cane rabbioso, oppure siate i miei genitori!"18, o ancora: "'Padre' è invero una strana parola e sembra che io non la comprenda. Dovrebbe indicare qualcuno che si possa amare e che si ama di tutto cuore. Come mi piacerebbe una tale persona! […] Se commetto un crimine, subito dopo di me è lei ad averne la colpa, Signor Hesse, lei che mi ha privato della gioia di vivere"19.
Finalmente, il 2 novembre dello stesso 1892, Hesse viene accettato dal ginnasio di Cannstatt. Tuttavia nemmeno qui si sente davvero libero e tenta per la seconda volta il suicidio. La madre accorre e Hermann chiede di lasciare il ginnasio per imparare un lavoro. Così, il 27 ottobre 1893, diviene apprendista libraio, ma il giorno 31 le sue tracce sono già perse; Hermann è di nuovo fuggito.
Oramai i genitori non sanno più cosa fare, Hermann intanto diviene una figura proverbiale nella cittadina: "se a scuola non impari niente, allora sarai anche tu un fallito come Hermann Hesse, che ha causato ai suoi bravi genitori solo dispiaceri e preoccupazioni", così venivano ammoniti i ragazzini di Calw.
Peraltro è lo stesso Hesse a sentire se stesso come un peso. Decide, quindi, di compiere un apprendistato come operaio in una fabbrica di orologi da campanile. Il giovane capisce di essere preso in giro dagli abitanti del suo paese, alcuni gli urlano alle spalle: "Promosso fabbro agli esami di stato", ma è imperterrito: lavora, nel tempo libero studia appassionatamente la letteratura mondiale e nel 1895 termina l’apprendistato.
Ora sembra rinato. Si trasferisce a Tubinga per un apprendistato come libraio e nel 1898 le sue opere vengono pubblicate. Invia anche una copia a sua madre per il compleanno, ma ella non le apprezza del tutto. Tuttavia Hermann è oramai affrancato dal peso della famiglia e continua a pubblicare e a cambiare lavoro con maggiore serenità.
E siamo al 1901. Hesse lavora come commesso in una libreria di Basilea. Ma soprattutto, il 25 marzo, parte da Calw per recarsi in Italia. Visita Milano, Genova, Firenze, Fiesole, Venezia, Bologna, l’Umbria. Vede nell’Italia una terra fatata, una terra in cui "si impara a meraviglia l’arte del pigro bighellonare" e in cui i propri nervi possono essere ristorati. Quando torna in Svizzera, ha ormai eletto l’Italia a sua seconda patria. Qui, come scrive in una lettera, ha davvero vissuto.
Nel 1903 Hesse riparte per l’Italia e gli sembra di tornare in patria dopo una lunga assenza. Si interessa a varie personalità del nostro paese: scrive, ad esempio, una monografia su Boccaccio. Ma soprattutto si innamora della figura di San Francesco. Trova in lui ciò che egli riesce a raggiungere solo nella trasposizione letteraria. Quanto è vicino, infatti, Peter Camenzind – il protagonista dell’omonimo libro che Hesse pubblicherà nel 1904, quasi contemporaneamente al Francesco d’Assisi (settecento anni dopo il primo vero avvenimento della conversione di Francesco), a ventisette anni (la stessa età che Francesco ha quando parte per Roma e comprende quale sarà il suo ruolo nel mondo) – al santo di Assisi. Si può dire, anzi, che Peter stia a metà strada tra Francesco ed Hermann: egli è un letterato che, dopo aver girato il mondo, decide di ritirarsi dalla vita mondana; torna quindi al suo paese d’origine, abbandona l’intellettualismo, si prende cura con grande amore di Boppi – un invalido – e di suo padre per liberarsi infine del suo orgoglio e occupare il posto dell’oste del paese. Peter è ormai felice di sé e ha tanto amore che può anche offrirne. È quello che Hermann vorrebbe essere.
Purtroppo sappiamo che per Hesse non arriverà mai quel momento e che, tra guerre esterne e lotte interne, guarderà per tutta la vita all’Italia e a San Francesco come alla sua patria e al suo fratello spirituali. E come Francesco amava rifugiarsi nella Porzuincola, così Hermann si immergerà nella vita del santo e nell’amata Italia per ristorarsi l’anima.



1) J. Le Goff, San Francesco d’Assisi, tr. it.A. De Vincentiis, Roma-Bari 2010, pp. 3-4.

2) Ivi, pp. 6 e 7.

3) A. Toynbee, Il racconto dell’Uomo. Cronaca dell’incontro del genere umano con la Madre terra, tr. it. D. Bigalli, Milano 1981, pp. 468-9.

4) K. Löwith, Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia, tr. It. F. T. Negri, Milano 1998, pp. 171-2.

5) H. Hesse, Francesco d’Assisi, tr. it. A. M. Cocchi, Prato 2012, pp. da 15 a 17.

6) J. Le Goff, San Francesco d’Assisi, cit., p. 3.

7) Ivi, p. 25.

8) Ivi, p. 29.

9) H. Hesse, Francesco d’Assisi, cit., p.16.

10) Ivi, p. 19.

11) Presente in H. Hesse, Francesco d’Assisi, cit., pp. 77-90.

12) Ivi, p. 26.

13) Ivi, p. 28.

14) Ci sono due avvenimenti interessanti che Hesse non cita: "un giorno, mentre canta le lodi di Dio in francese, in una foresta, una banda di briganti piomba su di lui: 'Chi sei?'. 'Sono l’araldo del Gran Re'. Quelli lo riempiono di botte e lo gettano in un fossato pieno di neve: 'Va’ dunque, villano che ti scambi per l’araldo di Dio'". Vi è poi un evento divertente: Francesco torna a San Damiano e qui il crocifisso gli parla dicendogli: "Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come ben vedi, è tutta in rovina", ma il giovane non è ancora abituato a comprendere i messaggi divini in tutta la loro estensione. Interpreta infatti queste parole come richiesta di ricostruzione di San Damiano, e allora prende in mano gli arnesi e inizia il restauro della vecchia chiesa. Entrambi sono presenti, invece, in J. Le Goff, San Francesco d’Assisi, cit.

15) A. Toynbee, Il racconto dell’uomo, cit. pp. 469-70.

16) H. Hesse, Lettera del 19 aprile 1961, in ID, Il gioco della vita. Cittadino del mondo (vol. II), tr. it. C. Vittone, Milano 1992, p. 260.

17) H. Hesse, Animo infantile, in ID, Il coraggio di ogni giorno, tr. it. V. Michels e A. Apa (a cura di), Milano 2011, p. 37.

18) Recupero la citazione da A. Prinz, Vita di Hermann Hesse, cit., p. 46. Anche le successive citazioni virgolettate sono riprese da questo testo.

19) Lettera del 14 settembre 1892, in H. Hesse, Il coraggio di ogni giorno, cit. pp. 54 e 55.

 

 

 

 

 

Hermann Hesse
Francesco d’Assisi
traduzione italiana a cura di Anna Maria Cocchi
Piano B edizioni, Prato, 2012
pp. 96

 

 

Mircea Eliade
Storia delle credenze e delle idee religiose. Da Maometto all’età delle riforme (vol.III)
traduzione italiana a cura di Maria Anna Massimello e Giulio Schiavoni
Rizzoli, Milano, 2006
pp. 391

 

 

Hermann Hesse
Il coraggio di ogni giorno
traduzione italiana a cura di Volker Michels e Adriana Apa
Mondadori, Milano, 2011
pp. 176

 

 

Hermann Hesse
Il Gioco della vita. Cittadino del mondo (vol. II)
traduzione italiana a cura di Carlo Vittone
Mondadori, Milano, 1992
pp. 320

 

 

Jacques Le Goff
San Francesco d’Assisi
traduzione italiana a cura di Amedeo De Vincentiis
Laterza, Roma – Bari, 2010

pp. XI – 208

 

 

Karl Löwith
Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia
traduzione italiana a cura di Flora Tedeschi Negri
Il Saggiatore, Milano, 1998
pp. 259

 

Alois Prinz
Vita di Hermann Hesse
traduzione italiana a cura di Alessandro Baldacci e Andrea Mecacci
Donzelli, Roma, 2003
pp. 252

 

Arnold Toynbee
Il racconto dell’Uomo. Cronaca dell’incontro del genere umano con la Madre Terra
traduzione italiana a cura di Davide Bigalli
Garzanti, Milano, 1981
pp. 663

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